venerdì, 18 Luglio, 2025
Hi-Tech

A.I. “punto di non ritorno”

Intelligenza artificiale: come cavalcare l'onda senza esserne travolti. Approcci e competenze necessari al suo utilizzo

È pacifico che in tema di intelligenza artificiale siamo giunti ad un “punto di non ritorno”.

Nel futuro questo STRUMENTO giocherà un ruolo fondamentale, decisivo e condizionerà la vita di tutte le popolazioni, in ogni campo, scientifico o umanistico.

Dunque dobbiamo , con una certa urgenza, discutere, dibattere e soprattutto DECIDERE come gestire questo moderno strumento che il progresso ci offre, con opportunità infinite e parallelamente, pari criticità, che vanno conosciute, neutralizzate e, in maniera resiliente, indirizzate ad un uso corretto di tale risorsa.

Decidere bene richiede equilibrio, competenza, conoscenza e tempo

Purtroppo, data la rapidità con cui il fenomeno si sviluppa, il “tempo è tiranno” perché le decisioni debbono necessariamente essere aderenti al rapidissimo sviluppo tecnologico dei programmi e delle macchine che, con la capacità di calcolo che avranno i computer quantistici, aumenteranno esponenzialmente le possibilità offerte.

Buone soluzioni equilibrate e il tempo, nel processo decisionale sono concetti inversamente proporzionali: più si decide in fretta più si corre il rischio di prendere strade parziali e non di largo respiro, quando non errate.

Bertrand Russel e la concezione del progresso

Parafrasando Bertrand Russel si può affermare che il progresso scientifico non è né positivo né negativo ma dipende dall’uso che di esso si fa. Il filosofo era un fautore dello sviluppo della scienza e della ragione ma metteva in guardia contro le possibili distorsioni del loro utilizzo, proponendo l’etica della fratellanza dei popoli e della libertà. Insomma pur considerando la scienza imprescindibile per migliorare le condizioni umane e garantire il progresso, avvertiva che un uso non etico avrebbe creato delle minacce per la società. L’antidoto suggerito dal filosofo era l’esercizio del senso critico (il dubbio come motore della conoscenza, come indicato da moltissimi filosofi), la diffusione delle risorse non concentrate nelle mani di pochi e il costruttivo dibattito, per garantire la libertà.

Si eviterebbe dunque il monopolio del concetto di un ipotetico “grande fratello” che Bentham attraverso il “panopticon” aveva realizzato in maniera architettonicamente visibile e tangibile.

Giudizi sull’A.I., apocalittici e integrati

Ma, ciò premesso, nulla di nuovo sotto il sole: sull’argomento l’opinione pubblica, in maniera trasversale tra generi ideologie e popolazioni, si divide nel dilemma tra “apocalittici” (che vedono in chiave pessimistica e negativa lo strumento) e “integrati” (che tendono, a volte con ingenuo e genuino entusiasmo ad esaltarne le potenzialità).

La soluzione è come sempre nel mezzo: conoscere precisamente luci ed ombre dello strumento e del suo potente utilizzo ci “vaccina” immunizzandoci dalle distorsioni.

Finora si è convintamente parlato di intelligenza artificiale come “strumento” perché quella delle macchine è un’intelligenza senza anima, asettica, senza paura, senza emozioni e soprattutto senza errore, necessario per progredire ed aprire nuovi campi speculativi attraverso il suo riconoscimento e il continuo mettere in dubbio le verità riconosciute.

L’importanza dell’errore

Il filosofo Gentile diceva che il riconoscimento dell’errore era esso stesso verità e che quindi diveniva la premessa della soluzione perché, una volta individuato, venivano messi in campo i correttivi o i rimedi per modificare la rotta.

A.I. e neuroscienze

Il cervello umano, nonostante le imponenti ricerche scientifiche sviluppatesi dalla metà del secolo scorso, è l’organo meno conosciuto e più complesso del nostro organismo. Lo sviluppo dell’intelligenza artificiale non può prescindere dalla sua conoscenza attraverso le neuroscienze. A titolo esemplificativo le attuali cognizioni e studi sul cervello umano indicano che l’organo attraverso l’amigdala dà le risposte istintive per la sopravvivenza, attraverso la parte destra sviluppa sentimenti, creazione artistica, intuizione, attraverso la parte sinistra sovrintende alla razionalità, alla capacità di calcolo, all’elaborazione dei dati percepiti. E’ dalla sinergica attivazione ed operatività di tutte le componenti dell’organo, apogeo dell’evoluzione di quattro milioni di anni delle specie viventi, che si è stabilito un adattamento alle condizioni del pianeta.

Si consideri inoltre la ricaduta degli studi e delle ricerche sul sistema nervoso nel campo della medicina e delle terapie per la cura delle malattie. Si aggiunga ancora la possibilità di svolgere studi per la ricerca del benessere psicologico nell’imprescindibile legame mente – corpo, che innalzerebbe il livello della qualità della vita delle persone, per adattarsi ai ritmi di vita imposti dalla società in continua evoluzione.

L’intelligenza artificiale, senza anima, senza istinti e senza sentimenti può assimilarsi solo all’emisfero sinistro del nostro cervello per cui avrebbe scarse capacità di adattamento ed evoluzione rispetto all’ambiente e alla natura, senza contare la necessità dell’alimentazione di energia per far funzionare la MACCHINA, dunque, uno strumento.

Il dubbio e la critica nell’utilizzo dell’A.I.

Giova tornare ora a quanto detto all’inizio dell’articolo: è la nostra capacità critica, sono i nostri dubbi, è il nostro errore e la sana e costruttiva capacità di discernimento farcito da buon senso, che ci consentirà di governare questo straordinario ausilio al progresso, addomesticandolo alle nostre esigenze.

Altra considerazione: l’intelligenza artificiale si alimenta e addirittura si autoalimenta attraverso processi di autoapprendimento automatici sulla base di dati.

La correttezza delle fonti e la certificazione degli algoritmi

Se i dati assunti dai vari sistemi sono esatti, etici, razionali, corretti il risultato sarà di valore, al contrario e coerentemente l’intelligenza artificiale sarebbe distorsiva se la qualità dei dati fosse scarsa. Si perdoni la metafora: se per confezionare una pietanza gli ingredienti sono buoni e proporzionalmente e armoniosamente ben combinati, si avrà un risultato di gradimento, viceversa, se ciò non avviene e/o gli ingredienti fossero addirittura tossici i risultati conseguenti sarebbero evidenti,

Una domanda retorica: sarebbe giusto procedere scientificamente ad un esame attento delle fonti di alimentazione dei programmi di intelligenza artificiale e certificare (scientificamente oltre ogni attuale ragionevole dubbio) procedure ed algoritmi dei prodotti cibernetici che si debbono usare? Sicuramente non sarebbe una soluzione definitiva e certamente in continua evoluzione ma eviterebbe la possibilità della nascita di “giungle” informatiche.

Durante l’illuminismo Denis Diderot, allo scopo di favorire la conoscenza fece una cosa metodologicamente simile: inventò le enciclopedie i cui contenuti si sono adattati ed aggiornati ai tempi. Le enciclopedie hanno fornito una sorta di certificazione scientifica alla conoscenza, che si è adattata nel tempo.

Il controllo dell’A.I.

La regale vigilanza ai sistemi di intelligenza artificiale rimane comunque, come già detto, l’esercizio della critica, del dubbio e dell’intuizione di Kantiana memoria. Queste qualità fino ad oggi hanno realmente spostato in avanti il limite della conoscenza. Insomma è la creatività, la non accettazione di certezze consolidate che ha dato lo spunto al progresso.

La formazione dei giovani all’utilizzo dell’A.I.

Il nostro sistema di formazione delle nuove generazioni si deve “cucire”, come un capo sartoriale di alta classe e su misura, su queste esigenze. Bisogna dare ai giovanile necessarie competenze e conoscenze tecniche per gestire ed utilizzare le potenzialità dell’intelligenza artificiale, sviluppare per chi è incline, competenze cibernetiche specialistiche ma all’ apice della formazione, sviluppare la capacità decisionale attraverso lo studio delle neuroscienze, della psicologia ,della filosofia, della storia, della letteratura, dell’arte.

A.I…. “bella senz’anima”

Quanto detto valorizza e caratterizza, ancora adesso più che mai, l’umanesimo con al centro la persona “compromesso tra nulla e tutto”, con la sua anima, con la sua forza e con le sue debolezze, con i suoi successi ed i suoi errori, argomenti questi che, almeno per il momento, le macchine non conoscono.

Col metodo del paradosso ed in forma resiliente potremmo dire che: sono le nostre debolezze, le nostre paure, i dubbi, la critica, l’esercizio della libertà il nostro punto di forza sulle macchine.

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