Torna a salire lo spettro del Misery Index l’indicatore della Confcommercio(MIC) che si basa sul disagio sociale causato dalla disoccupazione estesa (disoccupati, sottoccupati, cassaintegrati e scoraggiati) e dalla variazione percentuale dei prezzi dei beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto. Nell’ultima nota della Confederazione il Misery Index sale a quota 10,8 punti, a causa dell’aumento al 2,1% dell’inflazione per i beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto, mentre il tasso di disoccupazione estesa è fermo al 7,3%.
Prezzi in aumento di alimenti e carburanti
I dati sono controversi perché l’occupazione è in risalita ma l’aumento di alcuni beni di prima necessità in primo luogo alimentari e carburante, ha innescato un aumento dell’indice di povertà.
“Dopo la stasi fatta registrare nel mese precedente, a giugno l’indice di disagio sociale calcolato da Confcommercio sale a quota 10,8 per effetto dell’aumento dall’1,5% al 2,1% dell’inflazione per i beni e servizi ad alta frequenza d’acquisto e della stabilizzazione del tasso di disoccupazione esteso al 7,3%”, sottolinea in una nota la Confcommercio, “Per quanto riguarda l’inflazione dei beni e dei servizi ad alta frequenza d’acquisto, l’aumento riflette l’incremento dei prezzi sia degli alimentari che dei carburanti”.
Situazione di stasi
Il confronto con l’estate del 2024, periodo in cui l’inflazione dei beni e servizi acquistati con maggior frequenza dalle famiglie aveva conosciuto una fase di rapido rientro, potrebbe, secondo l’Ufficio Studi Confcommercio, “determinare nei prossimi mesi moderati movimenti che non dovrebbero, tuttavia, modificare la tendenza a una sostanziale stabilizzazione dei prezzi”.
In ogni caso, viste le “scarse modifiche attese sul versante dell’inflazione e dell’occupazione l’area del disagio sociale dovrebbe permanere anche in estate sui valori attuali, relativamente contenuti”.
I rischi d’autunno
Ma qualche timore resta per la ripresa autunnale, dato che “il persistere di molteplici elementi d’incertezza a livello internazionale e le difficoltà delle famiglie di tradurre gli aumenti di reddito in maggiori consumi”, evidenzia l’Ufficio Studi Confcommercio, “rischia di compromettere le possibilità di una moderata crescita anche nell’ultima parte dell’anno rendendo più complicato sia il raggiungimento di una variazione del Pil dello 0,8% nel 2025, sia la tenuta del mercato del lavoro”.