lunedì, 7 Luglio, 2025
Attualità

Dal dolore della morte di Papa Francesco all’elezione di Papa Leone XIV un abbraccio nuovo, inatteso eppure profondamente familiare

Intervista al Cardinale Domenico Battaglia

Il sorriso accogliente, le parole toccanti in ogni occasione, il carisma indiscusso che emerge dai suoi testi attraverso le riflessioni che ne scaturiscono, l’atteggiamento pronto a tendere la mano a chi ne ha bisogno, caratterizzano profondamente il Cardinale Domenico Battaglia. Classe 1963, dal dicembre 2020 Arcivescovo Metropolita di Napoli, la sua priorità è sempre stata dare amore e voce ai più deboli e agli emarginati, a partire dalla sua intensa esperienza alla guida di un Centro di Solidarietà, nella sua Calabria, dedito al recupero delle persone affette da tossicodipendenze. Una missione che non lo ha mai abbandonato e che lo ha impresso nel cuore dei tanti fedeli per i quali continua a essere il “Don Mimmo” di sempre, una guida presente e preziosa. Il saluto a Papa Francesco, la partecipazione all’ultimo Conclave, l’elezione di Papa Leone XIV, hanno segnato ulteriormente il suo percorso religioso arricchendolo di nuove consapevolezze.

Eminenza, abbiamo vissuto un tempo di grandi emozioni contrastanti, il dolore per la separazione terrena da Papa Francesco, la gioia di sentirsi “abbracciati” nuovamente da Papa Leone XIV. Nel vivere attivamente il Conclave nella consapevolezza della responsabilità affidata ai Cardinali e nel segno della potenza dello Spirito Santo, qual è stata la sua emozione?
Per me è stato un tempo di silenzio interiore e di preghiera. Il dolore per la partenza di Papa Francesco è stato autentico, forte: ci ha lasciato un padre, una voce, un pastore che ha abitato le nostre periferie e i nostri cuori con la forza disarmante della misericordia. Sono stato l’ultimo cardinale creato da lui e ne ho avvertito tutta la responsabilità: non un prestigio o un onore ma una responsabilità che nel conclave ho toccato con mano. Ma proprio nel cuore di questa responsabilità non è mancata la carezza dello Spirito, la Sua guida, il Suo soffio. E così l’elezione di Papa Leone XIV è stato un abbraccio nuovo, inatteso eppure profondamente familiare. È così che lo Spirito ci accompagna: rinnovando senza spezzare, custodendo nella novità.

La sua scelta di rimanere sempre al fianco dei più fragili è un cammino di speranza, quanto può divenire complesso rimanere nel tempo fedeli ai propri ideali?
Il Vangelo non si vive tra le comodità del compromesso, ma nell’asprezza delle strade e tra la gioia degli incontri. Rimanere fedeli ai più fragili significa abitare continuamente lo squilibrio tra ciò che il mondo esclude e ciò che Dio predilige. È un cammino che costa, che chiede di morire un po’ ogni giorno al proprio ego per rinascere nel volto dell’altro. Ma proprio perché evangelico è anche un cammino che salva. I poveri non sono il “nostro impegno”: sono la nostra conversione quotidiana. Solo restando con loro, impariamo a non svendere i sogni del Vangelo.

Eminenza, lei ha affrontato diversi cambiamenti, di luoghi, contesti, realtà, come vive il rapporto con il cambiamento?
Il cambiamento, se lo si vive nel Signore, è sempre una Pasqua, un cammino di rinascita continua. Ogni terra che ho attraversato, ogni comunità che ho incontrato, ha portato con sé una parte nuova della mia vocazione. Ma senza mai che venisse escluso dal cuore ciò che quel cuore stesso aveva nutrito: penso ad esempio ai volti dei ragazzi e delle ragazze segnati dalla tossicodipendenza che hanno dato forma alla mia vocazione. Non si cambia mai per fuggire, ma per restare fedeli. E fedeltà significa lasciarsi cambiare per amore.

“Una Chiesa povera” è sempre stata la sua linea guida, per quale ragione appare complesso concretizzarla in tutti i suoi significati?
Perché la povertà evangelica non è una strategia sociale, ma una scelta derivante dalle beatitudini. È spogliare la Chiesa da ogni apparenza di potere, da ogni privilegio che la allontana dal popolo e dalla vita della gente. Questo è scomodo. È come scalare una montagna a piedi nudi. Ma se non ci spogliamo, il Vangelo rischia di diventare una teoria, un discorso, e non carne viva. “Una Chiesa povera per i poveri” come disse Papa Francesco è la Chiesa che assomiglia a Cristo. Non è una moda, è una necessità del cuore evangelico.

Papa Francesco e Papa Leone XIV nel segno di una “continuità” che si basa su quali principi fondamentali a suo parere?
La continuità tra questi due pontificati nasce da un’unica fonte: il Vangelo vissuto per amore di Dio e dei fratelli. Papa Francesco ha risvegliato il cuore della Chiesa alla tenerezza, alla misericordia, alla prossimità. Papa Leone XIV ne raccoglie il testimone con lo sguardo saldo e profetico di chi sa che questo tempo necessita più che mai dell’annuncio del Vangelo della pace, della pace del Risorto, come ci ha ricordato fin dal suo primo discorso. Sono certo che Papa Leone spenderà davvero ogni sua energia per restare fedele a questo annuncio, per costruire la pace, per accompagnare la Chiesa e renderla sempre più segno e sacramento di unità e riconciliazione per quest’umanità ferita.

Eminenza, ha colpito il grido di speranza di Papa Leone XIV “Non abbiate paura” che ha richiamato profondamente la medesima invocazione di Giovanni Paolo II. In un tempo che purtroppo fa paura, lei ha celebrato i funerali della piccola Martina Carbonaro soffermandosi su “un’idea malata dell’amore”, come superare le paure del nostro tempo e riconoscere l’amore capace di annientarle?
Abbiamo bisogno di disintossicarci da un’idea possessiva dell’amore. L’amore che uccide non è amore: è controllo, è narcisismo, è dominio. Superare le paure significa educare i cuori alla libertà reciproca, alla cura senza possesso, al rispetto come primo gesto d’amore. Le paure si sciolgono quando ci si sente davvero visti, davvero accolti, davvero amati per quello che si è. E questo può avvenire solo se ritorniamo all’Amore vero, a Colui che ci ha amati per primo, senza condizioni, dalla croce. È lì che le nostre paure si convertono in speranza.

In una Lettera di Quaresima, lei ha posto l’attenzione su una riflessione forte: “Non lasciar attendere il Vangelo! Saziatene!”, come superare quest’attesa?
Il Vangelo non è un libro da scaffale. È pane caldo per chi ha fame, è acqua viva per chi ha sete. Superare l’attesa significa tornare a viverlo ora, senza rimandare. Troppe volte procrastiniamo la conversione come si rinvia una dieta o un trasloco. Ma il Regno è qui, oggi, nella nostra casa, nei nostri occhi, nelle nostre relazioni. Saziarsene significa lasciarsi trasformare, non a parole ma nei gesti concreti: un perdono dato, un pasto condiviso, un tempo ascoltato. Non lasciamo il Vangelo alla porta: facciamolo entrare e sedere con noi. Allora anche la Chiesa tornerà ad avere il profumo del pane buono.

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