I numeri parlano chiaro e suonano come un campanello d’allarme: il 68,5% dei ragazzi tra gli 11 e i 19 anni ha subito almeno un comportamento offensivo, non rispettoso o violento, sia nel mondo reale che in quello digitale. È quanto emerge dalla più recente indagine Istat sul bullismo e cyberbullismo, riferita all’anno 2023.
Non si tratta solo di episodi isolati. Un giovane su cinque (21%) ha vissuto queste esperienze in modo continuativo, più volte al mese, e per l’8% si tratta addirittura di episodi settimanali. Un fenomeno, quindi, che assume le caratteristiche di una vera e propria emergenza sociale.
Maschi più bullizzati online
L’indagine evidenzia alcune differenze di genere interessanti. L’8,9% dei ragazzi si dichiara bullizzato online più volte al mese, contro il 6,6% delle ragazze. Tuttavia, mentre per i maschi il bullismo si manifesta soprattutto con offese e insulti (16%), le ragazze subiscono più spesso forme di esclusione sociale: oltre il 12% contro l’8,5% dei coetanei maschi.
I più giovani sono i più esposti
Il cyberbullismo è un’esperienza comune per oltre un terzo degli adolescenti: il 34% ha riferito di aver subìto vessazioni online almeno una volta nell’ultimo anno, e quasi l’8% più volte al mese. In particolare, i giovanissimi tra gli 11 e i 13 anni sono i più vulnerabili: il 23,7% di loro ha vissuto comportamenti vessatori con una certa frequenza, contro il 19,8% dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni.
Nord Italia in testa per atti vessatori
Dal punto di vista geografico, è il Nord del Paese a registrare le incidenze più alte di bullismo continuativo. I dati parlano di un 22,1% nel Nord-est, 21,6% nel Nord-ovest e 21% nel Centro. Più contenute le percentuali nel Mezzogiorno, dove la quota scende al 20%.
Origine straniera
Particolarmente colpiti risultano essere i ragazzi di origine straniera, con una media del 26,8% che dichiara di aver subìto episodi vessatori più di una volta al mese, contro il 20,4% degli italiani. I più esposti risultano essere i giovani di nazionalità rumena (29,2%) e ucraina (27,8%), seguiti da quelli di origine cinese (25%), albanese e marocchina (oltre il 22%).