È iniziata la stagione dei matrimoni e i numeri parlano chiaro: i matrimoni “DIY, Do It Yourself, crescono. Le motivazioni principali? Meno spese. Tutti sognano una cerimonia che sia unica, esclusiva e da ricordare, ma bisogna anche fare i conti con le proprie tasche. Ciò non implica un decremento dei matrimoni “grossi e grassi”, che soprattutto nelle regioni meridionali restano in voga, ma molti stanno capendo che a volte “Less is more”, quindi meglio risparmiare su gioielli, abiti e numero di invitati. Ma, seppur nella semplicità delle nozze, a qualcosa sembrerebbe che le nuove generazioni di sposi sembrano non poter rinunciare. Secondo i dati raccolti da ProntoPro, piattaforma online italiana, che mette in contatto clienti e professionisti di vari settori, nel 2025 si assiste a un incremento dei matrimoni organizzati senza wedding planner e altri mediatori, ma, di contro, a un aumento delle richieste di videomaker (+ 50%), a discapito dei tradizionali fotografi (-15%).
I videomaker e, soprattutto, il “Wedding Content Creator”, sono professionisti che aiutano le coppie a raccontare la loro giornata nuziale attraverso i media e i social, così da poter soddisfare tutti quei requisiti di esclusività che per molti sono ormai irrinunciabili. Ma che cosa fanno nello specifico? Un WCC, dopo aver preventivamente accordato una strategia editoriale con gli sposi, si occupa di trasformare le emozioni e i dettagli di un matrimonio in contenuti multimediali (reels, video, caroselli e addirittura in podcast), fruibili sui social da chi non poteva essere presente o da chi non è stato invitato per questioni di budget. Permette anche, agli invitati presenti, di essere interattivi tramite hashtag o giochi che imitano i trend di TikTok, limitando così l’uso spropositato dello smartphone a favore di una collaborazione con la tecnologia controllata e rispettosa anche delle linee guida di privacy dei futuri coniugi.
I vantaggi di questa pratica, già attiva da anni e che ha raggiunto l’apoteosi con fenomeni mediatici quali gli ex Ferragnez, sono legati alla possibilità di rendere l’evento più vivo, acceso e partecipativo, a portata di mano anche di chi ha dovuto declinare l’invito o restare escluso per questioni economiche. Permette, inoltre, di stimolare le coppie nell’organizzare tutto con maggiore attenzione e favorire gli incassi di location e servizi magari meno quotati nelle wishlist più desiderate e scontate.
I contro riguardano sicuramente l’etica di un matrimonio a misura di social, distante da un’interpretazione reale dell’evento e della sua portata emotiva e valoriale, nonché il rischio di scambiare il cerimoniale più importante delle vite di molti per un prodotto alla mercé di un pubblico. E poi resta il fattore costi, che possono variare dai 300 fino ai 3.000 euro a seconda delle specificità del servizio, che fa riflettere. Davvero è meglio rinunciare a qualche invitato in più a favore della platea collettiva?