Oggi il popolo iraniano si trova a fronteggiare una situazione di guerra che non ha scelto, ma che gli è stata imposta da Ali Khamenei, la Guida Suprema della Repubblica Islamica e dal suo regime che dal 1979 tiene in ostaggio il nostro paese. Da anni, con minacce costanti contro Israele, con il sostegno finanziario e militare ai gruppi terroristici per destabilizzare l’area mediorientale, e con l’uso delle risorse economiche iraniane per alimentare conflitti, Khamenei ha spinto l’Iran verso un confronto distruttivo.
Condivisione di legami storici
Ma questa non è la strada degli iraniani. Il nostro popolo è pacifico, con una storia millenaria di convivenza e amicizia con il popolo ebraico. Dai tempi di Ciro il Grande fino ad oggi, iraniani ed ebrei hanno condiviso legami culturali e storici che testimoniano una tradizione di rispetto e coesistenza.
Repressione brutale
Il regime della Repubblica Islamica ha represso per decenni le legittime proteste del popolo iraniano con violenza brutale: arresti, torture, esecuzioni. Khamenei è anche responsabile della morte di numerosi bambini innocenti. Un regime che uccide i propri cittadini non può parlare a nome loro.
Pace e libertà e non il sangue
È quindi fondamentale ribadire con forza: questa è la guerra di Khamenei, non del popolo iraniano. Noi vogliamo la pace, non il sangue. Vogliamo la libertà, non la repressione. Siamo vicini al dolore degli innocenti, ovunque essi si trovino — non complici di un regime che ha perso ogni legittimità.