“Coraggio! Alzati, ti chiama”. Con queste parole tratte dal Vangelo di Marco Leone XIV ha incentrato la catechesi dell’Udienza Generale di oggi su uno dei racconti più intensi della vita pubblica di Gesù: l’incontro con Bartimeo, il cieco di Gerico. Il Pontefice ha rivolto ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro un messaggio forte e profondamente umano: “Chiediamo al Signore con fiducia di ascoltare il nostro grido e di guarirci”. Proseguendo il ciclo di riflessioni dedicate al Giubileo 2025, intitolato ‘Gesù Cristo nostra speranza’, il Papa ha fatto della figura di Bartimeo un simbolo per tutti coloro che vivono nella sofferenza, nell’esclusione o nell’immobilità. “Bartimeo – ha spiegato il Pontefice – è un uomo fermo, seduto, che rappresenta chi è bloccato nella propria condizione, apparentemente invisibile tra la folla, ma capace di riconoscere Gesù più di tanti altri che lo seguono”.
Il grido del mendicante cieco è al centro della meditazione del Papa. Una supplica che diventa preghiera, gesto di coraggio e atto di fede. “Quando desideriamo davvero qualcosa, dobbiamo avere la forza di gridare – ha detto il Pontefice – anche quando gli altri ci rimproverano o ci invitano a tacere. Bartimeo ci insegna che nessun grido resta inascoltato da Dio, neanche quello che non sappiamo formulare bene”. Il messaggio è chiaro: la salvezza inizia da un movimento interiore. Ma per guarire davvero, spiega il Papa, bisogna avere anche la forza di abbandonare ciò che ci tiene fermi. E allora Bartimeo compie un gesto simbolico: “Butta via il mantello”, la sua unica sicurezza, per esporsi nella propria fragilità. “Molte volte – ha osservato Prevost – sono proprio le nostre false sicurezze a impedirci di camminare”.
Dall’umiliazione alla dignità
Uno dei passaggi più toccanti dell’intervento papale è dedicato al desiderio di Bartimeo di “vedere di nuovo”, ma anche di “alzare lo sguardo”. Non è solo la vista fisica ciò che l’uomo cieco desidera: è dignità, libertà, possibilità di vivere senza paura. “A volte – ha detto il Santo Padre – la vita ci umilia a tal punto che non riusciamo più ad alzare la testa. La fede ci aiuta a farlo, perché ci restituisce valore”. Bartimeo è l’emblema della fede attiva, non rassegnata. Ed è proprio la sua fede che lo salva, come gli dirà Gesù. Ma non c’è imposizione: Gesù non lo costringe a seguirlo, gli dice soltanto: “Va’”. Bartimeo, però, sceglie liberamente di mettersi dietro a Cristo, diventando discepolo, ritrovando la via che aveva perso.
In chiusura della catechesi, il Vescovo di Roma ha rivolto un invito alla solidarietà spirituale: “Portiamo a Gesù non solo le nostre ferite, ma anche quelle dei nostri cari, dei più deboli, di chi non riesce più a trovare una via d’uscita. Gridiamo anche per loro”. Un’esortazione a non restare spettatori passivi del dolore, ma a diventare “compagni di fede”, capaci di ascoltare, intercedere e sostenere.