Dopo estenuanti trattative tutte interne alla maggioranza, il Decretone annunciato per aprile è stato finalmente approvato alla soglia di metà maggio. E non è finita perché dovrà essere sottoposto per la conversione, al giudizio del Parlamento, dove pioveranno emendamenti non solo dalle opposizioni, ma anche dai gruppi che sostengono il Governo.
Sarà una fatica estenuante per i parlamentari, ma anche per i gruppi sociali, il mondo delle aziende e quello della cultura analizzare il Maxidecreto che comprende 256 articoli per complessive 464 pagine.
Certamente più di tanti capolavori della letteratura mondiale, anche se impegna ben 55 miliardi di Euro per un complesso di interventi che cercano di cogliere tutte le problematicità e le esigenze poste dall’evento sconvolgente della pandemia.
Tutto questo lavorio per mettere in piedi una creatura legislativa gigantesca, che da sola vale circa due finanziarie, rischia però, come è avvenuto purtroppo per i precedenti decreti di sfibrarsi o di mancare gli approdi qualora le risorse tardino ad arrivare a destinazione contribuendo così ad alimentare ulteriormente frustrazioni e proteste fra quanti si dibattono in condizioni di reale difficoltà.
L’esperienza fatta finora è infatti tutt’altro che confortante e lo ha ammesso lo stesso Presidente del Consiglio: a due mesi e mezzo circa dal manifestarsi dell’epidemia, e nonostante reiterate rassicurazioni continuano a mancare in maniera preoccupante presidi indispensabili di tutela della salute come mascherine, guanti e disinfettanti.
Tanto mancano da rendere problematica la riapertura di tanti esercizi pubblici dove tali presidi sanitari sono obbligatori anche se pesano e di molto, su negozi e ristoranti, restrizioni sulla distanza fra clienti adottate con criteri talmente rigidi da indurre molti ristoratori e non solo loro a non riprendere l’attività.
Se così avvenisse dovremmo assistere ad un’altra disastrosa epidemia, quella della estesa sparizione di una serie di imprese, essenziali per una ripresa del turismo, e una conseguente pandemia sociale con un numero preoccupante di disoccupati e di nuovi poveri.
È un rischio che Governo e Parlamento debbono poter valutare, considerando come tutto ciò avvantaggerebbe l’offerta di Paesi concorrenti dove si è ispirati a criteri più larghi ed adottabili.
A questo rischio che preparerebbe un autunno molto grigio e pericoloso sul piano economico e sociale, non sarebbe più sufficiente contare sulla generosa iniziativa delle organizzazioni del volontariato, a cominciare dalla Caritas, che finora hanno consentito di contenere il disagio e la sofferenza di tante famiglie che non hanno finora visto né i soldi della cassa integrazione in deroga né il bonus per i lavoratori autonomi.