Un quotidiano e incomprensibile “trend” mediatico ci martella continuamente “cementando” l’unica tesi che è quella di declinare ad una unica responsabilità, quella di Israele, ciò che sta accadendo a Gaza e in Palestina.
Giornalisti “posizionati” ma anche fette di opinione pubblica sembrano non volersi chiedere come stanno, realmente, le cose in questa città che in apparenza si presenta distrutta e inagibile ma nel suo sottosuolo è invece attiva e assolutamente operativa militarmente.
Nel sottosuolo di Gaza, nelle decine di chilometri di tunnel e cunicoli, corrono i miliziani armati di Hamas e nei medesimi giacciono e muoiono, legati e imbavagliati da 1 anno e mezzo, ancora 50 ostaggi israeliani rapiti il 7 ottobre 2023.
La sigla terroristica palestinese ormai nota, Hamas, tiene tuttora in pugno la città e la sua popolazione, appropriandosi di ogni bene venga inviato in suo aiuto e obbligandola a rimanere nei luoghi di combattimento per farsene scudo umano.
Sembra un atto inumano, quindi, bloccare gli aiuti (che andrebbero nelle mani di Hamas) così come appare barbarico individuare e attaccare un obiettivo militare all’interno di ospedali ed edifici civili (spesso presidiati dai terroristi) cui fa seguito il solito bollettino dell’azione che cita l’accaduto con enfasi mediatica (colpito un ospedale…) con numero di “vittime” senza nessun riferimento a eventuali terroristi caduti.
Lo sappiamo soltanto da Israele che i “caduti” e i morti, sono spesso tutti terroristi e fra questi capi militari e vertici di Hamas.
Sui numeri, inoltre, una sequela di falsità, il Comunicato ONU del settembre 2024 determinava in 9 mila morti civili invece che gli oltre 40 mila diffusi dal Ministero palestinese, mentre, secondo, fonti israeliane sono stati circa 10 mila i terroristi uccisi nella guerra dal 7 ottobre 2023 ma mai dichiarati dallo stesso Ministero palestinese.
Se vogliamo, poi, veramente la fine della guerra c’è un’unica soluzione: dobbiamo liberare Gaza e la Palestina da questa “tenaglia” oppressiva di Hamas che ha sfinito anche la povera popolazione di Gaza protagonista, in queste settimane, persino di una timida protesta contro Hamas, timida perché si rischia la vita a mettersi contro.
L’offensiva di Israele per liberare gli ostaggi e assicurare alla giustizia assassini e rapitori, quindi, è un atto sacrosanto e dovuto che ha trovato in Netanahyau un fermo e intransigente protagonista.
Tralascio, infine, di commentare il solito auspicio dei benpensanti sui due popoli e due stati perché, mi sembra, non capiscano di cosa stiano parlando o se abbiano mai capito che una comunità islamica non sarà mai uno “stato” come lo intendiamo in occidente ma unicamente una comunità “coranica” con tutti i nessi e connessi (purtroppo).
Ma è un discorso lungo e per ora l’unica via percorribile per la pace è l’allontanamento di questi terroristi palestinesi di Hamas e la “laicizzazione” Gaza con l’introduzione di sistemi di convivenza civile e non solo religiosa nella popolazione, un piano controllo (vero) da parte di Israele con supervisione dell’ONU.