venerdì, 23 Maggio, 2025
Attualità

La caduta dei giovani imprenditori

La crisi va fermata. Città e territori hanno bisogno del ricambio generazionale. Burocrazia e fisco sono i nemici di chi crede nel futuro

L’impresa giovanile è in caduta libera. Una discesa che ha assunto la velocità di una slavina e la forza di un impatto inferto proprio alla base del ricambio generazionale nel tessuto produttivo nazionale. L’Italia che emerge dallo studio della Confesercenti è un Paese che non trova la forza di dare sostegno agli under 35. Parliamo di quei giovani capaci e visionari che possono indicarci il futuro. In questa fascia di età i titolari di imprese hanno deciso di gettare la spugna, nei comparti strategici del commercio, della ricettività e della ristorazione. “Tra il 2019 e il 2024 sono scomparsi oltre 35.600 negozi, attività ricettive, bar e ristoranti guidati da under 35, con un calo del -22,9%”, rivela la Confesercenti.

Cosa frena il ricambio generazionale

Un dato così negativo è passato incredibilmente inosservato. Segno che ad iniziare dalla politica non c’è attenzione verso ciò che i giovani pensano e sperano di realizzare. Sul loro cammino i neo imprenditori trovano difficoltà di ogni genere.

Commercio, turismo e ristorazione rischiano di non vedere nuove generazioni protagoniste il che significa non dare prospettive a settori strategici per l’Italia. Dobbiamo considerare, inoltre, che oggi il mondo corre sull’innovazione e lo sviluppo della Intelligenza Artificiale, mentre in Italia solo un’impresa su dieci è guidata da giovani. Una quota che perde terreno di anno in anno. “Le imprese giovanili sparite negli ultimi cinque anni sono state poco più di 70mila”, calcola la Confederazione degli esercenti.

La desertificazione urbana

I numeri ci dicono anche altro, ad esempio, che la crisi travolge i centri urbani intermedi. Alle vetrine e alle luci che illuminano i marciapiedi avanza la desertificazione delle vie. E come osserva con acume la Confesercenti. “Si chiudono le città al traffico privato, ma si aprono le porte a un flusso incessante di corrieri, che consegnano ormai un miliardo di pacchi l’anno”. Nei comuni tra i 15mila e i 50mila abitanti, le imprese giovanili sono diminuite del 23% dal 2019, in quelli tra i 50 mila e i 250 mila del 24,2%.

L’invecchiamento delle imprese

Gli effetti collaterali della crisi dei giovani imprenditori si allarga ad un altro tema di rilevanza sociale ed economica. Aumenta infatti l’età media degli imprenditori. Al calo di attività giovanili corrisponde un invecchiamento complessivo della popolazione imprenditoriale di commercio e turismo.

Il freno di burocrazia e fisco

Sulle ragioni di questa fuga dal desiderio di realizzare impresa ci sono molte ragioni, tra queste spiccano l’elevato carico fiscale e burocratico, l’eccesso di competizione amplificato dall’ascesa dell’economia delle piattaforme web gestita da grandi colossi del commercio. Per gli esperti sono ostacoli enormi, come sottolinea Nico Gronchi, vicepresidente vicario di Confesercenti e presidente di Assoterziario, riflessione che noi condividiamo totalmente.

“Il risultato è un tessuto imprenditoriale sempre più anziano e assottigliato: un paradosso per un Paese che un tempo era considerato la patria dell’impresa diffusa e delle ‘ditte’ individuali. Se non vogliamo archiviare questa Italia, servono azioni concrete a sostegno dell’impresa indipendente e dei territori: meno fisco, più formazione e, soprattutto, più governo dello sviluppo. Un tempo i comuni redigevano piani commerciali e urbanistici, programmando servizi e attività economiche”.

Svolta necessaria e urgente

Oltre alle analisi possiamo indicare anche delle soluzioni, che devono partire proprio nel ricreare un contesto favorevole ai giovani. In un Paese dove di sperperano miliardi in burocrazia, la prima questione è ridurre tutto ciò che frena la realizzazione di nuove imprese, di dare possibilità a chi crede in una visione di impresa di offrire sostegni e nuovi servizi dedicati agli under 35. Bisogna incentivare i giovani imprenditori, rendere possibili le loro aspirazioni e ambizioni. Perché altrimenti come indica lo stesso Nico Gronchi rischiamo di non governare il cambiamento e il prezzo oltre ai giovani lo pagano tutti, ad iniziare dai territori, “con un’emorragia di iniziativa economica che li impoverisce giorno dopo giorno”.

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