giovedì, 15 Maggio, 2025
Attualità

Partecipazione dei lavoratori, il Senato approva la ‘Legge Sbarra’

Dopo anni di attesa, l’Italia compie un passo decisivo verso l’attuazione dell’articolo 46 della Costituzione: l’Aula del Senato ha approvato in via definitiva, con 85 voti favorevoli, 21 contrari e 28 astensioni, il disegno di legge di iniziativa popolare che promuove la partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese. Con questa votazione, il testo già approvato dalla Camera diventa legge dello Stato. La proposta, soprannominata ‘Legge Sbarra’, è nata da un’iniziativa della Cisl e ha raccolto quasi 400.000 firme in tutta Italia. È stata definita dalla Segretaria generale del sindacato, Daniela Fumarola, come “una pagina storica per il mondo del lavoro e per il Paese”. Un risultato frutto di “una mobilitazione durata due anni, portata avanti nei luoghi di lavoro, nelle piazze e nei territori, a dimostrazione del forte valore popolare e democratico della riforma”. L’articolo 46 della Costituzione, che sancisce il diritto dei lavoratori a collaborare “alla gestione delle aziende”, era finora rimasto in gran parte inattuato. Con la nuova legge, il Parlamento si propone di colmare questa lacuna attraverso un modello che riconosce la partecipazione come strumento concreto per migliorare salari, produttività, sicurezza e giustizia sociale.
“Non si tratta più di un’opzione astratta – ha affermato Fumarola – ma di un motore reale per rilanciare il benessere lavorativo e la coesione sociale”. La legge prevede anche la creazione di un Fondo nazionale da 71 milioni di euro, che servirà a incentivare gli accordi partecipativi stipulati a livello aziendale, su base volontaria, attraverso la contrattazione collettiva.

Un modello inclusivo

Secondo la Cisl, la nuova normativa segna anche una svolta culturale, poiché promuove un modello di relazioni industriali inclusivo e cooperativo, superando l’antagonismo tradizionale tra capitale e lavoro. “La partecipazione – ha aggiunto Fumarola – rafforza la corresponsabilità e la formazione, elementi fondamentali per affrontare le sfide della transizione ecologica, digitale e produttiva”. Un concetto ribadito anche da Onofrio Rota, Segretario generale della Fai Cisl, che ha parlato di un “cambiamento epocale”, che impegna le categorie sindacali “a rivendicare nuovi spazi di partecipazione gestionale ed economico-finanziaria in tutti i luoghi di lavoro”.
Il provvedimento ha trovato il sostegno del governo Meloni, che ha stanziato, con la legge di bilancio, 72 milioni di euro per il 2025 per incentivare la partecipazione economico-finanziaria dei lavoratori. Lo ha ricordato il Ministro per gli Affari europei e il Pnrr, Tommaso Foti, primo firmatario di una proposta di legge sulla partecipazione. “È un risultato storico – ha dichiarato Foti – che dà finalmente piena attuazione all’articolo 46. Un obiettivo che la destra italiana persegue da anni e che ora si traduce in una normativa concreta, grazie anche al contributo delle parti sociali”. Soddisfazione anche da parte del senatore Etelwardo Sigismondi (FdI), che ha parlato di un provvedimento “atteso da decenni” e che “riconosce finalmente ai lavoratori la possibilità di essere protagonisti nella vita delle imprese”.

Le critiche della Uil

Non sono mancate, tuttavia, voci critiche. La Segretaria confederale della Uil, Vera Buonomo, ha espresso perplessità sul testo approvato, giudicandolo “un passo indietro rispetto agli obiettivi originari”. Secondo la Uil, la legge dà troppo potere discrezionale alle imprese, rendendo la partecipazione una scelta facoltativa e non un diritto effettivo e garantito. “La norma – ha spiegato Buonomo – esclude le aziende pubbliche partecipate, le banche e gli istituti di credito, settori strategici in cui sarebbe stato possibile avviare vere sperimentazioni di democrazia economica. Inoltre, demandare tutto alle previsioni statutarie aziendali significa svuotare la partecipazione di significato, riducendola a una concessione senza garanzie”.
Per la Uil, è un’occasione mancata per rafforzare il ruolo delle rappresentanze sindacali nella governance aziendale. “Rinunciare a un coinvolgimento reale dei lavoratori – ha concluso – significa anche indebolire le imprese, privandole di un apporto strategico in termini di innovazione, efficienza e sostenibilità”.

 

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