Servono salari più pesanti per i giovani e un piano di ingresso di immigrati ma solo per chi crede in un impegno occupazionale. Chi delinque deve essere riportato indietro
Una discesa vistosa dei consumi, un gelo che si replicherà con effetto domino sul mercato immobiliare, sulla moda, sul tempo libero, sui prodotti culturali, sui trasporti, sugli acquisti. Al contrario i benefici ci saranno per farmacie e società farmaceutiche, i prodotti assicurativi e le banche che potranno stipulare più contratti. Sono alcuni aspetti del prossimo scenario economico e sociale che ci attende, perché abbiamo superato la linea rossa e di fronte a noi c’è una Italia con tre milioni di lavoratori in meno. Un Paese con un deserto occupazionale che trascinerà giù i conti pubblici – ad iniziare da quelli previdenziali -, mentre si staglierà sulla popolazione il grande problema della assistenza sanitaria pubblica che si avviterà in una emergenza totale.
Tre milioni di lavoratori in meno
Esagerazioni distopiche? Non tanto dal momento che l’ultimo report sulle proiezioni demografiche dicono che, entro i prossimi dieci anni, la popolazione in età lavorativa presente in Italia diminuirà di quasi 3 milioni di unità (precisamente 2.908.000), pari a una riduzione del 7,8 per cento. Quindi tra gli under 30 e gli over 65 avremo un pericoloso vuoto di persone, proprio quelle in piena età lavorativa. Guardando la realtà siamo giunti sulle soglie, (ma già se ne avvertono tutte le complicazioni), dello “spopolamento” della coorte anagrafica occupabile. È già in atto una crisi del lavoro intesa, da un lato come cronica mancanza di figure professionali adeguate alle esigenze produttive e, dall’altra, abbiamo stipendi bassi che non sono un incentivo alla crescita occupazionale.
Una Italia a rischio caduta
Il fenomeno come evidenzia l’Ufficio studi della CGIA, riguarda tutte le 107 province italiane che avranno una variazione assoluta negativa, confermando che la crisi colpirà indistintamente tutte le aree del Paese. Le ripercussioni negative ci saranno in tutti i settori economici strategici, comportando una contrazione strutturale del Pil.
Cambiare è necessario
È possibile una svolta? Noi crediamo di sì e d’altronde la politica serve a questo a prendere decisioni utili e necessarie per i cittadini. I nuovi dati sulla occupazione sono incoraggianti perché c’è una crescita e ci sono più contratti a tempo indeterminato, questo è un segnale positivo sul quale il Governo di Giorgia Meloni ha avuto successo. Altro passo però è quello dei salari. Dagli operai ai medici (quindi in tutti gli ambiti lavorativi) gli stipendi non sono remunerativi, mentre per i giovani e le partite Iva le cose vanno ancora peggio.
Immigrati si a chi lavora no a chi delinque
Da tempo riteniamo che servono soluzioni anche drastiche. E tra queste quelle di un migliore e maggiore utilizzo della immigrazione a condizione che puntiamo su lavoratori consapevoli di volere avere un ruolo nello sforzo di crescita del Paese e, naturalmente, per loro stessi. Il Piano Mattei del presidente Giorgia Meloni può essere la chiave di volta e ci sono già in Tunisia esperienze del genere: scuole di formazione professionale in loco e lavoro in Italia. Avere una crescita di immigrati lavoratori ha un potenziale enorme che può bilanciare la caduta demografica. Abbiamo rispetto per tutti i lavoratori e l’Italia sa dialogare – come finora ha fatto – con chi vuole inserirsi nel nostro Paese, ma nel contempo dobbiamo anche fermare e rimpatriare chi delinque e crede che non siamo capaci di prendere decisioni severe. I numeri ci dicono che c’è un bivio la politica segua l’interesse Nazionale. Contratti, salari e immigrazione, dobbiamo ragionare su ogni parola e trovare soluzioni e sinergie migliori e, all’altezza dei tempi, che si fanno più duri.