La politica dei dazi contro la Cina, non va confusa con la generale politica dei dazi di Trump. I dazi vengono usati dal presidente americano per cercare di riequilibrare il saldo commerciale, ma sono utilizzati anche come leva negoziale politica. Per la Cina il discorso è molto differente. La politica dei dazi è parte integrante del contenimento strategico del gigante asiatico, perché l’ obiettivo a breve medio termine è ridurre drasticamente il surplus commerciale della Cina.
La Ratio di questa politica è rintracciabile nell’utilizzo che la Cina fa del surplus commerciale.
Principalmente viene investito in tre settori: 1) Armamenti; 2) Sviluppo tecnologico; 3) Fondi destinati a compensare la sperequazione tra campagna e città.
Le zone rurali e la rivoluzione
Se i primi due settori sono di immediata evidenza circa l’interesse degli USA a ridurre la disponibilità economica della Cina. Il terzo settore è parimenti importante perché mira a destabilizzare la presa del Partito Comunista Cinese sul Paese. Storicamente in Cina il dissenso parte proprio dalle zone rurali (così è stato per la rivoluzione di Mao) e una destabilizzazione di queste zone quanto meno costringerebbe Pechino a guardare al suo interno, al suo immenso territorio, mettendo in secondo ordine la proiezione esterna.
Cina e amministrazioni USA
Questo è un obiettivo a lungo termine, ma affatto scontato. La dimensione economica della Cina è ormai tale da rendere difficile la sua realizzazione.
In ogni caso si comprende perciò perché i dazi alla Cina assieme alle sanzioni e altre misure come l’embargo sui prodotti ad alta tecnologia, sono un qualcosa di trasversale alle varie amministrazioni (anche Biden ha imposto nuovi dazi e sanzioni ) e sono misure strutturali e soprattutto non vanno confusi con la politica dei dazi agli altri Paesi.
Interdipendenze dei mercati
Per inciso, un conto è alzare i dazi alla Cina, un conto è iniziare una guerra commerciale all’ ultimo sangue. Non conviene ad entrambi gli attori, perché sono economie integrate. Non stupisce quindi che su chip, telefonini e computer Trump abbia tolto i dazi. Pensate ad un telefonino Apple che prima che arrivi sullo scaffale viaggia per il mondo almeno 3 o 4 volte . Una sfida iperbolica tra Pechino e Washington non conviene all’ economia globale, vista la dimensione degli attori.
Infine i dazi all’Europa rientrano nel credo economico di Trump, ma a parte il rischio concreto di inflazione (che tuttavia dipende fortemente anche dal prezzo del petrolio), potrebbero essere oggetto di sviluppi futuri. In tal senso: il mercato unico europeo, è fondamentale nel contenimento del surplus commerciale cinese con tutto ciò che ne consegue.
Se non bastasse il saldo commerciale di beni e servizi è in sostanziale equilibrio, ma sul punto va considera l’IVA che Trump considera una vera e propria misura protezionistica e questo rischia di alterare i conti.
Paolo Falconio
Membro del Consejo Rector de Honor e conferenziere de la Sociedad de Estudios Internacionales (SEI)