Nel 2023, più di 7.700 persone, tra cui molte donne e bambini, sono state accolte in strutture residenziali in Italia a causa di situazioni di violenza domestica o di genere. È quanto emerge dal nuovo report realizzato dall’Istat in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità. Lo studio fotografa l’intero sistema nazionale di accoglienza, includendo sia le Case rifugio — strutture protette e riservate nate appositamente per questo scopo — sia presidi non specializzati, ovvero realtà che accolgono anche altre categorie di persone in difficoltà.
Chi sono le persone accolte: donne e bambini in fuga dalla violenza
Le donne vittime di violenza accolte durante l’anno sono state 3.574. Di queste, 3.054 hanno trovato ospitalità in una Casa rifugio, mentre 520 sono state inserite in strutture residenziali non specializzate. A queste presenze si aggiungono 4.157 minori, di cui oltre 2.800 sono figli delle donne accolte e 1.282 sono minori vittime dirette di violenza. Si tratta di bambini e ragazzi che spesso non solo hanno assistito agli episodi violenti, ma li hanno anche subiti in prima persona.
Un numero crescente di Case rifugio, ma ancora insufficiente
Il numero di Case rifugio continua a crescere: nel 2023 se ne contano 464, con un incremento del 3,1% rispetto all’anno precedente e il doppio rispetto al 2017, anno della prima rilevazione Istat. Tuttavia, l’offerta resta ancora limitata rispetto alla popolazione femminile: in media c’è una Casa rifugio ogni 70.000 donne. Il tasso di copertura è più alto nel Nord, mentre nel Centro e nel Sud si registrano ancora valori molto bassi.
Una rete composta da operatrici, psicologhe, avvocate e volontarie
Le Case rifugio sono presidiate da oltre 4.000 donne, tra cui professioniste e volontarie. La figura dell’operatrice è centrale, ma sono presenti anche educatrici, psicologhe, avvocate e assistenti sociali. La formazione è garantita nel 93% dei casi e riguarda tematiche come la metodologia dell’accoglienza e la valutazione del rischio. Quasi il 26% del personale è composto da volontarie, fondamentali per il funzionamento quotidiano delle strutture.
Ospitalità e percorsi di rinascita
Le Case rifugio non sono solo luoghi di protezione. Sono spazi in cui le donne possono iniziare un percorso di fuoriuscita dalla violenza, con il sostegno di figure professionali. Vengono offerte consulenze psicologiche e legali, supporto nella ricerca di lavoro e nella gestione dell’autonomia abitativa. Nel 2023, oltre 2.100 donne hanno lasciato le strutture: circa il 38% ha completato il proprio percorso, mentre alcune hanno interrotto l’ospitalità o sono tornate a vivere con il maltrattante.
Anche i figli vengono accolti e seguiti
I minori accompagnano spesso le madri nel percorso di protezione. In quasi tutte le strutture sono presenti servizi dedicati a loro, come sostegno scolastico, attività educative e psicologiche. Solo una piccola parte delle Case non prevede l’accoglienza dei figli. Nella maggioranza dei casi, i bambini sono seguiti anche con interventi mirati, spesso in collaborazione con i Centri antiviolenza del territorio.
Sicurezza e privacy garantite
Le Case rifugio operano in condizioni di massima riservatezza. La quasi totalità mantiene segreto l’indirizzo e adotta misure di sicurezza come sistemi d’allarme, reperibilità h24 e collegamenti diretti con le forze dell’ordine. Anche la privacy durante i colloqui è tutelata attraverso spazi riservati all’interno delle strutture.
Quando non c’è posto in Casa rifugio
In alcuni casi, quando le Case rifugio sono piene o la donna sceglie una soluzione diversa, l’accoglienza avviene in strutture non specializzate. Si tratta di comunità educative, case famiglia o residenze per persone con disagio. Al 1° gennaio 2023, erano 520 le donne accolte in queste strutture, un terzo delle quali ospitate in presidi comunque dedicati alla violenza di genere.
Più di 1.200 i minori accolti in comunità
Le strutture residenziali accolgono anche minori vittime di violenza, spesso allontanati dal nucleo familiare per ragioni di sicurezza. Al 1° gennaio 2023, erano 1.282. La maggior parte è ospite in strutture comunitarie di piccole dimensioni. In circa il 65% dei casi si tratta di bambine o ragazze. Le realtà che accolgono i minori sono numerose e variegate, con una prevalenza di strutture che offrono servizi educativi o tutela sociale.
Risorse economiche ancora disomogenee
Il funzionamento delle Case rifugio dipende in gran parte dai fondi pubblici. Il 78% delle strutture si sostiene esclusivamente con risorse statali o locali, mentre il 20% combina finanziamenti pubblici e privati. Solo il 2,4% opera solo grazie a fondi privati. Gli importi ricevuti variano sensibilmente: alcune Case non superano i 10.000 euro annui, mentre altre ricevono oltre 100.000 euro.