Graziano Mesina è morto. Si è spento all’età di 83 anni, malato da tempo e da ieri ricoverato in ospedale a Milano, dove aveva ottenuto gli arresti domiciliari per gravi motivi di salute. La fine di un’epoca, quella dell’ex ‘primula rossa’ del banditismo sardo, simbolo controverso di una Sardegna aspra, ribelle e mai pienamente pacificata. L’ultimo capitolo di una vita passata tra latitanze, evasioni spettacolari, arresti e processi, si è chiuso nel silenzio di un letto d’ospedale del reparto detenuti del San Paolo, dove era stato trasferito appena 24 ore prima dal carcere di Opera. Affetto da una patologia oncologica in fase terminale, Mesina era stato dichiarato “non trasportabile” dai medici: costretto a letto, privo di autonomia, impossibilitato a muoversi. Proprio per questo motivo, il Tribunale di Sorveglianza di Milano aveva accolto l’istanza di differimento pena per gravi condizioni di salute, avanzata dalle sue legali Beatrice Goddi e Maria Luisa Vernier. I medici avevano descritto un quadro clinico irreversibile, con la malattia oncologica ormai diffusa e senza alcuna possibilità di trattamento efficace.
La vita
Nato a Orgosolo il 4 aprile 1942, Graziano Mesina era diventato una delle figure più emblematiche del banditismo italiano del secondo Novecento. Il suo nome cominciò a occupare le pagine di cronaca nera a partire dagli anni Sessanta, intrecciandosi con la storia della Sardegna profonda, dei sequestri di persona, delle faide tra clan, e di una cultura che spesso affondava le radici nel mito dell’onore e della vendetta. La sua figura ha diviso l’opinione pubblica per decenni: per alcuni un delinquente pericoloso, per altri una sorta di ‘Robin Hood’ sardo, simbolo di una ribellione contro lo Stato percepito come lontano e ostile. Negli anni, è diventato una leggenda vivente, anche grazie alla sua incredibile capacità di sfuggire alla giustizia: fu protagonista di numerose evasioni, alcune delle quali clamorose, e di lunghi periodi di latitanza, spesso interrotti da arresti spettacolari.
Nel 2004, dopo aver trascorso la maggior parte della sua vita dietro le sbarre, Mesina ottenne la grazia dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Una decisione che suscitò polemiche, ma che sembrava chiudere definitivamente il capitolo della sua vita criminale. In quel periodo, cercò di ricostruirsi un’esistenza ‘normale’, aprendo persino un’attività commerciale. Ma la tregua fu breve. Nel 2013 fu di nuovo arrestato, accusato di essere coinvolto in un’organizzazione dedita al traffico di droga. Da allora, la sua situazione giudiziaria si complicò di nuovo, fino all’ultima condanna definitiva, scontata nel carcere milanese di Opera, dove era detenuto prima del trasferimento in ospedale.