sabato, 18 Gennaio, 2025
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Libri

“Bambino”. Storia di una vita divisa a metà

L’ultima opera dello scrittore Marco Balzano, Einaudi editore, offre uno spaccato dell’Italia degli Anni ’20, intrisi di odio, violenza e rancore. Protagonista Mattia Gregori, soprannominato Bambino, per quel viso apparentemente innocente, le cui vicende si inseriscono nel periodo più difficile di quegli anni. Una vita vissuta a metà fra l’appartenenza al regime fascista il disincanto provocato dell’evolversi degli avvenimenti della Storia

Marco Balzano, autore del libro “Bambino”

Con una scrittura asciutta e schietta Marco Balzano torna al grande romanzo storico e civile per indagare ancora una volta, come già accaduto in “Quando tornerò” (ed. Einaudi), il rapporto tra le scelte personali e i grandi sconvolgimenti della Storia. Un racconto condotto lungo l’arco di vent’anni, dai primi Anni ‘20 al 1946, che comincia così: “La guerra è appena finita. Un uomo beve un caffè al bancone del bar. Qualcuno lo chiama con il suo soprannome, Bambino, lui si gira, riconosce la voce non il volto ma sente già la canna di una pistola puntata contro la schiena”.

Il romanzo si divide in quattro sezioni, che corrispondono a fasi di vita del protagonista Mattia Gregori, soprannominato Bambino dai soldati fascisti per via del suo viso da fanciullo. La sua violenza efferata è raccontata con una scrittura asciutta, intensa, schietta, in pagine dense in cui Mattia appare prima di tutto vittima del rancore verso una madre biologica mai conosciuta e di un destino crudele. Balzano non teme di entrare dentro le pieghe nascoste di un vissuto difficile, fragile, compulsivo, violento quale quello del protagonista.

Una volta scoperta che sua madre non è la sua vera madre biologica, parte alla ricerca della donna che lo ha generato, ma la crisi che questa scoperta gli provoca investe il giovane Mattia con una violenza interna più forte di quella dell’altro sé, quello pubblico, esercitata come aguzzino nei confronti dei suoi nemici. Il respiro di Mattia si fa affannoso, debole, stanco, gira a vuoto, ma non quello di Mattia-Bambino, capace di ripristinare gli equilibri con la determinazione del combattente virile.

La copertina del libro “Bambino”

Indossare la camicia nera diventa effige di coraggio e appartenenza. In un primo momento Bambino sembra sentirsi a suo agio con la camicia nera, ma una volta conosciuta la guerra entra in una spirale segnata dal rimorso e dall’incapacità di ribellarsi. “Ho ucciso e fatto uccidere. Ho sempre cercato di stare dalla parte del più forte e mi sono sempre ritrovato dalla parte sbagliata”.

Bambino-Mattia è costretto a dismettere gli abiti del regime per indossare quelli del delatore dei vecchi compagni d’arme, del fuggiasco con una nuova identità, quella di Alessio Fonda, prima di cadere vittima del destino che lo consegnerà alla Storia. Il momento della sua morte permette di esplorare i paradossi di quegli anni di lotta e violenza. Il protagonista è il testimone di una vita vissuta a metà: nella prima incarna il fascista tra i più efferati e odiati, rappresentazione della forza e della mascolinità richiesti dal tempo; nella seconda è il figlio deluso, sconfitto, vittima del disincanto dall’ideologia. Mattia è figlio del tempo, sdoppiato nel suo essere devoto al regime, così come deluso e disincantato dalla realtà del suo tempo. In questa doppiezza del vissuto sta la difficoltà di un ragazzo in continua disarmonia con la Storia e con le vicende personali.

Questo aspetto mette in luce il grande lavoro di ricerca di Balzano, abile nel non cadere mai in stereotipi o, peggio, in giudizi nei confronti dei suoi personaggi, che per questo risultano credibili e veri. “Bambino” potrebbe entrare di diritto fra i classici della letteratura italiana contemporanea, perché, come dice Michela Ponzani sul “Corriere della Sera”, Balzano mette in scena: “Un racconto malinconico e crudele, capace di svelare le tensioni di un’epoca, come solo la grande letteratura sa fare”.

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