Nonostante un miglioramento dei tassi di occupazione femminile, le disuguaglianze di genere nel mercato del lavoro in Italia rimangono un problema strutturale e persistente. Secondo il Gender Policy Report curato dall’Inapp, nel 2023 il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni ha raggiunto il 52,5%, segnando un incremento di 1,4 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Ma il divario di genere rispetto agli uomini è ancora significativo: ben 18 punti percentuali separano i due gruppi. La partecipazione femminile al mercato del lavoro continua a scontrarsi con barriere di natura familiare e culturale. Oltre il 64% dell’inattività in Italia riguarda le donne, con il 34% di esse fuori dal mercato per motivi di cura, rispetto a un esiguo 2,8% degli uomini. La disparità si accentua ulteriormente nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni, quella della fertilità media femminile: qui il 43,7% delle donne dichiara di essere inattivo per ragioni familiari, contro appena il 4% degli uomini. Le difficoltà delle donne nel conciliare lavoro e vita familiare sono aggravate dalla carenza di servizi per la cura di bambini e anziani non autosufficienti. Natale Forlani, Presidente dell’Inapp, sottolinea che queste carenze rappresentano un freno non solo per la quantità di lavoro femminile, ma anche per la qualità dei contratti disponibili.
Qualità del lavoro
I dati del rapporto confermano la precarietà e la fragilità delle opportunità lavorative per le donne. Nel primo semestre del 2024, sono state attivate 4,3 milioni di nuove assunzioni, ma solo il 42% ha riguardato lavoratrici. Tre indicatori chiave mettono in luce la condizione critica:
Stabilità dell’occupazione: Il 45,5% dei contratti maschili e il 40,4% di quelli femminili sono a tempo determinato. Per le donne, i contratti a tempo indeterminato (13,5%) restano inferiori persino ai contratti stagionali (17,6%). Incidenza del part time: Quasi la metà delle lavoratrici (49,2%) ha un contratto part time, contro il 27,3% degli uomini. Questa tipologia di contratto è spesso involontaria e determinata da necessità di conciliazione con i carichi familiari. La doppia debolezza: La combinazione di part time e tempo determinato riguarda il 64,5% dei contratti femminili, contro il 33% di quelli maschili, sottolineando una doppia penalizzazione per le lavoratrici.
Maternità
La maternità resta una delle principali cause di abbandono del lavoro per le donne: il 16% smette di lavorare dopo la nascita di un figlio, contro appena il 2,8% degli uomini. Inoltre, i congedi parentali, richiesti per l’80% da donne, risultano economicamente penalizzanti a causa della copertura parziale della retribuzione. Questo contribuisce a un gender pay gap annuo stimato in circa 5mila euro. Il lavoro povero è un’altra piaga con un forte impatto di genere: il 18,5% delle donne è impiegato in occupazioni a bassa retribuzione, contro il 6,4% degli uomini. Bassi salari orari e part time involontario aggravano ulteriormente la situazione. Il report evidenzia le difficoltà specifiche delle donne migranti, che hanno un tasso di occupazione inferiore alle native (48,7% contro 53%) e un tasso di disoccupazione più alto (14,2% contro 8,3%). Nonostante occupino spesso lavori di cura e domestici, le loro retribuzioni restano più basse rispetto a quelle degli uomini migranti e delle donne italiane. Inoltre, il fenomeno degli “orfani bianchi” – figli lasciati nei Paesi d’origine – evidenzia ulteriori implicazioni sociali e familiari.
Prospettive e Sfide
per il Futuro Entro il 2026, l’Italia sarà chiamata a recepire tre direttive europee per promuovere la parità di genere. Tra queste, spicca la direttiva del 2023 sulla trasparenza retributiva, volta a rafforzare il principio di parità salariale per lavoro di pari valore. Tuttavia, senza un potenziamento dei servizi di supporto e politiche attive per l’occupazione femminile, il rischio è che questi interventi si rivelino insufficienti. Come ha affermato Forlani, “il lavoro femminile è una risorsa strategica”. Ma affinché diventi realmente il motore della crescita economica e sociale del Paese, è necessario abbattere le barriere culturali, economiche e strutturali che continuano a penalizzare le donne, favorendo al contempo un’equa distribuzione dei carichi familiari e un miglioramento della qualità dei contratti di lavoro.