venerdì, 10 Gennaio, 2025
Attualità

Medie imprese del Sud: crescita in controtendenza rispetto al Centro-Nord

Un rapporto presentato oggi a Bari dall’Area Studi di Mediobanca, dal Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere, intitolato ‘La competitività delle medie imprese del Mezzogiorno tra percezione dei rischi e strategie di innovazione’, mette in evidenza un interessante scenario economico per le medie imprese del Sud Italia. Nonostante le difficoltà strutturali e l’elevata pressione fiscale, queste realtà produttive si distinguono per crescita del fatturato e dell’export, ponendosi in netto contrasto con il rallentamento registrato al Centro-Nord. Le medie imprese meridionali — 431 società manifatturiere a controllo familiare con un fatturato tra 17 e 370 milioni di euro — hanno visto nel 2023 un aumento del fatturato del 2,7%, mentre le loro controparti del Centro-Nord hanno registrato un calo del 3,6%. Ancora più marcato il divario nell’export, che al Sud cresce del 4,4%, contro una contrazione del 2,1% altrove.

Anche le proiezioni per il 2024 confermano questa tendenza: le Mid-Cap del Mezzogiorno prevedono un aumento del giro d’affari e delle esportazioni intorno al 2%, a fronte di una diminuzione attesa del 1,5% e del 4% rispettivamente per le imprese del Centro-Nord.

Investimenti in innovazione

Uno dei principali driver di crescita è rappresentato dagli investimenti nelle tecnologie 4.0, programmati o già avviati dall’87,3% delle medie imprese meridionali, contro l’82,1% delle altre. Nei prossimi tre anni, il 41,3% delle aziende del Sud prevede di investire nell’intelligenza artificiale, una percentuale superiore rispetto al 37,5% del resto d’Italia. Questi investimenti mirano non solo a migliorare l’efficienza aziendale, ma anche a creare nuove opportunità di business. Ma le imprese del Mezzogiorno sono leggermente meno inclini a puntare sulla sostenibilità ambientale rispetto al Centro-Nord: il 66,6% di esse ha investito o investirà in tecnologie green, una quota inferiore rispetto alla media nazionale.

Nonostante il dinamismo, le medie imprese del Sud affrontano sfide significative. La pressione fiscale rimane un problema cruciale: nel decennio 2013-2022, il tax rate medio per le Mid-Cap meridionali è stato del 31,3%, contro il 28,5% delle altre aree. Se il Sud avesse beneficiato della stessa tassazione, le imprese avrebbero risparmiato circa 220 milioni di euro. Un altro ostacolo è rappresentato dalla difficoltà di reperire personale qualificato. Oltre l’80% delle aziende del Sud ha segnalato problemi di questo tipo, contro il 42,8% del Centro-Nord. Per affrontare questa criticità, il 33,3% delle imprese del Mezzogiorno intende assumere lavoratori stranieri nei prossimi tre anni, principalmente per la scarsità di manodopera italiana.

Il ruolo del Pnrr

Le medie imprese del Sud mostrano una maggiore fiducia nelle risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza rispetto al Centro-Nord. Quasi il 50% delle aziende ritiene che il Pnrr possa contribuire alla crescita economica del Paese, il 43% alla transizione digitale e il 37,5% a quella green. Tuttavia, circa la metà delle imprese ritiene che i vantaggi del piano siano limitati dall’eccessiva burocrazia e dalla difficoltà nell’esecuzione dei progetti. Negli ultimi 27 anni, il numero di medie imprese nel Mezzogiorno è più che raddoppiato, passando da 213 nel 1996 a 431 nel 2022. Pur rappresentando solo lo 0,5% del tessuto imprenditoriale locale, queste aziende generano l’11,9% del valore aggiunto manifatturiero dell’area, evidenziando il loro peso strategico.

Secondo Andrea Prete, Presidente di Unioncamere, “i dati confermano un interessante dinamismo del Sud che va sostenuto, anche incoraggiando il cammino intrapreso dalle medie imprese, che si stanno rivelando un importante motore di sviluppo economico”. Ma nello stesso tempo sottolinea la necessità di affrontare con decisione l’eccesso di burocrazia e la carenza di profili professionali adeguati. Gabriele Barbaresco, Direttore dell’Area Studi Mediobanca, ha detto: “Il dinamismo delle medie imprese dimostra che è finita l’epoca di ‘piccolo è bello’. Oggi l’imperativo è ‘cresci o esci’, soprattutto in un contesto competitivo globale”.

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