L’Italia e i Paesi del G7 siano uniti. La lezione di Papa Francesco che invita a non fidarsi ciecamente degli algoritmi e chiede di umanizzare i sistemi
In Svizzera una benna di una escavatrice al lavoro ad una tubatura del gas trancia un cavo di connessione internet mandando in tilt per due giorni il sistema dei pagamenti digitali in Italia e in Europa. Bloccati pos e carte e i prelievi di contante, proprio nel giorno del Black Friday. Il 19 luglio scorso un crash informatico globale blocca banche, supermercati, aeroporti, aziende ed enti pubblici. Il mondo è colpito da un’interruzione informatica causata da un errore di aggiornamento di un software di Crowdstrike, una società di sicurezza informatica con sede negli Stati Uniti. Le parole d’ordine delle multinazionali del settore nel dare spiegazioni sono sempre stringatissime: “stiamo risolvendo”, eppoi le tante scuse, e la questione sembra in apparenza chiusa è risolta. Gli Stati rimangono per lo più in silenzio in quanto non sanno cosa sia realmente accaduto, mentre a rimanere con il cerino in mano è il cittadino qualunque. Quello che ogni giorno viene bombardato da messaggi che gli impongono di essere digitale, di rendere ogni servizio solvibile per la rete internet di racchiudere tutto: carte di credito, la propria identità, la patente, prenotazioni sanitarie, analisi, banche etc etc nel suo cellulare e carte magnetiche. Gli inviti sono tutti suadenti come il canto delle Sirene, ma non si dice mai nulla sui rischi, sui limiti e i danni, soprattutto, chi magari pagherà per i disservizi.
I rischi incontrollabili del caos globale
Il 19 luglio e il 26-27 novembre (solo per citare i casi mondiali perché se dicessimo parlare dei disservizi quotidiani l’elenco sarebbe lunghissimo), per dare una idea di ciò che è accaduto si è fermato il mondo occidentale, dal trasporto aereo ai servizi di diagnostica, a milioni di computer, fino al recente blocco di alcuni sistemi di pagamento con carte di credito. Nel primo caso la società CrowdStrike, ha parlato di un “un difetto riscontrato in un singolo aggiornamento”, di un software di controllo; nel secondo caso i lavori di manutenzione della rete del gas. Ci si dovrebbe chiedere se sia normale che un sistema di “sicurezza” scateni un caos mondiale; così come un tubo del gas passi accanto alle reti internet. Nessuno lo chiede perché nessuno risponderà. Tuttavia per molti che ragionano con la testa e non con gli algoritmi l’evento è servito come promemoria sia per le strette relazioni tra la nostra vita e il digitale sia di come quest’universo immateriale sia fatto di tante parti interconnesse che si muovono senza una guida centrale. Ed è questo il problema vero.
Sicurezza, gli Stati del G7 intervengano, Cina e Russia ci studiano
Sappiamo, per ampliare il nostro discorso su temi di geopolitica che in entrambi i casi Russia e Cina, – come fanno notare gli apparati di intelligence -, hanno preso nota sulla fragilità dei nostri sistemi, magari pensando a possibili azioni per infiltrare, raccogliere informazioni o manomettere infrastrutture sia civili e forse militari. Sono temi enormi con rischi altrettanto imprevedibili, perché non sappiamo cosa accade veramente. Ricordiamo inoltre che appena qualche giorno fa, era il 17 novembre, un importante cavo sottomarino che collegava Germania e Finlandia è stato tranciato con una azione definita di “guerra ibrida”, denunciata dai governi di Helsinki e Berlino. Il cavo tagliato non è uno qualsiasi ma una delle più importanti infrastrutture digitali nel Baltico. I governi tedesco e finlandese hanno emesso un comunicato congiunto per esprimere le “gravi preoccupazioni per l’interruzione del cavo sottomarino”. È in corso una inchiesta perché danneggiamento risulta volontario. Una azione da conflitto “ibrido” realizzato da “attori ostili”, che rappresenta una minaccia alla “sicurezza dell’Europa”.
Una nuova Torre di Babele
Siamo di fronte a scenari che ci interessano appieno e l’Italia è un Paese del G7, cioè una nazione che ha un peso politico, economico, industriale e militare di scala globale. Non possiamo far finta che un cavo tranciato in Svizzera, una azione ostile accaduta nel mar Baltico non ci riguardano. Siamo ad un bivio come tutti i cittadini europei che credono nel libero scambio, nella democrazia, pace e sviluppo. Bisogna che l’Unione e l’Italia alzino il livello di sicurezza e di tutela dei nostri sistemi ed apparati. Che si rinunci ad un acquisto perché il pos non funziona può accadere, che le associazioni di categoria del commercio chiedano i danni è giusto, ma attenzione i rischi che dobbiamo sventare sono molto più grandi del singolo cittadino. Devono essere gli Stati ad agire, a realizzare sistemi dove l’uomo rimanga centrale, come più volte ha indicato Papa Francesco, non possiamo affidarci ciecamente ad algoritmi e sistemi incontrollati. Circostanze e coincidenze infauste possono decretare un crollo di una civiltà soprattutto quando come nel racconto della Torre di Babele l’arroganza e l’ambizione non sono più umane ma diaboliche.