mercoledì, 13 Novembre, 2024
Esteri

Il Pentagono invia 500 missili intercettori a Kiev per difendersi dai droni russi

La guerra tra Russia e Ucraina si intensifica sul fronte dei droni, con entrambi i Paesi che ne utilizzano sempre di più in attacchi reciproci. Nelle scorse ore, Kiev ha lanciato 70 droni verso il territorio russo, 34 dei quali sono stati intercettati mentre si dirigevano su Mosca, come riportato dal Ministero della Difesa russo tramite un comunicato su Telegram. Dall’altro lato, l’Ucraina è stata colpita da un’ondata di 145 droni russi, il numero più alto mai registrato in un singolo attacco. Di questi, le difese ucraine sono riuscite a distruggerne 67, ma diverse regioni del Paese, inclusa Odessa, hanno subito danni a edifici e proprietà private. Molti dei droni usati dalla Russia sono del tipo “Shahed”, prodotti in Iran e definiti “kamikaze” perché progettati per esplodere al contatto con l’obiettivo. Secondo un messaggio diffuso dall’Aeronautica militare di Kiev, “il nemico ha attaccato con un numero record di droni!”. Alcuni droni russi che non sono stati abbattuti si sono diretti verso la Moldavia, la Bielorussia e la stessa Russia, dimostrando la difficoltà di gestire una situazione in cui i droni si spostano su vaste aree.

Volodymyr Zelensky, presidente ucraino, ha condiviso ulteriori dettagli su questi attacchi, affermando che la Russia ha lanciato questa settimana oltre 800 bombe aeree guidate, 600 droni e circa 20 missili di vario tipo. Zelensky ha lodato il lavoro costante delle forze ucraine nella difesa aerea, aggiungendo che “questo terrore non può essere fermato con le parole” e sottolineando la necessità di “soluzioni forti” per garantire la sicurezza del Paese. Secondo il presidente ucraino, una pace stabile non sarà possibile senza giustizia per le vittime del conflitto.

Reazioni contrastanti

Sul fronte diplomatico, si susseguono reazioni contrastanti alla possibilità di negoziati di pace. Bryan Lanza, ex consigliere del presidente Donald Trump, ha affermato che se Zelensky considera la restituzione della Crimea come condizione per la pace, allora “non fa sul serio”. La Crimea, occupata dalla Russia nel 2014, rimane un punto cruciale nelle trattative. Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, ha commentato in modo positivo la volontà di Trump di trovare un accordo per la pace, spiegando che “i segnali sono positivi”. Peskov ha ricordato che durante la campagna elettorale Trump ha parlato della possibilità di raggiungere un accordo, diversamente dall’attuale amministrazione statunitense, che punta invece alla sconfitta strategica della Russia. In Europa, il primo ministro polacco Donald Tusk ha dichiarato in un’intervista a Polskie Radio di aspettarsi una tregua futura e ha espresso la speranza che le decisioni sul conflitto ucraino rispettino sia la volontà degli ucraini sia quella degli altri Paesi coinvolti. Tusk ha anticipato che nei prossimi giorni terrà una serie di incontri con leader europei e il segretario generale della NATO, Mark Rutte, per discutere la situazione in Ucraina. Gli incontri dovrebbero tenersi a Varsavia o a Londra e coinvolgeranno anche rappresentanti dei paesi nordici e baltici.

Intanto, continuano le operazioni militari russe, che includono un importante schieramento di forze nella regione di Kursk, a ridosso del confine ucraino. Qui, circa 50.000 soldati russi, insieme a truppe nordcoreane, si stanno preparando per operazioni offensive, come riportato dal New York Times, che cita fonti ucraine e americane. I soldati nordcoreani sono suddivisi in unità di supporto e d’assalto, concentrandosi soprattutto in addestramenti di artiglieria e fanteria, ovvero la formazione per l’uso di cannoni e armi pesanti, nonché per i combattimenti a terra. Secondo le fonti, un attacco russo potrebbe essere imminente, con azioni pianificate “nei prossimi giorni”.

L’invio di missili

In questo scenario, il Pentagono ha deciso di inviare 500 missili intercettori in Ucraina, armi specifiche per difendere il territorio dai droni e dai missili nemici. La necessità di queste armi è evidenziata anche dal bilancio delle perdite russe, che continua ad aumentare. L’ammiraglio britannico Tony Radakin ha dichiarato alla BBC che la Russia si avvicina ormai alla soglia dei 700.000 soldati morti o feriti, con il mese di ottobre che è stato il più difficile in termini di perdite per le forze di Mosca. Radakin ha riferito che solo il mese scorso le forze russe hanno subito circa 1.500 tra morti e feriti al giorno, una situazione che, secondo l’ammiraglio, rappresenta “enorme dolore e sofferenza” per la popolazione russa a causa dell’ambizione politica di Putin.

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