giovedì, 21 Novembre, 2024
Economia

Infrastrutture per far crescere l’Italia

L’Autostrada del Sole, 60 anni fa un’opera corale che ci proiettò alla modernità. È necessario ritrovare quella spinta collettiva. Attenzione a come spendiamo i fondi Pnrr, le risorse sono anche a debito, i lavori devono essere strategici

È ancora possibile guardare oggi al futuro dell’Italia con lo sguardo di chi, negli anni ‘50-‘60, proiettava il Paese verso i record dell’economia, delle conquiste del welfare, di un benessere diffuso? Un interrogativo legittimo perché in questi giorni, precisamente il 4 ottobre di 60 anni fa, venne inaugurata l’Autostrada del Sole che collegava con i suoi 760 chilometri gran parte della penisola, da Milano a Napoli. Una infrastruttura tassello di quella costruzione del boom economico dell’Italia. L’Autostrada del Sole era l’esempio di modernità, celerità, di progettualità, fiore all’occhiello di un Paese che primeggiava – con altre opere e società – in Europa e, in alcuni casi, nel mondo.

Prima pietra e il nastro, da Giovanni Gronchi a Aldo Moro

Costruita dal 19 maggio 1956 al 4 ottobre 1964 l’Autostrada poteva vantare la realizzazione di 113 ponti e viadotti, oltre a 572 cavalcavia e 38 gallerie. La posa della prima pietra avvenne a San Donato Milanese il 19 maggio 1956 con l’allora presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, – appena otto anni dopo -, il 4 ottobre 1964, la cerimonia del taglio del nastro affidata al presidente del Consiglio, Aldo Moro. Costata 100 miliardi di lire di finanziamento statale, l’impresa divenne simbolo di un impegno corale, si potrebbe dire (un altro segno dei tempi), uno sforzo collettivo del Paese. I protagonisti erano una politica forte e lungimirante, le brillanti professionalità dell’epoca, le numerose attivissime maestranze, in una alleanza per la crescita dell’Italia.

Pnrr e progetti, soldi a debito grandi opere che non decollano

Sessanta anni dopo, cioè oggi, cosa possiamo dire? Che nel frattempo abbiamo fatto un enorme salto tecnologico, che abbiamo professionalità nuove e capaci, che ci sono risorse economiche con il Piano nazionale di ripresa, eppure non riusciamo più a realizzare infrastrutture necessarie a proiettarci verso il futuro. Di creare le condizioni di allungare il passo verso la crescita. Ogni giorno ci sono annunci di progetti e di spesa collegati al Pnrr – 400 miliardi di euro a beneficio enti pubblici – che sono soldi (va tenuto bene a mente) per lo più a debito, risorse in buona parte da restituire, ma soprattutto, chiediamoci, miliardi di euro per fare cosa? Per ora molte scelte mirabolanti restano sui depliant e discusse nei convegni, si parla di buone intenzioni, di “crescita accelerata”, di forte impulso all’economia, ma onestamente c’è da interrogarsi, per quali grandi opere, in quali tempi e per quali obiettivi strategici per la Nazione? Un solo esempio, da quanti anni si parla del Ponte sullo Stretto? Da decenni e siamo ancora a discuterne. Così come delle opere per contrastare la dispersione idrica, o dei servizi strutturali da realizzare per fermare lo spopolamento degli Appennini, così come contrastare il crescente e sottovalutato dissesto idrogeologico o, come ridurre l’inquinamento, ad esempio, delle plastiche nell’ambiente. Si dirà che sono cambiati i tempi, che ci sono più norme, prescrizioni, permessi da ottenere, insomma più burocrazia. Ma per paradosso i fondi Pnrr dovrebbero servire anche per togliere la burocrazia inutile che crea danni enormi alle imprese e allo sviluppo.

Impegniamoci a costruire

Se nessuno possiede la bacchetta magica bisogna, tuttavia, ragionare perché 60 anni fa era possibile dare all’Italia una grande infrastruttura, mentre oggi ci appare un miraggio. La politica che negli anni ‘60 viveva di una forte ideologia e dure contrapposizioni, era comunque in grado di sostenere grandi progetti per il Paese, c’era un sottofondo che permetteva una alleanza collettiva. Ritrovare lo stesso spirito di iniziativa politica sarebbe già un grande passo avanti. Servono leadership concrete, soprattutto, servono sezioni di partito dove si possa discutere, costruire dal basso visioni e realizzazioni che abbiano un impegno e coinvolgimento corale. Unire più che disunire per rimetterci in viaggio.

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