venerdì, 22 Novembre, 2024
Attualità

Spreco alimentare. L’Italia al top. Nel nostro Paese il cibo che va nella spazzatura arriva al 50%

Presentato a Roma il Rapporto 2024 dell’Osservatorio Internazionale Waste Watcher

Spreco del cibo senza più freni. A rendere noto uno dei problemi sociali e peccati morali delle società del benessere è il Rapporto Internazionale Waste Watcher 2024: “Lo spreco alimentare nei Paesi del G7: dall’analisi all’azione”, curato dall’Osservatorio Waste Watcher International-Campagna Spreco Zero, dall’Università di Bologna assieme a Ipsos. A Roma la presentazione dei dati.

L’aumento che sorprende

Nel 2024 lo spreco di prodotti alimentari in Italia è aumentato facendo registrare una crescita del 45,6%: ogni settimana finiscono nel bidone della spazzatura 683,3 grammi di cibo pro capite (rispetto ai 469,4 grammi rilevati nell’agosto 2023). Nella “top five” dei cibi più sprecati troviamo frutta fresca (27,1 g), verdure (24,6 g), pane fresco (24,1 g), insalate (22,3 g), cipolle/aglio/tuberi (20 g), prodotti fondamentali della Dieta Mediterranea. “Tra le cause che hanno determinato l’aumento dello sperpero alimentare nel nostro Paese”, spiega il rapporto, “si possono evidenziare alcuni elementi critici indipendenti dal comportamento dei singoli, ma individuabili proprio nella scarsa qualità dei prodotti acquistati. Il 42% delle risposte individua la causa dello spreco familiare nel fatto di dover buttare la frutta e la verdura conservata nelle celle frigo perché una volta portata a casa va subito a male. O ancora il 37% sostiene di buttare via gli alimenti perché i cibi venduti sono già vecchi”. Elementi critici si riscontrano anche nel comportamento dei consumatori. Più di un terzo degli italiani (37%) dimenticano gli alimenti in frigorifero e nella dispensa lasciando che si deteriorino, solo il 23% è disposto a programmare i pasti settimanali, inoltre il 75% non è disposto o non è capace di rielaborare gli avanzi in modo creativo per evitare di gettarli.

Arginare gli sprechi

Commentando i dati dell’Osservatorio Waste Watcher, il vicepresidente vicario di Confcommercio, Lino Enrico Stoppani, sottolinea che “Se l’aumento dello spreco preoccupa occorre investire con maggiore convinzione sull’educazione alimentare resistendo alla tentazione di introdurre nuovi obblighi a carico delle imprese come suggerito in alcune delle proposte in corso di esame in Parlamento”. “Ormai”, osserva Stoppani, “tutti i ristoratori sono attrezzati per consentire ai clienti di portare a casa il cibo avanzato durante i pasti mentre, per incrementare le donazioni di cibo avanzato negli esercizi commerciali, la via maestra è la riduzione degli oneri burocratici e la riduzione della Tari”.

In Italia balzo senza precedenti

“In Italia l’incremento dello spreco alimentare a livello domestico è preoccupante”, rivela Andrea Segrè Direttore scientifico Waste Watcher International – Campagna Spreco Zero, Università di Bologna. “Non solo per l’aumento percentuale rispetto all’analoga rilevazione di WWI del 2023, ma soprattutto dalle cause che lo hanno determinato, come un abbassamento della qualità dei prodotti acquistati. Gli italiani hanno ancora poca consapevolezza di come fruire al meglio gli alimenti disponibili, dalla conservazione alla pianificazione degli acquisti, dimostrando ancora una volta la necessità di intervenire a livello istituzionale sull’educazione alimentare. L’Italia”, indica Andrea Segrè, “può beneficiare delle buone pratiche che emergono dalle esperienze di contrasto dello spreco dagli altri Paesi del G7, tema che speriamo emerga dal summit di Siracusa il prossimo 26 settembre”.

Più educazione alimentare

“Come ogni anno”, commenta il presidente di Federalimentare Paolo Mascarino, “il rapporto dell’Osservatorio internazionale Waste Watcher offre una serie di spunti molto interessanti per migliorare la sostenibilità del sistema agroalimentare, a partire dal contrasto allo spreco alimentare. In particolare, dal confronto con i Paesi del G7 emerge chiaramente l’importanza delle politiche pubbliche a sostegno di campagne informative. Mentre, per l’Italia, emerge ulteriormente la necessità di promuovere l’educazione alimentare nelle scuole, affinché”, prosegue Federalimentare Paolo Mascarino, “le famiglie possano apprezzare il valore di un’alimentazione sana e sostenibile basata su prodotti alimentari di qualità. In questo percorso virtuoso, l’industria alimentare italiana continuerà a fare la sua parte”.

Imballaggi e sicurezza

“Lo studio fornisce”, fa presente Simona Fontana, direttore generale Conai, “dati e informazioni utili a individuare margini di miglioramento e possibili attività da sviluppare per ridurre sensibilmente lo spreco alimentare”. “In tutti i Paesi, del resto, sembra chiara una forte consapevolezza della necessità di adottare comportamenti virtuosi che possono avere ricadute concrete ed efficaci. Cultura, comportamento e stile di vita dei consumatori sono fattori che influenzano lo spreco alimentare: è su questi che bisogna agire, attraverso misure che possano far leva sull’educazione e sulla responsabilità di ciascuno di noi. Ma anche le imprese italiane”, puntualizza Simona Fontana, “stanno facendo molto: continuano a lavorare per proporre soluzioni di imballaggio che garantiscono il miglior equilibrio tra funzione e impatto ambientale, garantendo al prodotto una maggiore shelf life e proponendo soluzioni di pack meno impattanti sull’ambiente”.

Attenzione verso lo spreco

“In anni di inflazione alimentare e contrazione dei consumi”, sottolinea Matteo Vittuari, Università di Bologna, Coordinatore del report internazionale WW, “i Paesi del G7 hanno mostrato crescente attenzione verso lo spreco alimentare anche dalla parte delle politiche pubbliche declinate soprattutto nella forma di campagne informative. Le rilevazioni dell’Osservatorio Waste Watcher International ci suggeriscono che tra le principali iniziative messe in campo a livello individuale quelle più diffuse sono relative ad aspetti motivazionali, grazie a un aumento della consapevolezza, e organizzative come la maggior attenzione alla pianificazione degli acquisti, alla gestione dei prodotti freschi e al consumo del cibo prossimo alla data di scadenza. Anche chi ha tradizionalmente messo in atto campagne informative molto strutturate come il Regno Unito”, osserva infine Matteo Vittuari, “continua a investire nella diffusione di pratiche base come la preparazione della lista della spesa”.

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