giovedì, 19 Settembre, 2024
Salute

Incontinenza urinaria maschile: ne soffre un italiano su dieci

In Italia almeno 5,1 milioni di persone sopra i 18 anni convivono con l’incontinenza urinaria, un disturbo che colpisce il 14% delle donne e il 6% degli uomini. Si tratta di una condizione spesso sottovalutata, ma che ha un impatto significativo sulla qualità della vita di chi ne soffre. L’incontinenza, infatti, non solo comporta disagi fisici, ma anche problemi psicologici e sociali, che influenzano profondamente il benessere delle persone. Secondo i dati più recenti, tra le donne l’incontinenza è quasi tre volte più frequente che negli uomini (rapporto 2,7 a 1), con una prevalenza che cresce sensibilmente con l’avanzare dell’età. Tra gli uomini, il tipo di incontinenza più comune è quella da urgenza, che rappresenta dal 40% all’80% dei casi, mentre l’incontinenza da sforzo è meno comune, con un’incidenza inferiore al 10%. Il 17 settembre, la Clinica urologica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs di Roma ospiterà una Masterclass dedicata all’incontinenza urinaria maschile. Questo evento formativo è rivolto a specialisti in urologia e ha l’obiettivo di fornire un aggiornamento completo sulle più moderne tecniche diagnostiche e terapeutiche per affrontare questo disturbo. I partecipanti avranno l’opportunità di assistere a lezioni frontali e procedure chirurgiche in diretta, con un focus sulle tecniche di impianto di sling sottouretrali e di sfintere urinario artificiale, nonché sulla gestione delle complicanze intra e postoperatorie.

Malattie rare

L’evento, patrocinato da ERN eUROGEN, la rete di riferimento europea per le malattie rare urogenitali, vedrà la partecipazione di esperti nazionali e internazionali come Roberto Olianas (Luneburg) ed Emilio Sacco, Direttore dell’Urologia al Policlinico Gemelli. La Masterclass sarà presieduta da Bernardo Rocco, Professore ordinario di Urologia presso l’Università degli Studi di Milano e direttore dell’Urologia all’ospedale Santi Paolo e Carlo. Tra i principali fattori di rischio dell’incontinenza urinaria troviamo l’invecchiamento, le disfunzioni cognitive e neurologiche, nonché i trattamenti invasivi per la patologia prostatica. A esempio, la prostatectomia radicale, utilizzata per trattare il tumore alla prostata, è uno degli interventi che più spesso comporta l’incontinenza urinaria da sforzo. In questi casi, l’intervento altera il normale funzionamento dello sfintere urinario, rendendo la continenza esclusivamente dipendente dal meccanismo sfinteriale esterno, con conseguente rischio di perdite urinarie. Anche altre terapie per la prostata, come la resezione endoscopica (TURP) o la radioterapia, possono portare a incontinenza, sebbene con una minore incidenza. L’incontinenza da sforzo post-TURP, a esempio, ha un’incidenza media dell’1,2%. Negli ultimi anni, l’affinamento delle tecniche chirurgiche, insieme alla diffusione della chirurgia robotica e delle terapie conservative come la fisioterapia del pavimento pelvico, ha migliorato il tasso di recupero della continenza urinaria, che oggi varia tra il 68% e il 97% entro 12 mesi dall’intervento.

Opzioni terapeutiche

Il trattamento dell’incontinenza urinaria da sforzo nell’uomo post-prostatectomia prevede innanzitutto un approccio conservativo, basato su modifiche dello stile di vita e fisioterapia. Solo nei casi in cui queste terapie non portano i risultati sperati, si considera l’opzione chirurgica. Tuttavia, il momento ideale per intervenire chirurgicamente è ancora dibattuto: secondo alcuni esperti, un intervento può essere valutato già dopo sei mesi, sebbene si tenda a posticipare la chirurgia almeno di un anno, per dare tempo alla continenza di migliorare spontaneamente. Tra le opzioni chirurgiche, lo sfintere urinario artificiale rappresenta il ‘gold standard’ per il trattamento dell’incontinenza maschile grave. Ma si tratta di una procedura invasiva, che non tutti i pazienti accettano. Esistono anche soluzioni meno invasive, come gli agenti volumizzanti, le sling sottouretrali e i palloncini periuretrali, che offrono alternative valide in casi meno gravi.

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