La stretta sulla cannabis light blocca anche l’esportazione verso i mercati esteri. È un’altra conseguenza segnalata dalla Coldiretti per effetto dell’emendamento al Ddl Sicurezza, approvato nelle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera che prevede la stretta sulla cannabis light. Un prodotto secondo la scelta della maggioranza di governo, equiparato a quella non light.
Un comparto a rischio
La decisione contestata subito dalle Associazioni di categoria dell’agricoltura, per la Coldiretti mette a rischio la sopravvivenza di un intero comparto impegnato in una coltivazione dove sono stati fatti investimenti significativi. “Per questo”, sollecita la Confederazione, “chiediamo la modifiche di un emendamento che danneggia pesantemente le aziende agricole. Di fatto l’infiorescenza della canapa rappresenta una parte fondamentale del valore aggiunto della pianta, e vietarne la raccolta e l’essicazione rischia di far crollare un intero settore dove sono impegnati tanti giovani agricoltori.
Aziende non più competitive
Coldiretti, sottolinea in una nota, “aveva espresso più volte la necessità di tutele per gli agricoltori che producono canapa in piena legalità, come pure riconosciuto dalla normativa europea, anche per rispondere a mercati come quelli della nutriceutica, della cosmetica, dell’industria o dell’arredo”. “L’emendamento”, osserva ancora la Confederazione, “che, come detto, toglie la possibilità di raccogliere, utilizzare ed essiccare l’infiorescenza, blocca anche le esportazioni verso i mercati esteri che rappresentano una grossa fetta del nostro mercato tagliando le aziende italiane completamente fuori dalla competizione a livello europeo”.
Italia ex primo produttore
Secondo i calcoli della Confederazione ora si mette a rischio un settore produttivo che conta migliaia di persone impiegate e circa 4mila ettari coltivati. Coldiretti ricorda, infine, che fino agli anni ‘40 la canapa era più che familiare in Italia, tanto che il Belpaese con quasi 100mila ettari era il secondo maggior produttore al mondo dietro soltanto all’Unione Sovietica, poi il declino per la progressiva industrializzazione e l’avvento del “boom economico” che ha imposto sul mercato le fibre sintetiche.