Mentre in Iran, al funerale del leader di Hamas, Haniyeh, si urlava “a morte Israele, a morte gli Stati Uniti”, proprio gli americani hanno cominciato a schierare 12 navi da guerra in tutto il Medio Oriente. Il Pentagono teme un’escalation della tensione e sta programmando ulteriori schieramenti, soprattutto per il controllo dei mari. Le navi includono la portaerei USS Theodore Roosevelt e le sue navi da guerra di supporto, e il Wasp Amphibious Ready Group, una task force anfibia a tre navi che comprende più di 4.000 marines e marinai. Un vero e proprio schieramento di guerra che risponde alle minacce delle autorità iraniane e filo palestinesi degli ultimi giorni. La USS Roosevelt era già nel Golfo Persico da mercoledì con sei cacciatorpedinieri al fianco. La USS Cole, la USS John S. McCain, la USS Daniel Inouye, la USS Russell, la USS Michael Murphy e la USS Laboon saranno schierate in questi giorni. Mentre nel Mediterraneo orientale ci sono le tre navi anfibie – la USS Wasp, la USS Oak Hill e la USS New York – e due cacciatorpedinieri. Nessuna nave da guerra degli Stati Uniti è nel mar Rosso dove, tra l’altro, imperversano i pirati Houthi. Nei giorni scorsi le forze statunitensi hanno anche già effettuato incursioni aeree in Iraq e in Siria prendendo di mira milizie terroriste sostenute dall’Iran.
Teheran, la bomba nascosta
Iran che minaccia rappresaglie e continua a chiamare in causa anche gli Stati Uniti (che smentisce ogni coinvolgimento) nell’attacco a Teheran nel quale è stato assassinato Haniyeh. Attacco che non sembra risultato di un lancio di un missile, ma avvenuto per l’esplosione di una bomba che era nascosta da tempo nella guest house nel quale si trovava il leader di Hamas. Secondo cinque fonti mediorientali, la bomba sarebbe stata nascosta circa due mesi fa negli alloggi gestiti e difesi dai Guardiani della Rivoluzione e che fanno parte di un grande complesso, noto come Neshat, situato in un quartiere benestante di Teheran nord. Il Presidente del Parlamaneto iraniano, Mohammad Bagher Qalibaf, ha affermato che questi attacchi sono condotti sotto la guida e il coordinamento degli Stati Uniti: “Nulla accade senza il coordinamento e il sostegno dell’America criminale”. La tv di Stato iraniana ha trasmesso in diretta il discorso di Qalibaf che ha insistito sul ruolo degli Stati Uniti nell’assassinio di Haniyeh e ha accusato Washington di aver mentito dicendo di non essere stata informata di alcun piano per l’attacco. Intanto migliaia di persone a Teheran hanno partecipato al funerale di Haniyeh, sventolando bandiere iraniane, palestinesi e di Hezbollah. Le riprese tv hanno mostrato le persone in strada che indossavano per lo più abiti neri in segno di lutto, con temperature che già alle 11 del mattino, ora locale, raggiungevano i 33 gradi. È stato utilizzato un gigantesco nebulizzatore per rendere più fresca la temperatura per le persone. Mentre il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha affermato che il Paese “è a un livello molto alto di prontezza per qualsiasi scenario, sia difensivo che offensivo” e ha promesso di “esigere un prezzo molto alto per qualsiasi atto di aggressione contro di noi da qualsiasi fronte”.
Khamenei: colpire Israele
Ieri, infatti, la Guida suprema dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha impartito l’ordine di colpire direttamente Israele come rappresaglia per l’uccisione a Teheran del capo dell’ufficio politico di Hamas, Ismail Haniyeh. Lo scrive il New York Times, citando tre funzionari iraniani al corrente dell’ordine. Secondo le fonti, Khamenei ha impartito l’ordine nel corso della riunione di emergenza del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dell’Iran che si è tenuta poche ore dopo l’annuncio della morte di Haniyeh. Quanto alla morte del leader militare di Hamas, Mohammed Deif, che sarebbe stato colpito nel corso dell’attacco del 13 luglio scorso a Khan Younis, nel sud di Gaza si rincorrono notizie e smentite. Israele sostiene che è morto, mentre Hamas scrive che “Deif sta bene.”
Manifestazioni per gli ostaggi
Le famiglie degli ostaggi detenuti a Gaza hanno annunciato che nel 300esimo giorno di prigionia dei loro parenti, terranno una marcia e un raduno a Tel Aviv. La manifestazione è avvenuta ieri nel segno dello slogan “Affare o abbandono” ed è partita da piazza degli Ostaggi della città costiera. I manifestanti si sono direttiverso il vicino quartier generale militare prima di tornare in piazza. In tutto Israele si sono tenute manifestazioni per chiedere il ritorno a casa di tutti gli ostaggi.