mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Società

Ogni anno in Italia anneggano centinaia di persone, tanti sono bambini

Prevenzione, ma soprattutto sorveglianza per evitare il peggio

Ogni anno in Italia circa 400 persone perdono la vita per annegamento. Di queste, circa 40 (il 10%) sono minori. L’ospedale Bambin Gesù rende noto che al proprio pronto soccorso negli ultimi 10 anni sono arrivati circa 80 bambini e ragazzi vittime di incidenti di balneazione. In vista della giornata mondiale per la prevenzione dell’annegamento del 25 luglio, istituita dalle Nazioni Unite, gli esperti dell’Ospedale forniscono le indicazioni per ridurre al minimo i rischi legati a questo fenomeno.

Prevenzione e sorveglianza

“Sorveglianza, prevenzione e rispetto delle regole sono i 3 fattori più importanti per evitare pericolosi incidenti”, spiega il dottor Sebastian Cristaldi, responsabile del DEA II Livello del nosocomio romano. Secondo i dati sulle cause di mortalità pubblicati dall’ISTAT, in 10 anni in Italia sono morte 3.760 persone per annegamento. Di questi, 429 erano bambini e ragazzi (43 circa ogni anno). Nel Lazio la media di decessi per annegamento è stata di 16 l’anno. In tutto il centro Italia sono morti 55 minori tra il 2012 e il 2021.

Secondo il rapporto pubblicato dall’Osservatorio per lo sviluppo di una strategia nazionale di prevenzione degli annegamenti e incidenti in acque di balneazione dell’Istituto Superiore di Sanità, ogni anno in Italia si registrano 800 ospedalizzazioni per annegamento, circa 60.000 salvataggi (solo sulle spiagge) e più di 600.000 interventi di prevenzione da parte dei bagnini. Presso i pronto soccorso delle sedi del Gianicolo e di Palidoro dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù negli ultimi 10 anni (2014-2023) ci sono stati 76 accessi per annegamento non fatale. Di questi, 69 hanno poi richiesto un ricovero urgente. Quasi la metà degli accessi (36 su 76) sono avvenuti negli ultimi 3 anni.

Non perdere di vista i bambini

Bisogna quindi fare in modo di eliminare gli accessi in acqua non controllati attraverso il corretto utilizzo di barriere fisiche. Vanno tenute chiuse le porte e i cancelli che portano direttamente al mare o in piscina. Laddove non siano presenti, vanno installate le barriere che impediscano l’accesso ai bambini non accompagnati. Bisogna sempre coprire la piscina con l’apposito telo nei periodi dell’anno in cui non viene utilizzata. Controllare la temperatura dell’acqua è un altro aspetto della di prevenzione: l’acqua del mare e della piscina non deve essere troppo fredda poiché può causare episodi di vasocostrizione e aumentare il rischio di malori o mancamenti. Importante poi è l’uso di braccioli e ciambelle che aiutino i bambini a restare a galla. Ancora più importante è far prendere familiarità con l’acqua ai bambini fin dai 6 mesi di vita di modo che possano iniziare corsi di nuoto già a partire dai 2-3 anni.

“La forma di prevenzione più efficace quando si parla di bambini resta comunque la sorveglianza – spiega il dottor Sebastian Cristaldi, responsabile del DEA II livello del Bambino Gesù -. Sorveglianza però non vuol dire solo non perdere mai d’occhio i bambini quando sono vicini o dentro l’acqua, vuol dire anche stargli vicini in modo da poter intervenire tempestivamente in caso di imprevisti. Basta un minuto di distrazione, come una breve telefonata al cellulare, per perdere di vista il bambino che, immergendosi, non riesce a chiedere aiuto”. Nei primi 3 anni di vita un bambino può trovarsi in difficoltà anche in pochi centimetri d’acqua, come quelli di una vasca da bagno o di una piccola piscina gonfiabile. Almeno fino a 5-6 anni di vita, al mare o in piscina, deve esserci sempre la presenza del genitore in acqua. Anche i bambini più grandi non debbono comunque essere persi di vista perché possono essere trascinati sott’acqua da un’onda o da una risacca.

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