“L’Italia? La vera grande protagonista del Summer Fancy Food 2024 di New York”. A conferire la medaglia d’oro al padiglione Italia durante la fiera del cibo più grande del Nord America, è la padrona di casa, Erica Di Giovancarlo, direttrice dell’Ice (Istituto Commercio Estero, ndr) di New York o, come lo chiamano oltreoceano, l’Italian Trade Agency. Dopo la tre giorni della 68esima edizione della fiera del cibo tra le più importanti al mondo, tenutasi all’interno del Javits Center di Manhattan, con oltre 2400 espositori provenienti da tutto il mondo, 800 giornalisti e più di 30mila visitatori, il bilancio sull’Italia è tutto al positivo. Merito “dell’eccellenza e della diversità dei nostri prodotti, inimitabili per la loro unicità e per le loro caratteristiche nutrizionali”, come ci tiene a specificare la direttrice Di Giovancarlo, ma anche grazie all’ottimo lavoro dell’Ice nella progettazione degli stand, divisi per regione, dove l’istituto ha espresso l’autenticità dello stile italiano.
Direttrice, è arrivata qui a New York da pochi mesi e subito è stata catapultata a seguire il più grande evento commerciale food&beverage degli Stati Uniti, il Summer Fancy Food 2024.
“Sì, diciamo che ho avuto un primo battesimo al Winter Fancy Food che si è tenuto a Las Vegas a fine gennaio scorso, ma devo dire che non c’è paragone con questo qui a New York per grandezza, numero di espositori, prodotti e persone. Il Summer Fancy Food di Manhattan è davvero l’evento sul cibo tra i più importanti a livello internazionale e l’Italia ne ha fatto da protagonista, tanto da avere anche per il prossimo anno il titolo di partner country della fiera”.
Per i migliaia di visitatori che hanno girato per le aree dedicate ai diversi Paesi del mondo, nonché per le istituzioni giunte da Roma, in primis il ministro Lollobrigida, il padiglione Italia si è contraddistinto per cura e bellezza.
“C’è stata un’attenzione al dettaglio gestita in maniera meticolosa. Chiunque abbia partecipato a questa edizione, ha conferito all’Italia l’unicità del suo padiglione. Come Ice, un lavoro impegnativo con una cura sulla personalizzazione della grafica molto meticolosa. Abbiamo inoltre creato una grande lounge per le aziende dove riposarsi e dove poter fare networking con i buyers e i distributori americani; un’area di showcooking dove le aziende italiane hanno potuto mostrare le loro abilità, e un’altra isola dedicata solo alla Coldiretti, con seminari di approfondimenti sul food italiano e sulla problematica molto sentita della contraffazione dei nostri prodotti”.
Un problema questo che ha sottolineato anche il ministro Francesco Lollobrigida durante l’inaugurazione del padiglione, poco prima del taglio del nastro.
“Esatto. Il ministro ha citato i tremila anni di storia della nostra cultura culinaria e quanto sia complesso imitare o solo avvicinarsi alla qualità eccellente dei nostri prodotti. Il problema però resta, perché nonostante i nostri siano prodotti unici, soprattutto lì dove la distribuzione non riesce ad arrivare o se arriva apporta dei costi maggioritari sul prezzo finale, si fa spazio il prodotto taroccato, contraffatto”.
Trecentoventi aziende italiane presenti a questa ultima edizione, tra queste circa 280 sotto il padiglione Italia dell’Ice, mentre le restanti sono state inserite nelle aree autonome del Fancy Food. Un numero a dir poco notevole…
“La partecipazione delle nostre aziende è stata davvero numerosa e aumenta di anno in anno. Il Fancy Food di New York è una vetrina molto importante per le grandi, medie e piccole aziende italiane. Degustare cibi di qualità con valori nutrizionali eccellenti fa capire ai visitatori come i nostri prodotti siano davvero diversi e come anche dei semplici spaghetti al pomodoro diventino un piatto prelibato.
La semplicità dei piatti poveri di una volta ha fatto da padrone anche nell’ultimo G7 in Puglia, grazie all’intuizione, alla bravura e al coraggio di uno chef come Massimo Bottura, capace di servire ai big mondiali “pane e pomodoro”.
“È proprio questa semplicità, unita a ingredienti di elevata qualità e alla creatività degli chef italiani, a fare dei nostri piatti un’eccellenza e una memoria precisa nel tempo. Pensi che appena lei ha parlato di pane e pomodoro, io ho ripensato subito alla mia infanzia, a quegli ingredienti semplici usati dalle nonne”.
Qualità, eccellenza, radici e storia. Io aggiungerei patrimonio, per collegarmi alla candidatura della cucina italiana all’Unesco. Quanta possibilità abbiamo, secondo lei, di vedere riconosciuto questo importante conferimento il prossimo anno?
“Abbiamo tutte le caratteristiche per averlo. Noi come Ice stiamo facendo di tutto per proporre la cucina italiana nel mondo cercando davvero di essere sempre presenti per dare la massima visibilità a un vero e proprio patrimonio immateriale tra sostenibilità e diversità bioculturale. Incrociamo le dita”.