I ragazzi devono pensare a vivere perché è l’età in cui esplodono energie, sentimenti, amicizie ed esperienze. Ma c’è un’altra faccia di questa vitalità, quella delle regole, del perimetro dei divieti sociali e personali dove la vita non è solo rose e fiori ma anche spine che servono a far comprendere la durezza dell’esistenza. In questa zona da cui molti ragazzi e con loro le famiglie fuggono, c’è una regola imperativa quella del “Signor SÌ”, perché piaccia o non piaccia la realtà è fatta di assunzione di impegno e di responsabilità.
L’orrore nel parco della morte
I casi di cronaca in cui sono coinvolti ragazzi, – certo una minoranza ma il dato cresce in modo esponenziale – vedono protagonisti degli adolescenti che sono partecipi a fatti da far rabbrividire. L’ultimo caso è quello accaduto a Pescara dove un sedicenne è stato ucciso da due suoi coetanei, in un parco per bambini con 25 coltellate. Un caso che gli inquirenti hanno definito inaudito per la “totale mancanza di empatia”, che lascia più che interdetti, totalmente smarriti per le motivazioni – 250 euro forse anche meno, non restituiti al suo aguzzino, frutto di un piccolo spaccio di droga -. Gli elementi terribili sono più di uno non solo l’assassinio, ma la spietata crudeltà per cui la vittima è stata colpita e insultata anche in agonia; la cieca disinvoltura del gruppetto di amici nell’andare al mare, senza un segno di risentimento o di timore per le conseguenze di un atto così inaudito. Infine un pomeriggio trascorso sul lettino prendi sole come se nulla fosse con il solito rito del selfie per immortalare se stesso. Tanta disumanità forse ha forme patologiche oppure molto meno psicologiche, perché siamo di fronte al crollo di alcuni valori fondanti di comunità sociali. Si avverte, infatti, l’affermarsi di una contrarietà alle regole vissute non come convivenza civile ma limitanti la propria azione, quindi da abbattere. C’è lo sdoganamento in ogni dove dai social alle fiction, degli impulsi asociali come fatto di identità di gruppo. Si confida nel frattempo in un sentimento di impunita per i propri atti, di poter fare ciò che si desidera senza avvertirne i limiti, il peso delle responsabilità e le conseguenze. Non tutti i giovani, e maggior ragione gli adulti, sono così, perché sappiamo in quanti si impegnano per una società e vita migliori. Ma non si può per il resto far finta di nulla.
Educazione civica e mini leva
Ci sono molte osservazioni sul perché una parte giovani si sia sganciata da tutto quello che finora ha portato al benessere e convivenza sociale. Molte analisi sono indulgenti considerando la causa maggiore nel mondo degli adulti, oppure nel declino dell’Occidente, nella fine di un modello di sviluppo, etc . Cose vere ma sarebbe anche logico pensare che le responsabilità sono personali, che l’arbitrio delle azioni violente va fermato. Che è necessario ridare senso alla vita ristabilendo un “Patto sociale”, che non è una bolla social ma l’inchinarsi a regole condivise e stringenti. Tra le proposte da considerare c’è il riproporre una mini leva militare magari di soli sei mesi, per comprendere la necessità della disciplina, il valore positivo anche di un “Signor Sì”, o ancora, essere partecipi di azioni di solidarietà per comprendere le difficoltà e la sofferenza umana prestando servizio di volontariato in alcuni reparti ospedalieri, in case di riposo, essere dove c’è necessità. Va dato spazio nelle scuole alla Educazione civica per essere cittadini consapevoli. Possiamo fare molto e lo dobbiamo fare con urgenza.
I dati di una emergenza
Il tempo stringe e lo ricorda la Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia nel 2024 e la condanna di Papa Francesco contro l’abuso e il traffico illecito di droga e gli “assassini e trafficanti di morte”. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano nell’illustrare i dati del consumo e diffusione di sostanze stupefacenti parla di una “diffusione pandemica delle sostanze stupefacenti, con un abbassamento dell’età di primo approccio, la diffusione dell’uso abituale e l’incremento del principio attivo”. Sono cifre sulle quali non si può sorvolare: nel 2023 quasi 960mila giovani tra i 15 e i 19 anni, pari al 39% della popolazione studentesca, riferisce di aver consumato una sostanza psicoattiva illegale almeno una volta nella vita e oltre 680mila studenti (28%) nel corso dell’ultimo anno.
Cambiare si può
“La strada non è quella dell’isolamento”, osservano Mantovano e i ministri Orazio Schillaci e Antonio Tajani, durante la divulgazione dei dati, ”non c’è mai nulla di ineluttabile e definitivo. La libertà non è fare quello che si vuole ma mettere se stessi nelle condizioni di esercitare le responsabilità che la vita ci chiama a esercitare fino in fondo”. Sono parole sagge che superano le ideologie e le appartenenze politiche. Bisogna fare di più per scongiurare l’orrore, i drammi e le tristi storie di ragazzi che si pregiudicano il futuro e la pienezza di una lunga vita.