giovedì, 20 Giugno, 2024
Politica

Draghi: “All’Europa serve una nuova spinta”

Un’Europa a cui serve più crescita e cooperazione è quella che immagina per il futuro l’ex Premier Mario Draghi, il quale ieri ha ricevuto il premio europeo ‘Carlo V’ dal re di Spagna, Filippo VI, e che, durante la cerimonia, ha detto la sua su varie tematiche, dal commercio, agli investimenti, passando per le europee e la nomina dei commissari per le quali si è detto fiducioso per il futuro.

L’ex Primo Ministro italiano ha esordito parlando dell’età sempre più avanzata sul nostro continente: “Con il passare degli anni, le società stanno invecchiando, ponendo nuove sfide al nostro modello sociale. Parallelamente, mantenere elevati standard di protezione sociale e di redistribuzione rimane un imperativo non negoziabile per gli europei. Emergono inoltre nuove necessità: adattarsi ai rapidi cambiamenti tecnologici, potenziare le capacità di difesa e realizzare una transizione verso la sostenibilità ambientale. Nel frattempo, il precedente paradigma che sosteneva i nostri obiettivi comuni sta svanendo, con l’era del gas importato dalla Russia e del commercio mondiale aperto che volge al termine. Affrontare questi cambiamenti – ha continuato – richiederà una crescita più veloce e efficace, con l’incremento della produttività che rappresenta il principale mezzo per raggiungere tale obiettivo”.

Produttività che “negli ultimi tempi, e per un periodo prolungato, è rallentata. La disparità nella crescita della produttività tra Stati Uniti e Unione Europea è principalmente attribuibile al settore tecnologico e alla digitalizzazione in generale”.

Nuove tecnologie

Le nuove tecnologie, in particolare quelle legate all’intelligenza artificiale, secondo Draghi, sono al centro del problema della distanza tra Europa e Usa: “Circa il 70% dei modelli fondamentali di intelligenza artificiale è sviluppato negli Stati Uniti, basti pensare che solo tre aziende statunitensi dominano il 65% del mercato globale del cloud computing. Per ridurre questo divario, prima di tutto, dobbiamo lavorare per far calare il costo dell’energia”.

I costi dell’energia

Proprio il tema energetico è stato il prosieguo del suo lungo discorso: “L’Europa si trova con prezzi dell’elettricità per gli utenti industriali che sono 2-3 volte superiori rispetto agli Stati Uniti. Questo divario è principalmente dovuto al ritardo nell’implementazione di nuove capacità energetiche pulite, alla mancanza di risorse naturali, al limitato potere contrattuale collettivo e ai problemi nel mercato interno dell’energia. Questi costi stanno causando una diminuzione degli investimenti sul continente e ostacolano la transizione verso una produzione più digitale, considerando che l’intelligenza artificiale richiede un’elevata intensità energetica. Una maggiore produttività dipende dalla creazione di un vero mercato europeo dell’energia”.

L’innovazione

L’ex Presidente della BCE ha proseguito parlando di innovazione, sempre con un occhio puntato alla concorrenza statunitense: “L’ambiente dell’innovazione in Europa richiede una profonda riflessione, considerando che le imprese europee investono circa la metà delle loro controparti statunitensi in ricerca e innovazione (R&I), con un divario annuo di circa 270 miliardi di euro. Il passaggio dalla ricerca fondamentale alla commercializzazione delle idee è un punto debole, mentre l’assenza di cluster di innovazione europei tra i primi 10 a livello globale e le difficoltà delle università nel trattenere i migliori talenti sono evidenti.

L’UE deve pertanto definire la R&I come una priorità collettiva e creare le condizioni per una diffusione più rapida dell’innovazione nell’economia. È essenziale eliminare gli ostacoli che limitano l’attività transfrontaliera nel mercato unico, specialmente per la digitalizzazione come nel caso del cloud computing nella pubblica amministrazione, che richiede un quadro normativo unificato.

La politica – ha proseguito Draghi – della concorrenza deve favorire la scalabilità, bilanciando criteri di innovazione e resilienza in risposta ai cambiamenti di mercato e contesti geopolitici, evitando concentrare troppo il mercato a scapito dei consumatori. Parallelamente, per rafforzare la forza lavoro, sarà cruciale migliorare i sistemi di istruzione e formazione, promuovere l’apprendimento continuo tra gli adulti e facilitare l’ingresso di lavoratori altamente qualificati provenienti da Paesi terzi”.

“Rispetto agli Stati Uniti – ha proseguito l’ex Premier – l’assenza di un bilancio federale in Europa ci mette in una posizione di svantaggio. Attualmente, gli strumenti di finanziamento sono divisi tra il livello europeo e quello nazionale, con una definizione delle priorità poco chiara e un coordinamento limitato. Questa frammentazione normativa ha complicato gli investimenti a lungo termine. Ci sono ampi margini di miglioramento attraverso una chiara definizione delle priorità, semplificazione normativa e migliore coordinamento dei vari strumenti di finanziamento”.

Investimenti pubblici

Ottimizzare la spesa pubblica, però, non basterebbe “considerando il massiccio fabbisogno di finanziamenti per la transizione verde e digitale. Con spazi fiscali limitati sia a livello nazionale che, fino ad oggi, europeo, la maggior parte dei finanziamenti dovrà provenire dal settore privato. Sarà necessario mobilitare il risparmio privato su una scala senza precedenti, ben oltre le attuali capacità del settore bancario.

La principale fonte di raccolta dei fondi necessari sarà lo sviluppo dei mercati del capitale di rischio, delle azioni e delle obbligazioni”. Aggiungendo che “i settori che beneficerebbero notevolmente degli investimenti pubblici, come le infrastrutture e la ricerca e innovazione (R&I), potrebbero autofinanziarsi attraverso un aumento nell’emissione di debito pubblico. Riguardo al finanziamento comune a livello europeo, ci sarebbero enormi vantaggi derivanti da una forma di finanziamento comune”.

Il commercio

Sul finire del suo intervento, spazio anche per una riflessione sul commercio e le condizioni che hanno portato, in precedenza, alla prosperità dell’Ue: “Il paradigma passato di prosperità, basato sulla stabilità geopolitica, è minacciato dal deterioramento delle relazioni geopolitiche. Questo scenario impone all’Europa di adottare un approccio rivisitato verso la propria capacità industriale, soprattutto nei settori strategici come difesa, spazio, materiali critici e farmaceutici. È essenziale ridurre la dipendenza da Paesi inaffidabili”.

Draghi ha una ricetta perché ciò possa avvenire: “Fondamentale è una valutazione comune dei rischi geopolitici e lo sviluppo di una politica economica estera coesa per coordinare accordi commerciali, investimenti diretti e la gestione delle risorse strategiche. Per stimolare gli investimenti aziendali e la capacità produttiva, è necessario aumentare la spesa interna aggregata a livello europeo”.

Non è mancato un monito su quali saranno le sfide da affrontare e dei pericoli da evitare: “L’Europa ha il dovere di proteggere la sua prosperità senza diventare protezionista. È particolarmente vulnerabile all’inazione sul commercio e alle conseguenze delle azioni di altri Paesi. Inoltre, deve gestire la concorrenza delle importazioni cinesi più economiche e tecnologicamente avanzate, supportate da sussidi e protezioni che minacciano l’occupazione locale, spesso portando alla delocalizzazione delle industrie europee”.

Concludendo, le risposte che il Vecchio Continente dovrà dare per proteggere i propri affari “includono il ripristino dell’ordine commerciale multilaterale danneggiato, l’attrazione di investimenti esteri diretti per preservare i posti di lavoro nel manifatturiero europeo, e l’uso mirato di sussidi e tariffe per controbilanciare i vantaggi ingiusti all’estero. Questo approccio deve essere pragmatico, equilibrando gli interessi industriali con la protezione dei consumatori e garantendo che le politiche adottate non incentivino la delocalizzazione delle industrie europee”.

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