Il lavoro minorile è un fenomeno globale che non risparmia nemmeno l’Italia. A lanciare l’allarme è Save the Children. Nonostante le leggi e le normative, migliaia di bambini e adolescenti italiani sono coinvolti in attività lavorative, spesso svolte in modo sommerso e invisibile. Secondo l’indagine ‘Non è un gioco’, sono circa 336mila i minorenni tra i 7 e i 15 anni che hanno avuto esperienze di lavoro. Un dato allarmante, che equivale a quasi 1 minore su 15, mette in luce una realtà che continua a compromettere il futuro di tanti giovani.
La ricerca rivela che il 27,8% dei 14-15enni che lavorano ha svolto attività particolarmente dannose per i loro percorsi educativi e per il benessere psicofisico. Questi lavori sono spesso percepiti come pericolosi dagli stessi ragazzi, includono orari notturni o sono svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico. La mancanza di una rilevazione statistica sistematica in Italia rende difficile definire i contorni del fenomeno e intraprendere azioni efficaci di contrasto.
Giornata mondiale
Domani si celebra la Giornata mondiale contro il lavoro minorile, istituita dalle Nazioni Unite per sensibilizzare sulla gravità e sulle conseguenze di questo fenomeno. In occasione di questa giornata, l’indagine ‘Non è un gioco’ è stata riproposta per stimolare la riflessione e l’elaborazione di interventi efficaci per combattere il lavoro minorile e la dispersione scolastica. Il podcast ‘Non è un gioco’, realizzato in partnership con Will Media e disponibile su Spotify e altre piattaforme, approfondisce il tema attraverso testimonianze dirette e analisi di esperti. Diversi fattori spingono i minori a lavorare. Il 56,3% dei ragazzi lavora per avere soldi per sé, il 32,6% per aiutare economicamente la famiglia e il 38,5% per il piacere di farlo. Il livello di istruzione dei genitori, soprattutto della madre, è significativamente associato al lavoro minorile, indicando una trasmissione intergenerazionale della povertà e dell’esclusione.
La maggioranza dei minori che lavorano (53,8%) inizia dopo i 13 anni, ma un preoccupante 6,6% inizia prima degli 11 anni. Circa due terzi dei minorenni coinvolti nel lavoro sono di genere maschile (65,4%) e il 5,7% ha un background migratorio.
I settori
I settori in cui il lavoro minorile è più diffuso includono la ristorazione (25,9%), la vendita al dettaglio (16,2%), le attività agricole (9,1%), i cantieri (7,8%) e le attività di cura di familiari (7,3%). Nuove forme di lavoro online, come la creazione di contenuti per i social media o il reselling di prodotti, emergono come nuove aree di coinvolgimento. Il lavoro minorile ha conseguenze dirette sulla dispersione scolastica. Quasi un terzo (29,9%) dei 14-15enni intervistati lavora durante i giorni di scuola e il 4,9% salta le lezioni per lavorare. Questo porta a un tasso di bocciatura quasi doppio tra chi ha lavorato rispetto a chi non ha mai lavorato.
Il fenomeno del lavoro minorile può influenzare anche la futura condizione di giovani NEET (Not in Education, Employment, or Training). In Italia, oltre 1 milione e 500mila giovani tra i 15 e i 29 anni rientrano in questa categoria, con un tasso tra i più alti in Europa.
Sistema di giustizia minorile
Un focus particolare è stato dedicato ai minori coinvolti nel circuito di giustizia minorile, esplorando il nesso tra povertà educativa, esperienze di lavoro minorile e coinvolgimento in attività illegali. La ricerca evidenzia alti tassi di dispersione scolastica tra questi minori, con frequenti casi di abbandono precoce della scuola e percorsi di insuccesso scolastico.