martedì, 25 Giugno, 2024
Società

Il 65% delle piccole imprese pratica l’economia circolare

Sono 34 le 'materie prime critiche' cruciali e 17 quelle 'strategiche'

Tra i focus di questo anno, le piccole e medie imprese e l’economia del riciclo o circolare. Con un’indagine realizzata tra dicembre 2023 e gennaio 2024, in collaborazione con CNA, presentata nei giorni scorsi daCen (Circular Economy Network) è stato chiesto a 800 piccoli imprenditori (il 49% nei servizi, la restante metà nell’industria e in particolare il 35,5% nella manifattura e il 14,1% nelle costruzioni) cosa pensano e soprattutto come agiscono rispetto alle politiche green. Il 65% del campione delle piccole imprese intervistate dichiara di mettere in atto pratiche di economia circolare: oltre il doppio rispetto a quanto rilevato nel 2021. Inoltre, il 10% delle imprese ha intenzione di avvicinarsi all’economia circolare nel prossimo futuro. Gli interventi realizzati più spesso riguardano l’uso di materiali riciclati (68,2%), la riduzione degli imballaggi (64%), interventi per la durabilità e la riparabilità del prodotto (53,2%).

Riduzione costi di produzione

Rispetto ai principali vantaggi dell’adozione di misure di economia circolare, il 70,4% delle imprese indica la maggiore sostenibilità ambientale, la riduzione dei costi di produzione (61%), la maggiore efficienza (35,6%) e l’impulso all’innovazione (34,2%). Per il 61% delle imprese coinvolte nel sondaggio le misure di economia circolare generano benefici in termini di riduzione dei costi. L’indagine conferma che le piccole imprese possono svolgere un ruolo di primo piano nella transizione verso un’economia circolare. Ma è necessario che le politiche pubbliche siano maggiormente orientate in questa direzione.

Recuperare materie prime

Nel 2023 la Commissione europea ha identificato 34 “materie prime critiche” cruciali per la nostra economia. Ne sono state classificate come strategiche 17: il rame è una di queste. E si stima che entro il 2050 la sua domanda potrebbe raddoppiare. Il problema è che l’Europa ha solo il 3% delle riserve globali, mentre la maggior concentrazione di riserve si trova in Cile (31%), Perù (11%), Repubblica Democratica del Congo (9%). Di qui l’uso del “rame secondario”: il rame è ampiamente riciclabile e già oggi riciclato in quantità significative che vanno ulteriormente aumentate. Stesso discorso per un’altra categoria di materie prime critiche, le ‘terre rare’, alcune delle quali, usate nei magneti permanenti, sono anche strategiche per le rinnovabili, la mobilità elettrica e l’elettronica. A livello mondiale, l’85% circa delle terre rare leggere e tutte le terre rare pesanti impiegate dipendono dalla Cina. Anche in questo caso, la richiesta di terre rare potrebbe aumentare sensibilmente, addirittura decuplicare entro il 2050. Le riserve mondiali di terre rare sono concentrate, ancora una volta, in Cina (44 Mt), Vietnam (22 Mt), Brasile (21 Mt) e Russia (12 Mt). Il principale fornitore – circa l’80 % – di materia raffinata per l’Europa? Sempre la Cina. Secondo il rapporto Cen, le attività economiche che impiegano le terre rare sono responsabili dell’11,4% del fatturato dell’intero manifatturiero italiano. “Rendersi dunque indipendenti dalle importazioni attraverso l’economia circolare è più che un auspicio, una necessità.”

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