lunedì, 23 Dicembre, 2024
Geopolitica

Il gelo tra Usa e Cina e i calcoli sbagliati di Xi

La Cina trae vantaggi economici dalla guerra in Ucraina ma forse paga dei prezzi politici alti nei rapporti con gli Stati Uniti?

I vantaggi economici per Pechino non sono enormi perché il commercio tra Cina e Russia è solo una minima frazione di quello che è l’interscambio commerciale di Pechino con l’America e il mondo occidentale. L’attrito tra Cina e Usa viene prima e andrà al di là della guerra in Ucraina. Blinken ha chiesto a Xi di limitare la sua assistenza allo sforzo bellico  russo minacciando sanzioni pesanti per le aziende cinesi. La guerra in Ucraina e la crisi in Medio Oriente aiutano la Cina a tenere lontana da se stessa l’attenzione dell’ America.

Fino a che punto Pechino potrà insistere nel sostegno non solo diplomatico politico ma anche, sottobanco, militare alla Russia?

 A Xi conviene per certi versi che questa guerra vada avanti: più dura la guerra più l’America è distratta dalla Cina. Ma è un diversivo da prendere con  le pinze perché Pechino  non è interessata a essere trascinata completamente in una guerra russa che si estenda.

La Cina potrebbe utilizzare il suo sostegno a Putin come merce di scambio in una trattiva con l’America?

No, perché per l’America il problema principale è la Cina non è la Russia che è un obiettivo secondario. Intorno alla Cina ci sono anche le preoccupazioni dell’India, del Giappone, del Vietnam e anche di Paesi come l’Indonesia.

Gli Stati Uniti stanno stringendo una sorta di cordone sanitario intorno alla Cina, con un perno fondamentale costituito dall’India?

L’India nel QUAD (Quadrilateral security Dialogue) è molto attiva e sui rapporti con la Cina  ha una convergenza molto forte non solo con l’America e l’Australia ma anche col Giappone e con il Vietnam.

La recente visita di Blinken a Pechino ha portato qualche miglioramento nei rapporti tra Usa e Cina?

Blinken se n’è andato da Pechino senza essere accompagnato da alcun funzionario cinese. Segno della freddezza di Xi. Nei prossimi mesi non c’è da aspettarsi alcuna evoluzione positiva. Non è che l’America si è svegliata oggi sulla Cina. Era già cominciata con il pivot to Asia di Obama quasi 15 anni fa, poi si è rafforzata con l’amministrazione Trump e ancor di più con Biden. L’unica cosa su cui la politica americana è compatta è la preoccupazione per la Cina

C’è una linea rossa che la Cina non deve superare per non scatenare una reazione americana di grande portata, commerciale, finanziaria e forse anche militare?

Ci sono vari punti: l’appoggio alla Russia, la tutela americana sul Mar cinese meridionale, sul confine conteso con l’India, le pressioni su Taiwan. Ormai c’è una linea rossa contigua lungo tutto il confine che purtroppo si stringe sempre più

Quindi pessimismo sui rapporti tra  Cina e Stati Uniti?

Il problema tra Cina e Stati Uniti non è passeggero. Gli americani ci tengono a non parlare di una nuova guerra fredda. Però nell’ultimo numero di Foreign Affairs è stata quasi sdoganata. Io credo che per ora gli Stati Uniti vogliano comunque trattare perché ci sono tanti dossier su cui Washington cerca comunque un dialogo. C’è un interscambio ancora importante, il decoupling è molto difficile, molto complicato ma il derisking è in corso: gli Usa non cedono più tecnologia alla Cina e la Cina non cede più tecnologia all’estero.

Ci sono falchi e colombe nell’amministrazione Biden sui rapporti con la Cina?

Non mi pare. Il Segretario al tesoro Yellen che è stata spesso in Cina di recente col sorriso in bocca ha detto chiaro e tondo che c’è una sovraccapacità produttiva in Cina che Pechino non deve riversare all’estero, perché se lo fa va a  distruggere l’economia mondiale.

E’ la questione cruciale.

La preoccupazione è a 360°: aspetti industriali, finanziari, geopolitici e ideologici. Sulla stampa americana e su quella anglosassone non c’è un solo articolo positivo o neutro sulla Cina.

La contrapposizione è forte e resterà tale a lungo.

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