Il fenomeno delle ‘auto storiche’ è sempre più diffuso in Italia, ma secondo il Codacons questa tendenza nasconde alcune anomalie che potrebbero avere conseguenze dannose sul piano ambientale, della sicurezza stradale e sul fronte erariale. L’associazione ha presentato un esposto ad Antitrust, Corte dei Conti e Ministero dei Trasporti, denunciando le criticità del settore. Nel nostro Paese su un totale di 40,2 milioni di auto circolanti le vetture che hanno un interesse storico e collezionistico sono circa 4,3 milioni, per un valore complessivo pari a 104 miliardi di euro. Secondo le ultime stime in Italia 553mila vetture sono certificate come ‘storiche’, ma di queste solo il 20% avrebbe effettivamente i requisiti per ottenere il riconoscimento previsto dalle norme vigenti e, quindi, godere delle esenzioni totali o parziali sulle tasse automobilistiche (bollo auto, Ipt, polizze assicurative, ecc.). L’80% del parco auto certificato come ‘storico’ risulterebbe oggi usato quotidianamente per assolvere alle normali funzioni da mezzo di trasporto, e tra questi vi sarebbero anche furgoni commerciali in pieno esercizio, denuncia il Codacons.
La disciplina di riferimento
Nel nostro ordinamento la disciplina di riferimento è costituita dall’art. 60 del Codice della Strada secondo cui ‘rientrano nella categoria dei motoveicoli e autoveicoli di interesse storico e collezionistico tutti quelli di cui risulti l’iscrizione in uno dei seguenti registri: ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI’. L’art. 215 del D.P.R. 16 dicembre 1992 classifica gli autoveicoli di interesse e/o collezionistico, quelli iscritti nei Registri dell’art. 60 del Codice della Strada con una anzianità di 20 anni – spiega l’associazione –. Tuttavia sembrerebbe emergere come tali Registri, così come elencati dal Codice della Strada, siano mere associazioni private le quali non eseguirebbero gratuitamente tale operazione, ma proprio al fine di rilasciare la certificazione finale richiesta, richiederebbero all’utente un’iscrizione all’associazione stessa. Oltre alla quota associativa, verrebbe chiesto ai proprietari delle auto di effettuare un ulteriore pagamento all’ente certificatore per ottenere l’attestazione storica del proprio mezzo. Il compito di realizzare l’istruttoria per il rilascio della certificazione verrebbe assegnato a semplici amatori di federazioni private che non possiederebbero formazione alcuna, né alcun titolo riconosciuto che ne acclari la competenza, e ciò crea una grande sperequazione di valutazioni sul territorio nazionale.
Il rischio
Il rischio – denuncia il Codacons nell’esposto – è che siano qualificate impropriamente come storici veicoli semplicemente vecchi, quotidianamente utilizzati dai proprietari per la circolazione stradale, godendo di agevolazioni fiscali con grave danno tanto all’ambiente, considerate le emissioni inquinanti delle auto più anziane, quanto alla sicurezza stradale. Una presunta posizione di oligopolio posta in essere dalle associazioni iscritte nei Registri che potrebbe inoltre generare un danno erariale stimato in circa 30 milioni di euro all’anno, considerate le esenzioni delle tasse automobilistiche di cui godono i proprietari delle auto storiche. Per tali motivi il Codacons ha chiesto ad Antitrust, Corte dei Conti e Mit, oltre che alla Procura di Roma e alla Guardia di Finanza, di indagare a tutto campo sul settore delle auto storiche, allo scopo di accertare eventuali irregolarità a danno della concorrenza e delle casse pubbliche.