Fare propaganda con la guerra, soffiare sui conflitti con il rischio di una escalation, non è mai una buona idea e nemmeno l’esercizio di una buona politica. Non lo è in particolare per l’Europa che non ha difese militari, non possiede un esercito. L’Unione è espressione di Nazioni liberali, democratiche dove c’è – anche nei Paesi dell’ex blocco sovietico – una opinione pubblica sensibile che determina le scelte dei Governi.
Il rischio di guerra in Europa
Ad alzare la tensione, mentre dovrebbe essere il contrario, arrivano le parole del presidente francese francese Emmanuel Macron sulla possibilità di inviare truppe occidentali in Ucraina nel caso in cui la Russia riesca ad avanzare sul fronte orientale e Kiev ne faccia richiesta. “Se i russi dovessero sfondare le linee del fronte, dovremmo legittimamente sollevare la questione dell’invio di truppe”. Scenario bellico anche quello previsto dal ministro britannico Cameron che sottolinea come Kiev “ha diritto” di colpire in Russia, anche con le armi fornite dall’Europa e America. Dichiarazioni che hanno innescato le repliche del Cremlino che rilancia minacce anti europee, comprese quella di un confronto bellico diretto. A far sentire la sua voce e porre fine alla propaganda militare francese, è il nostro ministro della Difesa, Guido Crosetto che sottolinea come l’Italia sia contraria a ogni invio di truppe. “La nostra posizione non cambia: abbiamo sempre detto che l’Ucraina andava aiutata in ogni modo possibile, e lo stiamo facendo, ma abbiamo anche sempre escluso un intervento diretto nel conflitto dei nostri militari“.
Fermare la propaganda
C’è da chiedersi se quelle francesi e inglesi sono parole avventate? Sono il frutto di una geopolitica cavalcata da Nazioni che fino a pochi decenni fa erano protagoniste anche coloniali, ed ora fanno i conti con un mondo in rapido cambiamento? Sono dichiarazioni di propaganda e una fuga in avanti rispetto alla realtà? Noi crediamo in questa ultima ipotesi. Propaganda che tuttavia non è innocua, perché incitare allo scontro diretto, significa muoversi sulla lama del rasoio.
L’odio che genera violenze
La realtà che si legge nei quotidiani bollettini di guerra sono le centinaia di morti di giovani soldati che non avrebbero immaginato di finire nel micidiale mirino di droni, di cittadini inermi uccisi dai missili, di tanti bambini innocenti morti per rappresaglie cieche fatte con ogni tipo di arma. Efferatezza contro efferatezza, odio contro odio, armi sempre più micidiali e devastanti. Di fronte al muro contro muro, si ergono tuttavia nuove possibilità di negoziati, ipotesi di tregue, di un cessate il fuoco, di spiragli di pace. A percorrere queste strade di dialogo, di rispetto umano, è in primo luogo Papa Francesco. Il Santo Padre ci pone di fronte ai suoi accorati appelli. “La guerra è una sconfitta. Sempre”, ricorda il Pontefice, “oggi gli investimenti che danno più rendimento sono le fabbriche di armi. È terribile guadagnare con la morte”. Lo sforzo del Vaticano nel cercare di porre le ragioni umane contro quelle dell’odio, lo testimoniano, le diverse iniziative di due esponenti della chiesa. Il cardinale Matteo Zuppi che dall’invasione russa dell’Ucraina, ricorda come: “bisogna tenere aperti tutti i canali, pur di interrompere il massacro”; e il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme, che chiede la fine delle ostilità in Palestina per alleviare sofferenze e distruzioni.
La “Teologia della Pace”
Dietro questo impegno c’è una iniziativa della Chiesa che noi vogliamo sostenere e porre in evidenza, quella di una ‘Teologia della pace”. Lo spiega il Cardinale Pizzaballa, che ha tenuto all’Università Lateranense di Roma, una lectio magistralis. Per il Cardinale, il primo passo cruciale è guardare al futuro con speranza e costruire una pace duratura a patto di che ci sia un “processo di purificazione della memoria”. Le ferite del passato devono essere curate e riconosciute da entrambe le parti coinvolte nel conflitto.
La Chiesa in questo disegno ha il compito di creare spazi per incontrarsi e dialogare. “Questi spazi”, invoca il Patriarca latino di Gerusalemme, “possono fungere da terreno neutro e sicuro in cui si possano esplorare soluzioni pacifiche e sostenibili”.
Il vertice in Svizzera
Inoltre è necessario che riesca a decollare il primo vertice sulla pace in Ucraina che si terrà il 15 e 16 giugno a Bürgenstock. È l’iniziativa annunciata dalla presidente della Confederazione svizzera Viola Amherd, che spera di poter dar forza a un futuro processo di pace realizzato a “tappe congiunte”. La Svizzera ha invitato più di 160 delegazioni, tra cui quelle dei Paesi membri del G7, del G20 e dei Brics. Invitato anche il Vaticano e il Patriarcato di Costantinopoli.
Vinca l’opera di San Benedetto
Oltre alle armi e la propaganda di guerra ci sono spiragli di negoziati. Sono segnali fragili, spesso sottaciuti ma che vedono l’impegno di tante persone di buona volontà animate dal desiderio di fraternità tra popoli. Di fronte alle arroganze, ai soprusi, alle violenze di ogni genere, è possibile dare ancora una possibilità alla pace. Dare spazio alla mitezza può essere una via, quella che fu di San Benedetto che del resto è il santo protettore dell’Europa.