In una sorta di scenario per un pubblico globale, abbiamo assistito a un cambio di paradigma. L’attacco diretto dell’Iran ad Israele e la conseguente risposta. In entrambi i casi è sembrata poco più che una dimostrazione muscolare. Ai turisti del Medio Oriente è sembrata quasi una messinscena, ma da quelle parti molto è cambiato a partire dallo Stato Iraniano che contende ad Israele il ruolo di superpotenza regionale ( il terzo attore è la Turchia, ma per necessità di sintesi e rilevanza nello specifico la tralasceremo).
Sempre per esigenze di spazio procediamo compiendo una riduzione di complessità. Quando si parla di Iran si parla di Persia e persino la religione musulmana viene declinata in funzione imperiale nello sciismo. Lo Stato degli Ayatollah è composto da quattro etnie di cui due dominanti e non lo si deve pensare come alla dittatura di un uomo solo, ma come ad un complesso strutturato in cui convivono anime differenti anche non particolarmente religiose. Queste anime dialogano e si confrontano/scontrano sulle posture da prendere volta per volta nel quadro internazionale. Nella regione il modello iraniano è un modello di successo per una serie di ragioni: ha legato a sè le milizie filo palestinesi, prima fra tutte Hezbollah, ma anche Hamas.
A beneficio di qualche sprovveduto manifestante che spesso confondono il Giordano con il Nilo, L’Iran non ha particolare interesse nella costituzione di uno stato palestinese, al contrario lo status quo nei territori è fondamentale per far collidere le agende Iraniane e delle suddette milizie. Il minimo comune denominatore? La cancellazione dello Stato di Israele. Ha sostenuto e sconfitto i sauditi nello Yemen, appoggiando gli Houthi (che non sono una etnia, ma un partito divenuto milizia il cui nome deriva dal loro fondatore).
Ha truppe presenti (i pasdaran) sia in Siria che in Iraq tanto che è divenuto molto fumoso il confine tra questi due Stati. Gli iraniani guardano a sé stessi come i figli dell’antica Persia in una continuità storica che si impara nelle scuole e in questa continuità rimangono uno dei perni dell’anti occidente. Lo sono da sempre e qualsiasi cambio di regime dovrà avere questa caratteristica per avere il consenso popolare.
Quanto sopra per cercare di dare una rappresentazione generale di uno Stato, quello iraniano, che ha una strategia precisa nella regione, e che mantiene un deterrente nei confronti di Israele. Ovviamente il primo punto nell’agenda iraniana è interrompere quelli che sono gli accordi di Abramo, che di fatto pongono gli stati arabi firmatari sotto la protezione dell’unica potenza atomica della regione, ossia Israele. Di fronte all’arsenale atomico di Israele ci si deve chiedere quale sia il deterrente iraniano. Partiamo dal presupposto che l’Iran possiede una tecnologia missilistica di ottimo livello, probabilmente anche grazie agli ottimi rapporti con Russia e Cina. Questo si traduce in un arsenale balistico e ipersonico capace di mettere in difficoltà le difese Israeliane. Senza entrare nel tecnico l’Iran ha in dotazione missili balistici a propellente solido e liquido con testate convenzionali devastanti in grado di colpire Israele in 12 minuti. Un esempio è il Quadr 110 o la classe Shabab (ma potremmo citare anche l’Emad dotato di una testata guidata MARV).
Secondo fonti militari questi missili hanno uno scarto di 6/10 metri con la capacità di correggere la traiettoria nell’ultimo tratto al rientro nell’atmosfera. E’ di immediata evidenza che se quell’uno per cento di missili che non sono stati intercettati ed hanno colpito la fine di una pista o il serbatoio dell’acqua di una base è perché così è stato voluto dall’Iran. Un’ulteriore riflessione che è rilevante ai fini dell’analisi. L’Iran possiede centinaia di questi missili e la tecnologia balistica è relativamente poco costosa in generale. Al contrario i sistemi antimissili balistici, compreso quello utilizzato da Israele (che non è l’Iron Dome che va bene per razzi e droni a basso costo), ossia il sistema Arrow, hanno costi che sono esorbitanti e dei limiti industriali strutturali per la produzione. Per dare un’idea si stima che la difesa dei cieli di Israele sia costata intorno al miliardo di dollari.
Tutto quanto sopra per rappresentare che l’Iran ha la capacità di saturare i sistemi antimissile israeliani come l’Arrow. senza contare che se si verificasse un vero attacco coordinato con i suoi proxy, (come Hezbollah, che hanno una riserva di razzi molto più ampia di Hamas, la quale durante l’attacco del 7 ottobre era riuscita a saturare il sistema Iron Dome), probabilmente duranteil primo giorno la saturazione del complesso antimissile israeliano sarebbe completa.
Questo è il deterrente iraniano e spiega la moderazione degli Israeliani nella risposta con pochi droni, probabilmente partiti dalla base israeliana nell’Azerbaijan e che comunque ha dimostrato all’Iran di poterlo colpire al cuore, senza dover sorvolare altri territori.
In conclusione si potrebbe dire tanto rumore per nulla, ma non era mai successo che l’Iran attaccasse direttamente Israele e questo cambio di postura non va sottovalutato, perché le ragioni del confronto tra le due superpotenze regionali sono tutt’altro che risolte.