La realtà degli istituti penitenziari, in Italia, è alquanto complessa, caratterizzata da numeri impressionanti. Al 31 marzo, il numero di detenuti presenti nelle carceri si attesta a 61.049, una cifra quasi stabile dal 2008. Sorprendentemente, il 31% di questi detenuti è di cittadinanza non italiana, mentre le donne rappresentano solo il 4,3% della popolazione carceraria. Il tasso di affollamento reale, che indica la percentuale di persone detenute in più rispetto ai posti effettivamente disponibili, è pari al 119%. Insomma, un sovraffollamento che si porta dietro tutte le conseguenze negative per la gestione e il benessere dei detenuti. Questi i dati resi noti in occasione del convegno ‘Recidiva zero. Studio, formazione e lavoro in carcere’, organizzato a Villa Lubin dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro insieme al Ministero della Giustizia.
La recidiva
Circa il 35% dei detenuti ha un fine pena al più pari a quattro anni. Se si circoscrive l’osservazione alle persone con un fine pena inferiore all’anno la percentuale scende a meno del 10% (quasi 6mila detenuti). Una forte problematica del sistema carcerario italiano rimane la sua difficoltà a prevenire la recidiva e a favorire il reinserimento dei detenuti nella società: 6 condannati su 10 sono già stati in carcere almeno 1 volta. La media dei reati ascritti a ogni uomo detenuto è pari a 2,4 contro l’1,9 di ogni donna detenuta. Si stima che il dato della recidiva possa calare fino al 2% per i detenuti che hanno avuto la possibilità di un inserimento professionale.
Segnali di speranza
Tuttavia, ci sono anche segnali di speranza. Nell’anno scolastico 2022-2023 il 34% dei detenuti ha frequentato corsi di istruzione all’interno delle carceri. I promossi sono stati il 45% degli iscritti totali. Nel 2023, la formazione professionale all’interno delle carceri italiane ha coinvolto circa il 6% dei detenuti. Nel corso dell’anno accademico 2023/2024, il numero complessivo dei detenuti iscritti all’università è stato pari a 1.707, meno del 3% (monitoraggio della Conferenza nazionale dei delegati dei rettori per i poli universitari penitenziari della Crui).
Ma c’è ancora molto da fare per migliorare le opportunità di lavoro all’interno delle carceri italiane: il 33% dei detenuti risulta coinvolto in attività lavorative (19.153 impiegati nel 2023), ma solamente l’1% di essi è impiegato presso imprese private e il 4% presso cooperative sociali. La stragrande maggioranza, pari all’85%, lavora alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria (talvolta solo per poche ore al giorno o al mese). Fra i detenuti alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria, l’82,5% svolge servizi d’istituto. La mancata offerta di opportunità lavorative per i detenuti priva lo Stato di un ritorno sul Prodotto interno lordo fino a 480 milioni di euro.
Le sfide da affrontare
Per affrontare queste sfide, sono necessari interventi mirati. Progetti finalizzati all’inserimento economico, sociale e lavorativo dei detenuti stanno emergendo in tutto il Paese. Il Cnel ha censito (l’attività è ancora in corso) i progetti finalizzati all’inclusione economica, sociale e lavorativa dei detenuti, individuando 221 interventi, che hanno coinvolto o hanno avuto come base di realizzazione 41 istituti penitenziari, di cui 12 localizzati nel Nord Ovest, 9 nel Nord Est, 10 nel Centro e 10 nel Mezzogiorno. Il maggior numero di progetti è svolto da cooperative, Consorzi di cooperative, Associazioni di promozione sociale e altre simili (103 progetti). Il 58,4% degli interventi ha riguardato corsi di formazione professionale, il 7,7% corsi di istruzione scolastica e universitaria e il restante 33,9% interventi di inserimento lavorativo. Nel dettaglio dei 129 interventi di formazione professionale emerge una quota consistente che riguarda l’ambito della ristorazione e della produzione alimentare (20,2%), cui fanno seguito i corsi che riguardano l’attività edile (15,5%) e quelli dedicati alla cura del verde e all’agricoltura (14,0%). Le attività artigianali sono oggetto dell’11,6% dei corsi di formazione professionale, mentre il digitale e la sicurezza sul lavoro mostrano percentuali più contenute (rispettivamente il 4,7% e l’8,5%).
Nell’ambito dei progetti e degli interventi finalizzati all’inserimento lavorativo, su un totale di 78 azioni analizzate, il 22,7% ha riguardato il settore della cura del verde e l’agricoltura, il 13,3% è stato finalizzato ad attività relative ai servizi interni all’istituto penitenziario, il 10,7% ad attività di ristorazione e la stessa percentuale si ottiene se si guarda all’inserimento lavorativo nel campo dell’edilizia.