E’ già finito “l’inverno” demografico, ora si chiama “glaciazione”, tanto per dare il senso di ancora più freddo e ancora più drammaticità. Da ormai più di vent’anni i dati, in realtà, mostrano l’invecchiamento irreversibile della popolazione italiana; mancano sempre di più le donne fertili e dunque calano ogni anno le nascite: agli inizi degli anni sessanta, durante il baby-boom nascevano quasi un milioni di italiani e italiane ogni anno, ora non arrivano neppure a quattrocentomila. Al 2040, con anche massicce migrazioni, ci sarà un forte calo che avrà ripercussioni sulle condizioni generali del Paese. La Fondazione Nord Est calcola quali città sparirebbero se il calo fosse concentrato.
Il calo al Nord
Secondo la Fondazione Nord Est, che ha rielaborato i dati demografici Istat 2023, sarà soprattutto il Nord Italia, a fare le spese del declino demografico, anche perché il Sud lo sta già pagando. Entro il 2040 il Nord registrerà un saldo negativo di 2,3 milioni di residenti rispetto all’attuale: si passerà dai 27,4 milioni di abitanti del 2023 a 25,1 milioni. Per la Fondazione Nord Est significa soprattutto mancanza di manodopera e ripercussioni sul sistema industriale e produttivo. Gli effetti si vedranno specie in Lombardia (-673mila), Piemonte (-493mila) e Veneto (-387mila). Nel Nord-est la riduzione sarà di 939mila persone, nel Nord-ovest di 1,4 milioni. La discesa assoluta sarà fin da subito rapida: -143mila unità all’anno nei prossimi sette anni nel Nord Italia; poi si attenua a -133mila nei successivi dieci. Il minor scarto nella seconda parte del periodo si spiega con l’ipotesi “eroica” – la definiscono gli studiosi – di un aumento delle nascite annue; un salto di 11mila unità tra il 2023 e il 2030, e di 23mila tra il 2023 e il 2040. Senza “eroismo” con la natalità inchiodata ai valori 2023, la discesa accelererebbe ulteriormente, e si aggiungerebbero alla diminuzione altre 385mila persone.
Contraccolpi socio economici
Gli effetti territoriali ed economici di questa ’glaciazione’, secondo lo studio, si vedranno con la diminuzione dei servizi; sanità, scuole (ma ci saranno anche meno studenti e meno ammalati), e più basse prospettive di lavoro e vita sociale. L’abbandono di tanti luoghi farà venire meno, ad esempio, la manutenzione dei boschi e dei terreni, con aumento del rischio idrogeologico. Si produrrà una ricomposizione della piramide per età della popolazione, con incremento degli anziani e diminuzione dei giovani; il mercato immobiliare subirà un forte contraccolpo, così come l’accumulo dei risparmi privati. La Fondazione Cariplo, ad esempio, calcola che senza testamenti le persone sole che non avranno eredi potrebbero lasciare un patrimonio, in tutta Italia, di quasi 90 miliardi di euro.
Cancella città
Il report suggerisce anche una specie di gioco del “cancella città”; ovvero, in Lombardia, si svuoteranno l’equivalente di città come Brescia, Monza, Bergamo, Como, Varese e Pavia. in Veneto “sparirebbero’” diventando semi-deserte, Padova, Vicenza e Treviso. In Friuli-Venezia Giulia diverrebbero città fantasma Udine, Gorizia e Lignano Sabbiadoro. In Emilia-Romagna si spopolerebbe l’intera Bologna, oppure Parma più Modena, oppure Ravenna, più Rimini, più Faenza, più Salsomaggiore Terme. In Trentino si svuoterebbero Riva del Garda e Folgaria o tutte le valli Cembra, Fiemme e Fassa. in Piemonte diverrebbero disabitate Alessandria, Asti, Cuneo, Moncalieri, Collegno, Rivoli, Nichelino, Vercelli e Biella.