Questa mattina attraverso una nota stampa il Governo fa sapere di aver dato il via libera con prescrizioni alla vendita della rete TIM al fondo infrastrutturale statunitense KKR, un ulteriore e fondamentale step nell’operazione di acquisizione di NetCo (società che detiene sostanzialmente tutte le infrastrutture di rete fissa di TIM), a tutela dell’interesse nazionale e a garanzia del controllo statale sugli asset strategici della rete primaria di telecomunicazione. “Si prevede – si legge nella nota – un ruolo del Governo nella definizione delle scelte strategiche, vengono assicurati tutti i presidi essenziali e garantita la supervisione allo Stato di tutti gli aspetti inerenti la sicurezza, la difesa e la strategicità della rete e dei relativi asset”.
“La delibera del Consiglio dei ministri – prosegue la nota – recepisce nelle prescrizioni gli impegni che le parti hanno assunto a cominciare dalla creazione dell’organizzazione di sicurezza, dalla nomina del preposto di cittadinanza italiana, dalla competenza esclusiva su tutte le questioni incidenti sugli asset strategici, dal mantenimento in Italia delle attività di ricerca e manutenzione, e dal monitoraggio. Si delinea, quindi, un quadro certo di supervisione strategica affidata allo Stato. Un passo avanti importante nella definizione complessiva dell’operazione, che procede secondo le tempistiche annunciate”.
Le reazioni
Dopo un primo entusiasmo dei mercati che fa salire il titolo al +2,1%, all’ora di pranzo scende a +0,3%. Dura anche la reazione di alcuni parlamentari dell’opposizione. In un comunicato i deputati e senatori M5s delle commissioni Trasporti e Telecomunicazioni di Camera e Senato Antonino Iaria, Luciano Cantone, Roberto Traversi, Giorgio Fede, Gabriella Di Girolamo, Elena Sironi e Antonio Trevisi scrivono: “Siamo di fronte a una vera e propria regalia che rischia di compromettere la futura competitività del nostro sistema paese”. “Lo Stato non può venir confinato al ruolo di comparsa con il 20% delle quote: la rete di telecomunicazioni è destinata ad essere l’infrastruttura più importante del Paese per i prossimi decenni e finirà in mani straniere che avranno a cuore tutto meno che gli interessi dell’Italia”.