È appena iniziato il 2024. Calcoli alla mano, alzando lo sguardo del nostro orizzonte troppo ripiegato sugli interessi contingenti, non è poi così lontano il 2100. Il tempo di una generazione considerato che l’età media, nel mondo, è di circa 75 anni.
La nostra generazione è ben consapevole che il tempo scorre: nel 1968 veniva prodotto e diretto, da Stanley Kubrick, 2001: Odissea nello Spazio. Una data così vicina e così lontana da entrambe le prospettive. Nel mentre, la tecnologia ha quasi rispettato i tempi delle scoperte scientifiche anticipate dal sogno creativo anche dei fratelli Lumiere: Nasa e SpaceX proseguono nelle ricerche oltre i confini territoriali e fisici che ci appartengono.
La società è profondamente cambiata in valori, sensibilità, abitudini e stili di vita. Ne risentono la pedagogia ed educazione familiare, la formazione scolastica e professionale, l’inserimento nel mondo del lavoro, il servizio alle istituzioni, il rapporto con l’economia e la produzione, la società civile, la politica e la Chiesa stessa.
Consideriamo, ad esempio, la straordinaria sensibilità ambientale che via via è andata maturando in tutte le generazioni in modo trasversale.
Protezione delle persone e della famiglia, del territorio e dell’ambiente, delle istituzioni e delle democrazie, del lavoro e della ricerca, dell’occupazione e della produzione. Molti gli interrogativi sui quali occorre oggi soffermarsi con una adeguata saggezza (di stampo sapienziale) per poter affrontare i prossimi 75 anni, avendo la generosità di sapere che, in questa fase, con le nostre scelte ed azioni, andremo a determinare gli sviluppi della società in cui vivranno le future generazioni.
Mentre col passato occorre far pace, con il futuro occorrerà fare i conti: quelli che spesso non compiono gli uomini impegnati in politica a misurarsi col contingente e l’immediato presente, in qualche modo dimenticando che, nel giuramento, c’è l’impegno a rispettare il patto intergenerazionale di protezione l’uno dell’altro, per l’oggi e per il domani.
Per altro verso anche media ed economia sono attratti, come Re Mida, solo dal presente.
La ricerca scientifica e tecnologica applicata alla cura della salute, la formazione umana, la Teologia e la Fede sembrano, invece, mantenere saldo l’impegno a conservare la logica del patto di protezione intergenerazionale: nella prospettiva di offrire gli strumenti tecnici ed intellettivi per affrontare le esigenze e le necessità del domani.
Tanto i grandi uomini della storia (George Washington, Benjamin Franklin, Abraham Lincoln, Cavour, Enrico De Nicola, Alcide De Gasperi, …) che i grandi santi (San Filippo Neri, Tommaso Moro, San Josemaría Escrivá, Madre Teresa di Calcutta, Giovanni Paolo II) hanno tutti mantenuto fede ad una promessa: vivere il presente avendo cura di essere generativi di progettualità di vita per le generazioni successive. Ciascuno ha lasciato testimonianza alle generazioni a seguire con una eredità valoriale al servizio del prossimo. La lista degli uomini e donne che hanno cambiato il corso della storia è lunga; ciascuno profondamente ispirato da un sogno o da una visione, ma tutti con un comune denominatore (l’amalgama): sentirsi legati alle generazioni successive da un patto intergenerazionale, un patto oltre l’individuo, l’individualità e il suo presente per dare alla società nel suo insieme gli strumenti ed i valori adeguati ai tempi a venire.
Un esempio concreto: quanto ha inciso nello sviluppo del sistema Paese la scolarizzazione ed alfabetizzazione degli italiani accentuata da una forse sensibilità sociale ed istituzionale impressa dagli istituti Don Bosco, costruiti intorno a un solido patto intergenerazionale?
La vera mancanza nella società dei nostri tempi è la consapevolezza che ciascuno di noi dovrebbe sentirsi partecipe attivo e meritocratico del patto intergenerazionale, non perché scritto in Costituzione, ma perché parte del nostro dna sul piano antropologico. La popolazione invecchia per causa della denatalità e il debito pubblico aumenta: solo nella mitologia, ma è un monito, Kronos mangia (il futuro de) i propri figli. Tuttavia, senza essere catastrofisti, il nostro tempo sembra diviso a metà tra la consapevolezza e l’inconsapevolezza di mangiare il futuro delle generazioni che verranno senza fare i dovuti conti.
Basta spostare un po’ l’ago della bilancia per vincere la partita: ma occorre coraggio e lungimiranza. Ambiente, territorio, risorse, tecnologia, lavoro, famiglia, salute: molti gli assets dell’umanità da proteggere con una prospettiva intergenerazionale, in un patto che sembra mancare e di cui vi è bisogno.
Il carisma degli uomini della storia e dei santi del passato andrebbe oggi rimesso al servizio di un anelito valoriale ed impegno personale e collettivo (me ne prendo cura) ben sapendo che è oggi che si scrive la storia che domani rileggeranno e giudicheranno i nostri figli. Questo vale per la Politica, le Istituzioni, la Chiesa.
La protezione della vita impone di polarizzare il senso di responsabilità intorno a un solido trust (alleanza valoriale ben riposta sulla fiducia e sull’anelito) capace di coinvolgere armonicamente generosità e talenti: un luogo fisico, digitale ed ideale di partecipazione e coinvolgimento, anche empatico, che promuova e favorisca il senso dell’appartenenza trascendente dell’individuo nella collettiva.
L’auspicio, una generations’ trust per il 2100: per cementificare fiducia e generosità intorno all’eredità da consegnare ai primi nati del 2024, ai quali auguriamo lunga vita sotto i migliori auspici. Ce ne prendiamo cura, questo il nostro trust!
* Professore a contratto di diritto pubblico e Coordinatore del corso di Laurea
in Scienze della Difesa e della Sicurezza presso la Link Campus University di Roma