L’Iran dichiara che la Repubblica islamica “darà una risposta ferma” a Israele dopo l’uccisione lunedì in Siria del generale Seyyed Razi Mousavi, comandante dei Pasdaran e minaccia Tel Aviv. Botta e risposta a distanza tra Erdogan e Netanyahu, mentre Antony Blinken, il Segretario di stato degli Stati Uniti, programma un altro viaggio verso il Medioriente per cercare una mediazione per la fine della guerra: già la prossima settimana dovrebbe visitare Israele, la Cisgiordania, gli Emirati Arabi Uniti, l’Arabia Saudita e il Qatar. Nei prossimi giorni anche una delegazione dell’Anp sarà in Egitto per cercare di riaprire il negoziato di pace. Mentre ieri, in preparazione dell’ennesimo giro di trattativa di Blinken, il Presidente Joe Biden ha avuto un colloquio con l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani.
Polemica tra Iran e Hamas sul 7 ottobre
Ieri si è accesa una disputa anche tra l’Iran e Hamas che ha smentito l’affermazione dei Pasdaran iraniani secondo cui l’attacco del 7 ottobre è stato una risposta all’uccisione del generale iraniano Qasem Soleimani, superiore proprio di Mousavi, avvenuta quattro anni fa a Baghdad per opera di un drone militare statunitense. “Neghiamo – è scritto in comunicato – quando riferito dal portavoce delle Guardie Rivoluzionarie riguardo l’operazione e i suoi motivi. Abbiamo sottolineato più volte i motivi, il principale dei quali la principale è stata la minaccia alla moschea di Al-Aqsa. Ogni risposta della resistenza palestinese è una reazione all’occupazione e all’aggressione al popolo palestinese e ai luoghi santi”. A sera è arrivata la precisazione del portavoce dei Pasdaran, Ramazan Sharif, che ha sostenuto di essere stato frainteso: “non ho affermato che l’operazione sia stata eseguita come vendetta per l’uccisione di Qassem Soleimani. Ho semplicemente menzionato che uno degli esiti era una forma di ritorsione per l’assassinio”. Mentre Iraj Masjedi, il principale consigliere del comandante delle forze Qods delle Guardie della rivoluzione iraniana, ha aggiunto una pesante minaccia: “nel caso di qualunque tipo di aggressione contro l’Iran da parte del regime sionista, l’Iran raderà al suolo Tel Aviv” e all’Onu è stato scritto dall’ambasciatore iraniano che, in base al diritto internazionale, ci sarà una reazione per la morte di Mousavi.
Polemiche a distanza
Quanto allo scontro a distanza tra il Presidente turco e il premier israeliano, Erdogan ha paragonato il leader israeliano a Hitler perché le sue azioni “non sono diverse” da quelle del dittatore tedesco. La replica di Netanyahau non si è fatta attendere: “proprio Erdogan, che commette un genocidio fra i curdi e che si è aggiudicato il record mondiale di arresti di giornalisti contrari al regime, è l’ultimo che ci può fare prediche”. “Il nostro – ha aggiunto Netanyahu – è l’esercito più morale al mondo, che combatte ed elimina l’organizzazione terroristica più disgustosa e crudele al mondo. Hamas-Isis, che si è macchiata di crimini contro la umanità e che Erdogan invece loda, offrendo anche ospitalità ai suoi dirigenti”. Il ministro del gabinetto di guerra israeliano, Benny Gantz, ha rincarato la dose: “una sfacciata distorsione della realtà ed una dissacrazione della memoria dell’Olocausto”, ha scritto su X, e “Hamas è l’organizzazione che ha condotto uno spregevole massacro, rimuovere la minaccia di Hamas per i cittadini di Israele è una necessità esistenziale ed un imperativo morale senza paralleli.”
Espulsi soldati israeliani indisciplinati
Intanto l’esercito israeliano sta intensificando le operazioni a Khan Yunis, anche vicino l’ospedale Al-Amal, nel sud della Striscia. Lo ha fatto sapere il portavoce militare spiegando che “sono stati eliminati molti terroristi, localizzato e distrutto gli imbocchi di tunnel, effettuato decine di attacchi mirati e distrutto molte infrastrutture terroristiche e dove sono stati rinvenuti armi e documenti di intelligence”. I soldati hanno anche fatto irruzione “in una moschea dove c’era un posto di osservazione di Hamas”. Mentre gli Hezbollah libanesi rivendicano la responsabilità del lancio di almeno 18 razzi contro Rosh Hanikra, nel nord di Israele, affermando di aver preso di mira una postazione militare vicino a una base della Marina. Un altro attacco di droni israeliani c’è stato sul campo profughi di Nur Shams a est della città di Tulkarem, in Cisgiordania. Mentre l’Idf ha punito e espulso cinque soldati a causa delle violenze inflitte a tre palestinesi a metà ottobre. I militari facevano parte dell’unità Sfar Hamidbar, composta in stragrande maggioranza da giovani coloni radicali, spesso provenienti dagli avamposti illegali in Cisgiordania. Il comandante dell’unità era già stato sollevato dall’incarico.
La dignità dei morti
A Gerusalemme una testa di un asino è stata fatta trovare ai bordi del cimitero islamico Bab el-Rahma, situato a ridosso della mura della Città Vecchia non lontano dalla Porta d’oro e dal lato orientale della moschea al-Aqsa. L’autore del gesto è ignoto, ma la polizia israeliana sta indagando attribuendo a un ”ultrà ebreo” la provocazione. Il Jerusalem Post ha pubblicato una lunga intervista al rabbino Yaakov Ruzah, che è stato richiamato, a 79 anni, nell’esercito perché è anche un colonnello, ma soprattutto per risolvere le questioni relativa alla morte e all’identificazione dei corpi in quanto è l’autorità suprema di Israele dell’Halakah: le norme giuridiche della dottrina tradizionale giudaica. E’ stato capo del Centro nazionale di medicina forense e ha riferito che in cinquant’anni non ha mai visto fare scempio di corpi come è stato il 7 ottobre da parte di Hamas. Il popolo ebreo ha visto progrom, diffamazioni di sangue, effetti di crociate, autodafé e Olocausto, ha riferito, e ha codificato regole e risposte per i morti e per chi resta vivo. La legge – spiega Ruzah – impone che i corpi delle persone vengano rimossi completamente da dove vengono uccisi. Ma cosa accade se tanti, come il 7 ottobre scorso, sono assassinati in modo brutale o in un’auto? Secondo il rabbino la soluzione è quella di seppellire anche l’auto e gli oggetti sui quali è stato sparso il sangue. Ci sono corpi bruciati, che il rabbino ha visto, “che non hanno precedenti”, fusi tra loro, che neppure il Dna permette di distinguere, e che necessariamente devono essere individuati e seppelliti distinti. Casi estremi che non è ancora possibile capire chi è morto e chi è scomparso e dunque i famigliari attendono nell’angoscia e in un limbo che va risolto. E, puntualizza il rabbino, non esiste una risposta “ragionevole” perché le sentenze devono essere basate “sulla verità assoluta” perché si tratta della “dignità dei morti” in quanto “la tradizione ebraica vieta la profanazione del corpo umano” e ogni morto deve essere sepolto integro e distinto anche se questo dovesse significare riaprire la tomba. “Si è scoperto – ha raccontato Ruzah – che due persone erano rimaste attaccate insieme, bruciate, irriconoscibili. Quando l’abbiamo capito siamo tornati indietro e li abbiamo separati.”