Ventitré anni fa l’Onu istituì la “Giornata mondiale del migrante” distinguendola dalla “Giornata mondiale del rifugiato”, celebrata il 20 giugno. Quella del 18 dicembre ricorda l’insieme delle migrazioni, senza distinguere tra quelle spontanee, per ragioni economiche o di ricongiungimento familiare, e quelle conseguenti a fughe da guerre e discriminazioni. Quella di ieri è stata, dunque, la giornata dedicata al miliardo circa di persone nel mondo indotte, liberamente o forzatamente, a separarsi dal Paese di nascita, dall’ecosistema biologico e culturale nel quale sono cresciuti. E rappresenta sempre l’occasione per tracciare il bilancio degli ingressi in Italia.
Secondo i dati forniti dal Ministero degli Interni, da gennaio 2023 a oggi le persone migranti “irregolarmente” sbarcate sulle coste italiane risultano essere 153.407, di cui 18.164 provenienti dalla Guinea (12%), 17.087 dalla Turchia (11%), 15.973 dalla Costa d’Avorio (10%), 12.122 dal Bangladesh (8%), 11.066 dall’Egitto (7%), 9.503 dalla Siria (6%), 8.410dal Burkina Faso (6%), 7.639 dal Pakistan (5%), 5.883 dal Mali (4%), 5.829 dal Sudan (4%), cui si aggiungono 41.731 (il 27%) provenienti da altri Stati o per i quali è ancora in corso la procedura di identificazione. Non sono cifre del tutto esaustive, perché non vi rientrano gli ingressi “irregolari” via terra, gli ingressi regolari via mare e via terra e i corridoi umanitari.
Nonostante sia innegabile che il trend è in crescita, tanto che nel 2023 ci attestiamo molto oltre la media del trentennio, del ventennio, del decennio e del quinquennio, parliamo ancora di cifre molto contenute rispetto al percepito, dovuta a una sempre più diffusa paura e reticenza a considerare positivamente le migrazioni, scordando molto delle nostre origini storiche. Eppure Coldiretti, nel dossier statistico sull’immigrazione a cura del Centro studi e ricerche Idos, ricorda che senza il contributo dei migranti nei campi e nelle stalle, l’Italia perderebbe quasi un terzo del Made in Italy a tavola, con 362 mila lavoratori provenienti da tutto il mondo che hanno trovato regolarmente occupazione in agricoltura, fornendo ben il 32% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore nel 2022. Parliamo, ad esempio, di lavoratori stranieri ben integrati nel tessuto economico e sociale come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte, fino agli allevamenti da latte in Lombardia.
Quello che deve far paura è la mancata gestione dei migranti, che se lasciati a sé stessi possono facilmente incorrere nella mendicità se non nelle maglie delle microcriminalità. Lo ha ricordato qualche giorno fa Papa Francesco nell’Angelus. I prefetti, ha detto il Pontefice, hanno “l’arduo compito di organizzare sul territorio una loro accoglienza ordinata, basata sull’integrazione e sul costruttivo inserimento nel tessuto locale”. Ma non possono “essere lasciati soli in questo compito di sostenerli nei loro bisogni essenziali e al tempo stesso di prestare ascolto alle apprensioni e alle tensioni che si possono generare nei residenti” e di intervenire quando si creino situazioni di disordine e violenza. “I migranti – ha detto Il Papa – vanno ricevuti, accompagnati, promossi e integrati. Se non c’è questo, c’è pericolo; se non c’è questo cammino verso l’integrazione, c’è pericolo”.
La riprova che sia possibile una gestione dei flussi più umana e civile viene dal bilancio dei 100 Volontari e Operatori della Croce Rossa che da giugno 2023 si alternano quotidianamente nel centro di prima accoglienza di Lampedusa, garantendo dignità e una risposta concreta alle prime necessità di donne e uomini accolti dopo non facili traversate nel Mediterraneo. “Fare un bilancio di questo 2023 a partire da giugno è difficile, ma allo stesso tempo ci mette di fronte a un dato positivo – ha spiegato il presidente della Croce Rossa Italiana, Rosario Valastro -. L’hotspot di Lampedusa è riuscito a gestire, sebbene con momenti molto critici, a causa di massicci arrivi contemporanei, una situazione che ha visto operativa la CRI insieme ad altri organismi istituzionali e associativi”. A fronte di questo, rimane però il triste censimento di ottobre di Save the Children secondo il quale, in questi 10 anni, risultano morti o dispersi nel Mediterraneo, a pochi metri dalle coste di Lampedusa, oltre 28.000 individui, di cui ben 1.143 minori non accompagnati, senza figure adulte di riferimento. Solo nel 2023 i bambini morti o dispersi in mare sono molti più di cento.