Le rivolte degli ultimi giorni hanno riportato sotto i riflettori il tema delle condizioni carcerarie. Da Nord a Sud sono insorti i detenuti in oltre 20 penitenziari. Nel mirino le nuove disposizioni anti-coronavirus che limitano i contatti con i parenti. Ma anche il sovraffollamento.
A Modena la situazione più grave con 6 morti nei disordini. A San Vittore i manifestanti sono saliti sul tetto della struttura, poi hanno raggiunto una tregua con i magistrati. Una cinquantina di carcerati sono evasi da carcere di Foggia. A Rieti la protesta si è trasformata in sommossa.
Dietro questi episodi gravi, però, si nascondono molto spesso storie che fanno a pugni con la funzione rieducativa della pena. Abbiamo scelto di raccontarvi un caso emblematico. Quello di un ragazzo di 25 anni che ha commesso degli errori e che giustamente sta pagando il suo debito nel carcere “F. Uccella” di Santa Maria Capua Vetere in Terra di Lavoro. È la fidanzata Maria Rosaria a spiegarci come e perché l’espiazione della pena può trasformarsi in un calvario.
Grazia, perché lei si è rivolta al Garante regionale dei detenuti, Samuele Ciambriello?
“Perché è giusto pagare per i propri errori. Ma non in un contesto in cui vengono calpestati i diritti fondamentali della persona, come quello alla salute, all’acqua potabile”.
Possibile?
“La struttura è stata costruita su una discarica e vi è mancanza di acqua potabile. Questo significa che i detenuti sono impossibilitati nell’usufruire l’acqua per i bisogni di primaria necessita. Vi è, poi, un sovraffollamento delle celle, per cui credo sia evidente che i detenuti sono costretti a sopravvivere in condizioni disumane e ripeto contrarie a quelli che sono i principi cardini dell’ordinamento giuridico italiano. Sbaglio o la Costituzione garantisce il diritto alla Salute?”.
Certo, è un diritto fondamentale, universale…
“Ho i miei dubbi. Il mio fidanzato da mesi ha fatto richiesta per potere essere operato urgentemente ad una fistola che gli procura dolore e fastidio costante e necessiterebbe di un intervento urgente e di una fase post operatoria fatta di medicazioni giornaliere in luoghi sterili e soprattutto con dell’acqua potabile. Il che, nel carcere dove si trova, è praticamene impossibile. Ma non finisce qui…”.
In che senso?
“Parliamo di coronavirus. Non si è prestata attenzione alla prevenzione dei detenuti, i quali vivono veramente in condizioni disagiate; per di più non ricevono i necessari controlli e non hanno nemmeno la possibilità di utilizzare le modalità di prevenzione basilare, come quella per esempio di lavarsi le mani dal momento che non usufruiscono di acqua potabile. Ridurre i colloqui coni familiari o addirittura sospenderli è una privazione dei diritti dei carcerati che già di per se vivono una situazione al quanto difficile. Posso citare le parole di un detenuto?”.
Prego…
“Giovanni Zito ha scritto: “Già la reclusione di per sé ci tiene isolati abbastanza dal punto di vista umano, se mettiamo anche un freno alla poca se non scarsissima attività che caratterizza nel nostro Paese la vita detentiva, rischiamo di cadere in un vortice di paure incontrollate. Noi esistiamo anche in questo piccolo mondo, non vorremmo essere tagliati ancor di più fuori dal contesto sociale e da ogni rapporto con il resto della società. Credo ci siamo poco da aggiungere…”.
In conclusione, quale appello si sente di lanciare ai decisori politici?
“Sarebbe opportuno, in questo momento così difficile per l’Italia e per il mondo, valutare la possibilità di modificare la misura della custodia in carcere con quella agli arresti domiciliari, almeno per chi risponde di reati comuni con una pena detentiva inferiore ai 5 anni…”