mercoledì, 25 Dicembre, 2024
Società

Il 45% degli adolescenti ha pensieri suicidi frutto di interazioni sociali rarefatte

Aiutano scuola e credo religioso che connettono allo spirito di comunità 

Il 44,9% degli adolescenti italiani ha sperimentato almeno una volta il pensiero suicida (23,2%, una volta; 21,7% più di una volta), che riguarda pensieri di pianificazione del suicidio, desideri e preoccupazioni riguardo alla morte. I risultati di uno studio condotta da Musa – Mutamenti sociali, valutazione e metodi dell’Istituto di ricerche sulla popolazione di Cnr-Irpss – confermerebbe “l’esistenza di un’associazione diretta tra il malessere psicologico e il pensiero suicida, chiarendo però come, ad esclusione di implicazioni psichiatriche, esso non determina ma è determinato dal deterioramento dell’interazione umana. La sfera sociale viene così a configurarsi come il principale oggetto di ricerca ai fini della comprensione e del trattamento del problema dei pensieri suicidi.”

Oltre la psicologia

Lo studio si è basato sui dati di un’indagine svolta su un campione rappresentativo di 4.288 adolescenti italiani frequentanti le scuole pubbliche secondarie di secondo grado ha analizzato l’eziologia del pensiero suicida tra gli adolescenti prendendo in esame simultaneamente una serie di fattori socio-demografici, psicologici e sociologici, per analizzarne la relativa influenza sul problema. Rispetto allo status socio-demografico, il pensiero suicida caratterizza maggiormente le ragazze (6 su 10 contro 4 ragazzi su 10), chi vive nelle are settentrionali del Paese, chi ha una cittadinanza straniera, chi frequenta gli istituti tecnici, i non credenti e chi ha un background familiare economico basso.

Insoddisfacente rete amicale

Come dimostrato dalle analisi matematiche effettuate sono però specifiche caratteristiche dello status relazionale e dell’interazione sociale all’origine del fenomeno. Nello specifico, i pensieri suicidi scaturiscono da una compromissione della salute mentale caratterizzata da ansia, depressione, bassa autostima, felicità e soddisfazione, alta intensità di emozioni primarie negative e un atteggiamento negativo verso il futuro. Gli aspetti appena elencati sono però sintomi della presenza di una stretta e insoddisfacente rete amicale, di relazioni qualitativamente scarse con pari e genitori, di problemi di rendimento scolastico, iperconnessione, insoddisfazione corporea e coinvolgimento come vittime nel bullismo e nel cyberbullismo.

Più colpite le ragazze

“Il fatto che le ragazze maturino pensieri suicidi più dei loro coetanei è motivato dall’influenza di norme sociali di genere e dalla pressione di modelli estetici che compromettono la soddisfazione corporea, l’autostima e il piano delle emozioni”, commenta Antonio Tintori del Cnr-Irpps, responsabile dell’indagine. “Il ruolo protettivo del credo religioso si connette allo spirito di comunità e alle reti sociali di sostegno caratterizzanti la partecipazione religiosa”, prosegue Tintori. “Relazioni sociali più rarefatte o formali, o percepite di minore intensità qualitativa, sono invece fattori determinanti il pensiero suicida come nel caso degli studenti liceali, che a parte nutrire più alte aspettative di rendimento scolastico stanno iniziando a sperimentare, ormai anche in Italia, modelli relazionali simili a quelli del Nord Europa, con genitori con un elevato status culturale meno presenti e che delegano maggiormente il loro accudimento a professionisti del settore”.

Scuola, ruolo centrale

Infine, è stato considerato il grave impatto della pandemia di COVID-19 sulla salute mentale degli adolescenti e la trasposizione dell’interazione sociale sempre più sul piano virtuale. “I nostri risultati”, conclude Tintori, “mostrano il ruolo centrale e cruciale della scuola nel sostegno del benessere relazionale giovanile. Interventi più esperti dovrebbero essere attivati urgentemente a partire dalle scuole primarie, con il coinvolgimento di insegnanti e genitori, in materia di iperconnessione, devianza e violenza relazionale, educazione emotiva, autostima e decostruzione di simbolismi e condizionamenti sociali che stereotipizzano e gerarchizzano l’ambiente vissuto, a partire dalle asimmetrie di genere, deteriorando sostanzialmente la qualità di vita dei giovani.”

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