Rilasciati, senza intoppi, ieri altri quattordici ostaggi, tra cui otto bambini e tre thailandesi. Sono entrati in Israele dal valico Kerem Shalom, situato nel centro della striscia di Gaza, all’altezza del kibbutz di Beeri, e non dal valico di Rafah con l’Egitto. “Sono in buone condizioni” ha detto Eli Bin, il direttore del Magen David Adom, corrispondente israeliano della Croce rossa. Tra i liberati c’era anche la piccola Abigail Mor Edan, la bimba israelo-americana di 4 anni i cui genitori sono stati assassinati il 7 ottobre, durante l’assalto di Hamas contro i civili, e fortemente richiesta dagli Stati Uniti, così come pare che per il cittadino russo liberato sia stata necessaria la “richiesta di Putin.” Anche i 39 palestinesi scarcerati da Israele sono prevalentemente minorenni e la maggior parte provengono da Gerusalemme.
Biden: Usa e diplomazie arabe
Il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, commentando il rilascio degli ostaggi avvenuto ieri, ha detto: “non ci fermeremo”, “lavoriamo a contatto con l’Egitto, il Qatar, Israele, la Giordania e gli altri attori regionali” e “rimarrò personalmente impegnato finché non sarà pienamente implementato l’accordo e potremo prolungarlo.” “E’ un approccio giorno per giorno, non c’è niente di garantito e non bisogna dare niente per scontato”, ha continuato il Presidente Biden. “Continuiamo a lavorare per fare in modo che tutti gli ostaggi vengano liberati” e fare in modo che Hamas “non controlli nessuna porzione di Gaza.” Ma purtroppo non è oro tutto ciò che luccica, tanto che il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry ha avuto un colloquio telefonico con il segretario di Stato americano Antony Blinken per discutere proprio degli ostacoli che minacciano la tregua tra Israele e Hamas e le modalità per raggiungere un cessate il fuoco globale. Durante la telefonata, Shoukry ha sottolineato la necessità di rafforzare la pausa militare attuando la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite del 15 novembre, che chiede pause umanitarie che possano consentire aiuti a Gaza.
Hamas deve scegliere
Le famiglie degli ostaggi israeliani hanno inviato una lettera urgente alla delegazione del Qatar arrivata – per la prima volta – in Israele. Hanno chiesto un incontro e fatto un appello perché siano portati da casa tutti i propri famigliari. I negoziatori stanno tentando di allungare la tregua e il consigliere per la sicurezza nazionale americano, Jake Sullivan, ha spiegato che “se questo particolare accordo verrà esteso o meno dipende in realtà da Hamas, perché Israele è stato molto chiaro nell’ambito dell’accordo: è pronta a continuare la pausa per ogni giorno in cui Hamas libera altri 10 ostaggi. Quindi la palla è nel campo di Hamas, se non lo farà, sarà sua responsabilità”. Nel frattempo il ministro della Cooperazione internazionale del Qatar, Lolwah Rashid al-Khater, accompagnato da una delegazione di funzionari del Paese arabo, è entrato nella Striscia di Gaza per analizzare le esigenze prioritarie degli aiuti umanitari. Anche questo è un piccolo successo: è la prima visita di una delegazione internazionale di alto rango all’interno dell’enclave palestinese.
La violenza continua
Scorre il sangue ogni giorno, ma scorrono anche tante lacrime, colpi fisici e psicologici indelebili le cui cicatrici resteranno per sempre. La madre di Noa, la ragazza simbolo tra coloro che sono stati rapiti durante il rave del 7 ottobre; si vedeva correre terrorizzata mentre un miliziano le puntava addosso un kalashnikos, ha rivelato di avere un cancro e ha detto: “il solo desiderio è abbracciare mia figlia prima che non mi sia più possibile.” Mia Regev, 21 anni, appena liberata è stata subito fatta uscire dall’ospedale del primo arrivo perché ha bisogno di cure mediche urgenti in un centro meglio attrezzato. Era stata colpita da un proiettile a una gamba durante l’assalto di Hamas e curata in condizioni precarie durante la prigionia. Suo fratello non è ancora stato rilasciato. La tredicenne Hila Rotem ha riabbracciato il padre, ma non è stata liberata la madre. Israele ha accusato Hamas di contravvenire all’accordo secondo il quale vanno liberati insieme i genitori e figli ma i miliziani hanno risposto che la madre di Hila non riescono a rintracciarla. Ai famigliari coloro che sono stati rilasciati hanno raccontato che mangiavano riso e pita, dormivano su sedie di plastica messe in fila e per andare in bagno dovevano bussare e aspettare fino a un’ora e mezza prima che qualcuno gli aprisse. Un’anziana liberata ieri aveva affrontato i miliziani perché riteneva più giusto che fosse rilasciata un’altra donna in condizioni di salute peggiori della sua.
Netanyahu: niente ci fermerà
Grazie alla tregua anche il premier israeliano Netanyahu ha potuto muoversi più liberamente ed è andato a salutare le truppe nel Nord della Striscia di Gaza. “Stiamo facendo ogni sforzo per restituire i nostri ostaggi, e alla fine li restituiremo tutti” dice Netanyahu in un video divulgato anche ad altre truppe sul campo. “Abbiamo tre obiettivi per questa guerra”, ha ripetuto scandendo e sottolineando le parole con gesti decisi delle mani: “eliminare Hamas, restituire tutti i nostri ostaggi e garantire che Gaza non diventi nuovamente una minaccia per lo Stato di Israele” ha ricordato. “Continueremo fino alla fine, fino alla vittoria. Niente ci fermerà e siamo convinti di avere il potere, la forza, la volontà e la determinazione per raggiungere tutti gli obiettivi della guerra, e lo faremo.” Netanyahu, che indossava l’elmetto e il giubbotto antiproiettile, ha visitato anche uno dei tunnel di Hamas scoperti dalle truppe israeliane. Con lui c’erano anche il capo di Stato maggiore, Tzachi Braverman, il consigliere per la Sicurezza nazionale, Tzachi Hanegbi, il suo segretario militare, Avi Gil, e il vicecapo di Stato maggiore dell’esercito, Amir Baram.
Abu Mazen: Gaza a noi
La Striscia di Gaza dovrebbe essere posta sotto il controllo e la sovranità dell’Autorità Palestinese, ha detto il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen, sottolineando che non esiste alcuna soluzione militare per Gaza oltre al suo ritorno all’Anp. “Gaza è una parte inseparabile dello Stato palestinese”, ha detto Abu Mazen che ha sottolineato come solo una soluzione politica, che comprenda la creazione di uno Stato palestinese, può portare pace e sicurezza. “È impossibile appoggiare i piani dell’occupazione israeliana di separare Gaza dalla Cisgiordania e Gerusalemme.”
Aiuti umanitari verso nord
Parte dell’accordo contempla anche gli aiuti umanitari e forniture di carburante. Anche ieri sono entrati a Gaza dall’Egitto più di un centinaio di camion di aiuti, inclusi due mezzi con carburante e due con gas per cucinare. Lo ha dichiarato in una nota Diaa Rashwan, capo del Servizio di informazione statale egiziano. Secondo Israele, decine di camion che trasportano cibo, acqua e forniture mediche saranno inviati nella zona settentrionale della Striscia di Gaza, ma sempre sotto il controllo dei militari.
Perché il ritardo di sabato?
Quanto al ritardo del rilascio degli ostaggi di sabato l’esercito israeliano ritiene che sia stato dovuto al fatto che, ormai, Hamas non controlla più la parte nord della Striscia di Gaza e questo ha creato problemi di comunicazione nell’organizzazione palestinese. Secondo alti funzionari militari, “Hamas non ha il quadro completo”, le cose non sono “sempre chiare per loro”. I funzionari hanno inoltre affermato che “il trasferimento dei sequestrati all’interno di Gaza è complesso, poiché si sta cercando di farlo in modo non svelabile dell’esercito israeliano”. Infine l’Idf ha affermato che ci sono forti sospetti che Hamas stia sfruttando la tregua per riorganizzarsi. A Gaza, tra l’altro, ieri sono stati trovati in covi terroristici oltre 5 milioni di shekel e anche valuta irachena, giordana e americana; tutto è stato depositato presso la Tesoreria israeliana.
I funerali dei leader di Hamas
Ieri sera, a Gaza, si sono svolti anche i funerali di alcuni comandanti dell’ala militare di Hamas, Brigate Ezzedin al-Qassam. Migliaia di sostenitori di Hamas hanno partecipato a seguito dei feretri di Ahmed Randour, il comandante della zona nord della striscia di Gaza, di Ayman Siam, capo della divisione del lancio dei missili, e di altri tre dirigenti morti nei bombardamenti israeliani. Randour era uno dei fondatori del braccio armato di Hamas ed aveva acquisito ulteriore prestigio al suo interno con il rapimento del soldato Gilad Shalit nel 2006. Era considerato un ‘braccio destro’ del leader politico locale Yihia Sinwar.
Papa: dialogo è pace
Il Santo Padre ieri, domenica, all’Angelus – in collegamento video da Casa Santa Marta perché ha un’infiammazione polmonare, in un appello letto in sua vece da monsignor Paolo Braida, ha ringraziato Dio “perché tra Israele e Palestina c’è finalmente una tregua e alcuni ostaggi sono stati liberati. Preghiamo che lo siano al più presto tutti: pensiamo alle loro famiglie. Che entrino a Gaza più aiuti umanitari, e che si insista nel dialogo: è l’unica via, l’unica via per avere pace. Chi non vuole dialogare non vuole la pace”.
Londra contro l’antisemitismo
Mentre a Londra migliaia di persone hanno marciato contro l’antisemitismo sventolando bandiere israeliane e britanniche, nonché striscioni con lo slogan: “Tolleranza zero per l’antisemitismo.” Secondo l’associazione ebraica Community Security Trust (CST), tra l’inizio della guerra, il 7 ottobre e il 15 novembre, nel Regno Unito sono stati registrati 1.324 atti antisemiti, un record, rispetto ai 271 dell’anno scorso nello stesso periodo.