lunedì, 18 Novembre, 2024
Esteri

La Cina va incontro a crolli dell’economia. Sbagliata la politica per le donne

Un esperto del Piie: Xi Jinpig penalizza le donne e pone le basi per il declino economico

Secondo un’analisi del Piie (Peterson Institute International Economy) il Presidente Xi Jinping “sta spingendo la Cina al declino” perché la popolazione diminuirà rapidamente di almeno mezzo punto percentuale all’anno nei prossimi anni e le politiche di incoraggiamento alle donne ad avere figli e non lavorare “probabilmente gli si ritorcerà contro.” Lo sostiene Jacob Funk Kirkegaard, danese, esperto di economia del Fondo Marshall tedesco degli Stati Uniti.

La Cina declinerà

I lavoratori e le lavoratrici che entreranno nel mercato del lavoro per i prossimi 15-20 anni, scrive Kirkegaard, sono già nati e la numerosità della popolazione cinese non avrà variazioni anche con l’immigrazione. Inoltre la Cina ha avuti investimenti fissi lordi del Pil che hanno superato anche il 40% negli anni scorsi, cosa che non potrà più verificarsi. Dunque, secondo l’economista del Piie “gli attuali livelli di investimenti della Cina prima o poi rallenteranno, così come il tasso di crescita futuro del suo capitale sociale. I tassi medi di crescita sia della forza lavoro che degli investimenti di capitale nell’economia cinese saranno quindi probabilmente negativi.”

Produttività bassa

Solo un aumento massiccio della produttività potrà permettere ai cinesi di mantenere un tasso di crescita come gli Stati Uniti, l’Unione Europea o il Giappone. Ma il Fondo monetario internazionale stima che la produttività totale del più grande paese asiatico sia stata “solo” dello 0,7% annuo dal 2010 fino alla pandemia. Insomma il futuro dell’economia cinese dipenderà, come in tutti i Paesi, dall’andamento demografico. Tra l’altro, scrive Kirkegaard, le aziende cinesi sono colonizzate da cellule del partito comunista che “spesso sono più potenti del management aziendale”, quindi sarà difficile accrescere la produttività.

Le donne sono più istruite

“D’altra parte, non c’è assolutamente alcun dubbio”, spiega l’esperto, “che la recente spinta di Xi a “promuovere un nuovo tipo di cultura del matrimonio e della maternità e il suo potenziale di minare decenni di rapidi progressi nel livello di istruzione e nella partecipazione al mercato del lavoro delle donne cinesi, avrà effetti potenzialmente disastrosi sulla crescita della produttività cinese.” E questo accadrebbe per un semplice motivo di quantità: “la forza lavoro totale della Cina rimane relativamente meno qualificata rispetto a quella di molte economie avanzate. Nel 2020, solo il 19% delle persone di età compresa tra 25 e 64 anni in Cina aveva acquisito un livello di istruzione terziaria, rispetto al 50% negli Stati Uniti e al 56% in Giappone. Ancora più importante per il futuro, tuttavia, è che dal 2016 la maggioranza degli studenti cinesi nell’istruzione superiore sono donne, cifra che salirà al 55% tra tutti gli studenti dei master entro il 2020.

Carriere e fertilità

In sostanza la questione è demografica e politica e non economica: in termini di istruzione, le donne in Cina hanno recentemente raggiunto più della metà della totalità di istruiti, e il tentativo di ostacolare le loro carriere e la partecipazione al mercato del lavoro a favore dei tradizionali ruoli di educazione dei figli sprecherà le molte risorse che lo stato cinese ha investito in loro e “deruberà anche la Cina di troppe delle sue future menti innovative.” “È difficile”, conclude Kirkegaard, “immaginare una politica peggiore per la produttività e il tasso di crescita potenziale a lungo termine della Cina, soprattutto perché sappiamo dal Giappone e dalla Corea del Sud che bloccare le carriere delle donne altamente qualificate non aumenterà i livelli di fertilità.”

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