Nel panorama della Pubblica Amministrazione italiana, un cambiamento significativo è in corso, evidenziato dai dati forniti dall’Osservatorio Inps sui lavoratori pubblici. Con 3,7 milioni di lavoratori pubblici che hanno svolto almeno una giornata retribuita nel 2022, il rapporto età-lavoro sta subendo una trasformazione epocale. Secondo l’Osservatorio ben 1,35 milioni di lavoratori pubblici hanno più di 55 anni, il che implica che entro i prossimi 10 anni un terzo della forza lavoro della PA sarà pronta ad accedere alla pensione.
Il rapporto annuale sottolinea che nel corso del 2022 la classe di età modale è compresa tra i 55 e i 59 anni, con 694.911 lavoratori, rappresentando l’18,8% del totale. Questo dato pone in evidenza come la pubblica amministrazione stia invecchiando, con il 77,9% dei lavoratori che ha un’età uguale o superiore ai 40 anni. Le ragioni di questa imminente ondata di pensionamenti sono molteplici. Da un lato, si registra l’effetto del cosiddetto ‘baby boom’ degli anni ‘60 e ‘70, che ha portato a un aumento del numero di assunzioni in quel periodo. Dall’altro lato, il progressivo innalzamento dell’età pensionabile ha contribuito a creare una concentrazione significativa di lavoratori pubblici nella fascia d’età avanzata.
3,7 milioni di lavoratori pubblici
Con 3.705.329 lavoratori pubblici che hanno svolto almeno una giornata retribuita nel 2022, l’Italia ha confermato la rilevanza del settore pubblico nella sua economia. La retribuzione media annua si attesta a 34.153 euro. Un dato significativo è rappresentato dalla composizione di genere della forza lavoro pubblica, con oltre il 60% composto da donne, totalizzando quasi 2,25 milioni di lavoratrici. Guardando alle diverse aree contrattuali, emerge che il gruppo contrattuale più numeroso è quello della Scuola, rappresentando il 39,7% dei dipendenti pubblici. Seguono il Servizio Sanitario con il 20%, le Amministrazioni locali (Regioni, Province, Comuni) con il 15,2%, e le Forze Armate, Corpi di polizia e Vigili del Fuoco con il 14%.
Analizzando la tipologia contrattuale, emerge che l’82,7% dei lavoratori pubblici ha un contratto a tempo indeterminato. Questi dipendenti ricevono una retribuzione media annua di 38.083 euro, con una media di 299 giornate retribuite. I lavoratori con contratto a tempo indeterminato sono stati nel complesso 639.620, il 74,6% dei quali è concentrato nella scuola, con una retribuzione media annua più bassa, pari a 12.145 euro, e 157 giornate medie retribuite.
Divario salariale
Il divario salariale di genere rimane una critica sfida nel panorama lavorativo italiano, secondo le analisi dell’Inps. I dati rivelano che gli uomini guadagnano significativamente di più rispetto alle donne, con una disparità che cresce con l’età fino a stabilizzarsi oltre i 55 anni. Dalle tabelle fornite dall’Istituto, emerge che il divario medio di retribuzione tra uomini e donne è notevole, con gli uomini che percepiscono in media 40.157 euro, mentre le donne si fermano a 30.262 euro. Un divario che non solo persiste, ma si accentua con l’avanzare dell’età, raggiungendo il massimo nella fascia 40-44 anni. Nella fascia di età critica dei 40-44 anni, il divario raggiunge il suo apice, con la retribuzione media delle donne che rappresenta solo il 69,6% di quella degli uomini. Questo significa che, in media, le donne in questa fascia d’età guadagnano poco più di due terzi di quanto percepiscono i loro colleghi maschi.
Enti pubblici soprattutto al Nord
In Italia gli enti di diritto pubblico sono al centro di un’analisi approfondita, sempre da parte dell’Inps, che rivela una distribuzione geografica variegata e un impatto economico significativo nel periodo quinquennale 2018-2022. I dati emergono da uno studio dettagliato che mette in luce la complessità della struttura pubblica e ne evidenzia le disparità. Gli enti di diritto pubblico superano di oltre quattro volte quelli di diritto privato, rappresentando il 97% del totale del monte retributivo. Questa predominanza è notevolmente influenzata dalla presenza massiccia di ‘Regione e autonomia locale’, che costituiscono circa i due terzi degli enti di diritto pubblico. Tuttavia, nonostante questa numerosità, il monte retributivo di questa categoria rappresenta solo il 12,3% del totale delle retribuzioni nel quinquennio considerato.
Le ‘Amministrazioni dello Stato’, sebbene rappresentino solo lo 0,4% del totale degli enti di diritto pubblico, assorbono oltre la metà dei monti retributivi. Questo dato sottolinea l’importanza economica di questa categoria rispetto al numero relativamente limitato di enti.
La distribuzione geografica degli enti pubblici rivela una concentrazione significativa al Nord, con il quadrante ovest che ospita circa il 37% degli enti. La disparità tra enti pubblici e privati è più evidente al Sud e nelle isole, con un rapporto di circa sette volte nella prima e diciotto volte nelle seconde.
I dati
Analizzando i dati regionali, emerge che un terzo degli enti pubblici si concentra in Lombardia e Piemonte, mentre la Valle d’Aosta, l’Umbria, la Basilicata e il Molise contribuiscono insieme solo al 4,7%. Nel Lazio, sebbene gli enti rappresentino il 6,2% del totale, la regione si distingue per una forte concentrazione dei monti retributivi e delle giornate retribuite, rispettivamente al 55,3% e al 57,5%. La dimensione degli enti pubblici varia notevolmente, con l’81% di essi che ha meno di 50 dipendenti. Tuttavia, il 5% degli enti con oltre 250 dipendenti contribuisce quasi al 92% dei monti retributivi totali, evidenziando una marcata disuguaglianza nella distribuzione delle risorse.
In termini di rapporto tra enti di diritto pubblico ed enti di diritto privato, il Lazio, la Lombardia, la Toscana e il Trentino-Alto Adige presentano il rapporto più basso (meno del 3%). Al contrario, la Sardegna (33,3%), la Calabria (24,3%) e la Basilicata (17,2%) registrano rapporti più elevati, evidenziando una diversificazione significativa nelle regioni italiane.