Un’irruzione delle forze speciali israeliane l’ha smantellato, uccidendo 50 terroristi, un quartier generale di Hamas vicino l’ospedale Shifa a Gaza City. Per Israele si trattava del “cuore delle attività di intelligence e operative dei miliziani.” Era il luogo dove erano stati ideati e preparati i piani per l’attacco del 7 ottobre. Per arrivare al covo terrorista è stata neutralizzata una vasta rete di tunnel sotterranei ad esso collegata. Il quartier generale “consisteva di parti strategiche di Hamas, incluse quelle dell’intelligence e della difesa aerea così come gli uffici di governo dell’organizzazione terroristica, compreso il ministero dell’Interno e della stazione di polizia”. Inoltre – secondo l’esercito israeliano – l’intera area contiene “le maggiori strutture di addestramento nella Striscia per la guerra urbana, avamposti militari e varie officine per la produzione di munizioni, tra cui razzi, missili anti tank droni e esplosivi.”
Enormi finanziamenti
La war-room da cui Hamas ha diretto i combattimenti fino a ieri, e il grande apparato militare terrorista, ha potuto godere di enormi finanziamenti, “due miliardi l’anno”, sui quali è intervenuto Uzi Shaya, ex alto dirigente dei servizi segreti israeliani dello Shin bet e Mossad, consigliere del governo di Tel Aviv. “Siamo stati ingenui”, ha detto in un’intervista. “Abbiamo creduto che facendo entrare i soldi a Gaza e dando lavoro ai palestinesi della Striscia, ventimila in Israele, potessimo comprare la pace. Abbiamo sbagliato a pensare da occidentali, un errore per il quale abbiamo pagato un prezzo tragico. Davanti al terrorismo non si può essere così ingenui”. “I paesi occidentali”, spiega Shaya, “separano il braccio militare di Hamas da quello civile, da istruzione, welfare, sanità, mentre i due aspetti sono collegati. L’arma più efficace contro Hamas sta nello smantellarne il sistema di finanziamento. È incredibile la montagna di soldi che finisce nelle tasche dei terroristi.”
Si muove Ibrahim
Gli apparati dei servizi continuano a cercare di riportare a casa gli ostaggi. Ieri il capo della Cia, Bill Burns, e quello del Mossad, David Barnea, sono andati a Doha, in Qatar, per i negoziati mirati a una tregua che permetta la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas. Viene dato presente in Qatar anche l’ex leader degli 007 libanesi, Abbas Ibrahim, che nei giorni scorsi ha incontrato a Beirut l’inviato speciale americano Amos Hochstein. Pur non avendo più un formale incarico istituzionale, Ibrahim è da circa 15 anni, di fatto, il capo negoziatore di numerose trattative tra Paesi mediorientali e occidentali con ottimi rapporti, tra gli altri, con gli Usa e l’Iran. Missione comunque complicatissima anche perché non solo Netanyahu, ma anche Biden ha continuato a ripetere che non esiste “nessuna possibilità” di un cessate il fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza. Contemporaneamente il leader di Hamas Ismail Haniyeh ha incontrato al Cairo il capo dell’intelligence egiziana Abbas Kamal, insieme agli alti funzionari dell’organizzazione Khaled Meshal e Khalil al-Hiya. Lo riferisce Walla. Secondo una dichiarazione di Hamas, durante l’incontro sarebbero stati discussi gli sviluppi a Gaza.
Ostaggi. Herzog smentisce tutto
Ieri sera un portavoce della Brigata Al-Quds ha fatto sapere che rilasceranno due ostaggi, una donna e un bambino, per ragioni mediche e umanitarie, ma soltanto quando verranno messe in atto “misure adeguate,” non meglio chiarite. Ma il Presidente israeliano Isaac Herzog ha dichiarato che, nonostante le notizie diffuse dai media su un imminente accordo per il rilascio di alcuni ostaggi da parte di Hamas in cambio di una pausa nella guerra, non c’è alcuna proposta seria sul tavolo. “Non c’è una vera proposta praticabile da parte di Hamas su questo tema”, ha affermato Herzog a Nbc News. “Mentre ci sono molte persone che sono terze parti che stanno inviando messaggi ottimistici ai notiziari, io dico apertamente: in base alle mie conoscenze, fino ad ora, non c’è nessuna informazione sostanziale che mostri un’offerta reale di una trattativa sul tavolo.” Ora che Israele ha preso il controllo del nord della Striscia è stato anche annunciata l’apertura di due corridoi umanitari, ma solo in quell’area.
La forza di Israele
Israele sembra conquistare sempre più terreno anche sul campo. Ieri, ha anche preso il controllo della roccaforte di Hamas nel nord della Striscia dopo 10 ore di combattimento. E’ stato conquistato “l’Avamposto 17”, nel campo di Jabalya dopo che sono stati distrutti 130 tunnel e catturati decine di miliziani. Ora, di fatto, Israele controlla tutta la Striscia nord di Gaza. I soldatihanno anche scoperto un sito di produzione e stoccaggio di armi e droni di Hamas accanto a una camera da letto per bambini. Il sito si trova nelle immediate vicinanze di scuole nel centro del quartiere di Sheikh Radwan, nel nord di Gaza. Nell’edificio sono stati trovati esplosivi e piani operativi di Hamas. Sull’altro fronte, in Cisgiordania, continuano gli scontri a Jenin, dove si contano ancora una decina di morti e numerosi feriti. Nei villaggi della zona sono stati lanciati appelli alla popolazione di confluire verso Jenin “per rompere l’assedio dell’esercito israeliano” mentre manifestazioni di protesta contro l’operazione a Jenin e contro la guerra a Gaza sono state indette a Nablus, nella Cisgiordania settentrionale. Sul fronte libanese diversi colpi di mortaio sono stati sparati verso il nord di Israele, facendo scattare le sirene a Shtula e Even Menahem. L’Idf ha risposto colpendo il luogo di lancio nel sud del Libano. L’esercito ha reso noto che i miliziani di Hezbollah hanno anche lanciato un missile anticarro e aperto il fuoco contro una postazione militare vicina a Metula.
La conferenza di Parigi
Nel frattempo, a Parigi si è aperta una conferenza internazionale per coordinare gli aiuti umanitari a Gaza. I leader di oltre 80 paesi, a cui si aggiungono i vertici di Unrwa, Ue, e Croce rossa oltre al primo ministro dell’Autorità palestinese Shteyyeh, hanno invocato una “pausa umanitaria” per definire i bisogni della popolazione. “Oggi la situazione è grave e si degrada ogni giorno di più. E’ necessaria una pausa umanitaria molto rapida e lavorare a un cessate il fuoco”, ha dichiarato il Presidente Macron, nel suo intervento di apertura, chiedendo per la prima volta un cessate il fuoco. Ai lavori ha partecipato anche il leader dell’Anp, Mahmoud Abbas, ma nessun rappresentante israeliano. “Garantire l’accesso sicuro agli aiuti umanitari è un bisogno assoluto. Bisogna lavorare per pause umanitarie per permettere l’accesso sicuro, completo e rapido degli aiuti” per i civili a Gaza. Lo ha detto intervenendo alla conferenza il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani. “La responsabilità di quello che sta accadendo è di Hamas, un’organizzazione terroristica. Non bisogna dire che Hamas rappresenta i palestinesi”, ha aggiunto Tajani, “dobbiamo agire per proteggere il diritto di Israele a difendersi ma bisogna anche proteggere i civili che vivono nella Striscia di Gaza”. L’Italia inoltre, ha confermato Tajani, è pronta a ospitare i bambini palestinesi feriti negli ospedali italiani.
Strade e valico aperti a singhiozzo
Le Nazioni Unite calcolano che su 2,3 milioni di abitanti, un milione e mezzo di persone abbia dovuto lasciare le proprie case, pari al 70% della popolazione. Servono quindi 1,2 miliardi di dollari per rispondere alle necessità più urgenti, dopo che Tel Aviv ha chiuso le forniture di acqua potabile ed energia elettrica e vietato l’accesso a generi alimentari e farmaci. Ma proprio ieri le forze di difesa di Israele hanno riaperto la strada Salah-al-Din per i civili palestinesi diretti al Sud della Striscia, tra le 10 e le 16. Nei giorni precedenti il corridoio è stato aperto a singhiozzo, così come il valico di Rafah.
Fotoreporter sapevano dell’assalto?
Polemiche pesanti hanno coinvolto fotoreporter, giornalisti e agenzie di stampa dopo che il Governo israeliano ha chiesto, pubblicamente, spiegazioni ad Associated Press, Reuters, Cnn e New York Times sugli inquietanti risultati del rapporto Honest Reporting, che parla del coinvolgimento di fotografi negli eventi del 7 ottobre. Fotografi dei network citati avrebbero documentato gli orrori dell’assalto a Israele e quindi, secondo il governo, erano a conoscenza dei piani dei terroristi e pertanto sarebbero stati coinvolti. Un coinvolgimento, si afferma, “che supera ogni linea rossa, professionale e morale”. “Quattro fotografi che lavorano per questi network hanno documentato gli orrori perpetrati dai terroristi di Hamas dopo aver sfondato la barriera di confine con Israele. Hanno filmato l’uccisione di civili, l’abuso di corpi e il rapimento di uomini e donne”, dice l’ufficio stampa del governo israeliano. Benny Gantz, leader dei centristi, ha commentato dicendo che: “se ci sono giornalisti che sapevano del massacro, e che hanno scattato foto mentre i bambini venivano massacrati, non sarebbero diversi dai terroristi e la loro punizione dovrebbe essere severa.” L’agenzia Reuters ha smentito di essere stata a conoscenza dell’attacco, mentre l’Associated Press ha annunciato di aver chiuso la collaborazione con Hassan Eslaiah, fotoreporter che ha scattato foto dell’attacco del 7 ottobre.
Montreal: spari contro due scuole ebraiche
Infine il pericolo antisemitismo. A Montreal, in Canada, dei colpi di ama da fuoco sono stati sparati contro due scuole ebraiche. Il primo ministro Justin Trudeau ha detto: “voglio essere chiaro… quest’odio non ha posto, né qui a Montreal, né in nessun posto in Quebec, né in Canada. Dobbiamo ricordare a noi stessi chi siamo. So che le emozioni sono forti. La gente è spaventata e in lutto. Ma i canadesi non si attaccano l’uno contro l’altro”. “L’odio e la violenza non saranno mai tollerate in Quebec”, ha fatto eco il premier del Quebec Francois Legault, condannando anche l’incidente alla Concordia University di Montreal dove il giorno precedente tre persone sono rimaste ferite e una è stata arrestata durante manifestazione legata alla guerra a Gaza.