A un mese dall’assalto del 7 ottobre la situazione in Medio Oriente non si sblocca. Israele e gli Stati Uniti, con tutti i paesi occidentali e l’Unione europea non transigono nel respingere la richiesta di cessate il fuoco. Israele ha diritto alla autodifesa. I paesi arabi, con in testa l’Iran, invece, chiedono un cessate il fuoco immediato e l’uscita dell’esercito israeliano da Gaza. Ci sarebbe una trattativa avanzata per liberare alcuni ostaggi in cambio di un pausa umanitaria, ma di posare le armi non se ne parla. Ieri il Segretario di Stato americano Antony Blinken, a margine del G7 dei ministri degli Esteri in Giappone, ha ripetuto ancora una volta che “coloro che chiedono un cessate il fuoco immediato hanno l’obbligo di spiegare come affrontare il risultato inaccettabile che probabilmente ne deriverebbe” perché “Hamas è rimasta sul posto, con oltre 200 ostaggi, con la capacità e l’intenzione dichiarata di ripetere il 7 ottobre ancora, ancora e ancora.” Ha detto proprio così: “again, again, again”!
A Gaza, né Hamas né Israele
John Kirby, portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, è stato ancora più esplicito accusando Hamas di “intenzioni genocide” e aggiungendo che “non dovremmo dimenticare quello che è successo un mese fa, 1.400 persone massacrate nelle loro case e durante un festival musicale.” “Sappiamo cosa non vogliamo vedere a Gaza dopo il conflitto. Non vogliamo vedere Hamas al comando. Non vogliamo vedere una rioccupazione da parte di Israele. Ma quello che vedremo, quello che vogliamo vedere, penso che lo stiamo ancora scoprendo. Dovremo avere conversazioni diplomatiche con la gente della regione per risolvere questo problema.” Alla Casa Bianca si starebbe valutando anche la soluzione dei due protettorati: Gaza riferita all’Egitto e la Cisgiordania riferita alla Giordania.
Creare la pace
Certo gli Stati Uniti non supporteranno Israele a qualsiasi condizione. Gli americani hanno risposto alle dichiarazioni di Netanyahu che vorrebbe il controllo di Gaza “senza limiti di tempo”, che questo non è concepibile: “la terra è palestinese e rimarrà tale”, tutt’al più potrebbe “esserci un periodo di transizione.” Blinken ha dichiarato esplicitamente che “l’unico modo per garantire che ciò non accada mai più è creare le condizioni per una pace e una sicurezza durature.” E poi ha illustrato gli elementi alla base di questo nuovo quadro: “nessuna espulsione forzata dei palestinesi da Gaza, né ora né dopo la guerra. Nessun utilizzo di Gaza come piattaforma per il terrorismo o altri attacchi violenti. Nessuna rioccupazione di Gaza dopo la fine del conflitto. Nessun tentativo di bloccare o assediare Gaza. Nessuna riduzione nel territorio di Gaza. Dobbiamo anche garantire che non emergano minacce terroristiche dalla Cisgiordania.” Blinken ha invece auspicato “un governo palestinese, Gaza unificata con la Cisgiordania sotto l’Autorità nazionale palestinese, un meccanismo solido per la ricostruzione di Gaza e un percorso verso una soluzione a due Stati.”
Israele è una democrazia
Intanto in Israele si riaccende anche la lotta politica. L’ex premier Ehud Olmert, come l’altro ieri aveva fatto Yair Lapid, critica Netanyahu “e i suoi alleati fanatici” che approfittano della guerra per “scacciare i palestinesi” dalla Striscia di Gaza e da tutti i territori occupati. Così facendo, spiega Olmert, si rischia “una guerra regionale.” Il premier in carica, però, ha subito precisato che le sue parole non significano che “ci sarà una nuova occupazione dell’enclave palestinese.” Gli obiettivi sono quelli di garantire la smilitarizzazione, ma senza governare direttamente i territori. Ieri Netanyahu anche ha convocato un incontro urgente con i dirigenti degli insediamenti ebraici in Cisgiordania. “Questo incontro – ha affermato, in un comunicato – rientra nella visita odierna del Gabinetto di guerra nel comando della Regione militare centrale alla luce degli avvertimenti dei responsabili alla sicurezza per la grave escalation in atto nella Giudea-Samaria.”
Iran: sanzioni per Israele
Sull’altro fronte di ripetono le accuse a Israele e le minacce agli Stati Uniti: “il regime sionista occupante non raggiungerà nessuno dei suoi obiettivi a Gaza” ha affermato il ministro della Difesa dell’Iran, Mohammad Reza Ashtiani, definendo gli attacchi di Hamas contro Israele “un’operazione di successo che ha rivelato la falsità del potere sionista.” Il sostegno da parte degli Usa e di alcuni Paesi europei per Israele nella guerra a Gaza ha complicato la situazione nella regione, ha detto Ashtiani durante un incontro con l’ambasciatore turco a Teheran, Hicabi Kirlangic. Il ministro iraniano ha anche lanciato un appello ai “governi islamici” affinché adottino misure pratiche contro Israele, come l’imposizione di sanzioni economiche e l’embargo sull’esportazione di energia e carburante.
Ostaggi e bambini uccisi
Il Qatar e l’Egitto diventano sempre più elemento strategico per i negoziatori. Sembra che si sia vicino al rilascio di altri 15 ostaggi, tra cui molti americani, per un cessate il fuoco di uno o due giorni. Una tv egiziana ha confermato il raggiungimento di un accordo. Richiesta che sembrerebbe sostenuta direttamente dal Presidente Biden e confermata anche da Hamas, che però parla di 3 giorni di cessate il fuoco. Ed è tornato a porre l’attenzione anche sulle vittime più piccole il Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres: “ogni anno, il numero più alto di uccisioni di bambini da parte di qualsiasi attore in tutti i conflitti a cui assistiamo è al massimo di centinaia”, ha spiegato Guterres, “in pochi giorni a Gaza abbiamo migliaia e migliaia di bambini uccisi, il che significa che c’è anche qualcosa di chiaramente sbagliato nel modo in cui vengono condotte le operazioni militari.”
Distrutti centinaia di tunnel
Sul cambio di battaglia da registrare uno scambio di fuoco tra Israele e gli Hezbollah libanesi lungo la linea del fronte, aperta da un mese tra il nord di Israele il sud del Libano. Le aree più colpite sono il settore centrale e occidentale della linea di confine. L’esercito israeliano rende noto di aver distrutto una postazione di lancio di missili anticarro di Hamas nella Striscia di Gaza collegata a un tunnel con un deposito di armi, uccidendo i miliziani che tentavano di fuggire sul tetto dell’edificio. I genieri dell’esercito israeliano hanno trovato e distrutto circa 130 imbocchi di tunnel dall’inizio dell’operazione dentro la Striscia. Lo ha fatto sapere il portavoce militare secondo cui in molti casi sono state trovate accanto agli imbocchi strutture con batterie d’auto che si ritiene fossero collegate al sistema di filtraggio dell’aria dei tunnel.
Si combatte vicino gli ospedali
Il bombardamento israeliano è anche vicino all’ospedale Al-Quds, dal lato occidentale, segnala la Mezzaluna rossa. “Tutte le strade per l’ospedale sono chiuse. Le équipe mediche non possono lasciare l’ospedale per raggiungere i feriti”.
Alcuni testimoni – riferisce al-Jazeera – hanno riferito che soldati israeliani si stanno spostando ulteriormente nel centro di Gaza e si trovano a soli 700 metri da un altro ospedale: al-Shifa. L’esercito israeliano sostiene che qui si trovi il centro di comando di Hamas e dice che sono determinati a eliminarlo, nonostante l’amministrazione e gli operatori dell’ospedale lo abbiano negato. Quanto riportato dai testimoni non è stato tuttavia confermato dai militari israeliani, precisa al Jazeera. Mentre il portavoce di Hamas, Gazi Hamad, parlando da Beirut, ha negato che le truppe israeliane abbiano compiuto progressi significativi e stiano avanzando in profondità nella città di Gaza. “Non dicono mai la verità alla gente”, ha detto Hamad. E sempre la tv araba informa che a soli cento metri dall’ospedale Nasser a Khan Younis, nel sud della Striscia, un attacco aereo israeliano ha colpito e distrutto una moschea. La moschea Khaled Ben al-Walid, uno dei simboli della città di Khan Younis, si trova in un campo profughi.
“Andate a Sud”
Profughi che ieri dalle 14 si sono visti aprire un corridoio umanitario lungo la via Ṣalāḥ ad-Dīn che taglia l’intera Gaza. Il portavoce dell’esercito israeliano, in lingua araba, Avichay Adraee ha sollecitato i cittadini a spostarsi verso sud. “Se tieni a te stesso e ai tuoi cari – ha sottolineato – dirigiti a sud”. L’elenco di ieri comprendeva 601 cittadini provenienti da Germania, Canada, Stati Uniti, Filippine, Romania e Ucraina. Ha protestato il Brasile che, invece, si è visto negare l’uscita di 34 concittadini.
Carabinieri mediatori
Durante la cerimonia di presentazione del calendario del Carabiniere, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha rivelato la richiesta da parte degli americani di un intervento dei militari italiani in Libano per “parlare coi palestinesi e trovare un interlocutore.” “Un ruolo fondamentale”, ha aggiunto Crosetto, “riconosciuto al nostro Paese attraverso il lavoro di persone che nessuno di voi conosce e neanche io conosco, e che in questi anni hanno lavorato servendo lo Stato. Questa è l’Arma dei carabinieri.”
Israele, contraccolpi economici
Infine, non secondario, col passare dei giorni si aggrava anche la situazione economica. Le grandi aziende israeliane hanno già messo in aspettativa decine di migliaia di persone, molti senza stipendio e ora non si trova manodopera per raccogliere frutta e verdura. Bank Leumi e Keshet (Canale 12), in collaborazione con l’Associazione Nazionale degli Studenti, hanno deciso di erogare una borsa di studi agli studenti disposti a lavorare nel campo dell’agricoltura. Questa iniziativa si è resa possibile alla luce del posticipo dell’inizio dell’anno accademico a causa della guerra. E’ crollata anche l’attività dell’aeroporto Ben Gurion: dall’inizio del conflitto, una media di 100 voli atterra ogni giorno rispetto ai consueti 500. La maggior parte delle compagnie aeree straniere ha cancellato i propri voli, tra l’altro, perché i premi assicurativi sono aumentati notevolmente. Si stima che circa 50 compagnie aeree abbiano cancellato tutti i voli di linea da e per Israele.