L’intenzione di sottoscrivere il rinnovo del Contratto Terziario Distribuzione e Servizi è stata manifestata più volte da Confesercenti, anche con importi conformi all’Ipca (l’Indice dei prezzi al consumo armonizzato per i Paesi dell’Unione europea) per il periodo 2023-2025. “Le piccole e medie imprese del settore, però, già duramente provate dal difficile contesto economico generale, attendono ancora risposte concrete su flessibilità e mercato del lavoro. Qualora non si raggiunga un giusto equilibrio su questi temi, il negoziato non supererà la fase di stallo”.
Salari più alti
Come rappresentanti delle imprese del commercio, “è certamente nel nostro interesse arrivare a un aumento dei salari dei lavoratori, incremento che riteniamo potrebbe dare una mano a far ripartire i consumi, la cui breve ripresa post-pandemica sembra già aver perso slancio.” Così Confesercenti commenta l’annuncio, da parte Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e UilTuCs, di una giornata di mobilitazione per il rinnovo del Contratto nazionale Terziario, Distribuzione e Servizi.
“Basta chiedere sforzi alle imprese”
D’altro canto, aggiunge Confesercenti, “non si possono chiedere sforzi insostenibili alle imprese: la detassazione degli aumenti retributivi, più volte chiesta al Governo, certamente agevolerebbe il processo di rinnovo da parte delle imprese”. Le organizzazioni sindacali, però, si specifica “devono accettare di discutere seriamente di flessibilità: ormai è proprio sulla flessibilità del lavoro e sulla stagionalità che si regge il modello organizzativo delle Pmi del terziario, e di quelle del commercio in particolare”. Imprese che, in questi quattro anni passati dall’ultimo rinnovo, hanno vissuto “una forte trasformazione, innescata dalla pandemia, dalla pressione dell’aumento dei costi fissi, dall’energia ai mutui, e dalla sempre più incalzante concorrenza delle grandi piattaforme internazionali di eCommerce e dei colossi della distribuzione”.
Commercio sempre più povero
Una pressione evidente dal record negativo di aperture di nuove imprese – appena 20.000 – cui ci si avvia nel 2023: meno della metà del 2013 e il 35% in meno di quelle registrate nel 2019. Dati drammatici vengono diramati in particolare dalla Confesercenti Roma e Lazio che lancia l’allarme in merito alla ‘denatalità’ delle imprese commerciali su tutto il territorio regionale. Dai costi per l’energia al caro affitti, dalla difficoltà di accesso al credito e il rallentamento dei consumi fino ad arrivare alla concorrenza della grande distribuzione e del web. Tutti fattori non stanno solo accelerando le chiusure di imprese nel commercio, ma fanno crollare anche le nascite di nuove attività.