Giornata di dichiarazioni preoccupanti, ieri, in Medio Oriente. Il ministro dell’Economia di Israele Nir Barkat ha minacciato Iran e Hezbollah: “se realizziamo che vogliono attaccare Israele, noi attaccheremo la testa del serpente. Se apriranno il fronte nord, ha chiarito il ministro, Israele “li cancellerà dalla faccia della terra.” “Ci vorranno un mese, due, tre, ma alla fine non ci sarà più Hamas” gli ha fatto eco il ministro della Difesa Yoav Gallant. Guerra di parole che si combina con la guerra guerreggiata: sono continuati i lanci di razzi da Gaza verso Tel Aviv, razzi israeliani sugli aeroporti siriani di Damasco e Aleppo e scambi di fuoco sulla linea Blu al confine con il Libano, mentre l’Iran ha avvertito gli Stati Uniti e Israele sul rischio che la situazione possa diventare “incontrollabile”. Intanto il ministro della Difesa americano, Lloyd Austin annuncia un rafforzamento della presenza Usa con lo schieramento in tutta la regione, “a causa della recente escalation”, di “un sistema di difesa antimissile ad alta quota (THAAD) e diverse batterie di missili terra-aria Patriot.” “Abbiamo il diritto di difenderci”, ha dichiarato Austin, “e non esiteremo a intraprendere azioni appropriate.” Il Presidente israeliano Netanyahu, dopo l’incontro la Presidente italiana, Giorgia Meloni, ha partecipato a un sopralluogo al confine nord: “non sappiamo” se Hezbollah attaccherà, ha spiegato Netanyahu, ma “se lo facessero, proverebbero poi nostalgia per la guerra del 2006. Sarebbe per loro un errore fatale. Noi li colpiremmo con una potenza che nemmeno si immaginano, con conseguenze distruttive per loro e per lo Stato del Libano.” A cercare di calmare gli animi è il segretario di stato americano, Blinken: “Israele non può tornare allo status quo ma non ha intenzione di governare Gaza.”
Tajani: grande tensione
L’Italia è attentissima riguardo gli sviluppo della situazione. Il ministro degli Esteri Tajani ha dichiarato che si sta cercando di fare “da ponte tra mondo arabo, mondo ebraico e mondo cristiano.” “C’è una situazione di grande tensione nel nord di Israele”, ha spiegato, “ci sono alcuni villaggi israeliani che dovranno essere evacuati e in questi villaggi ci sono anche numerose famiglie italiane. Quindi stiamo seguendo con la nostra ambasciata di Tel Aviv anche tutti gli italiani nel nord di Israele, in gran parte hanno anche passaporto israeliano”. Preoccupazione anche per gli ostaggi da liberare: ce ne sono due anche italo-israeliani. Poi c’è un gruppo di italiani a sud di Gaza: 19 persone tra cui 7-8 italiani mentre gli altri sono bambini e mogli di questi connazionali.
Ostaggi, orfani e case distrutte
La conta degli ostaggi va ancora verso l’alto: sono 212 quelli accertati da Israele che Hamas ha portato a Gaza. Lo ha detto il portavoce militare israeliano Daniel Hagari aggiungendo che su questo Hamas ”sta conducendo terrorismo psicologico” nei confronti delle famiglie. La polizia israeliana ha annunciato di aver identificato fino ad ora i corpi di 1075 israeliani nell’attacco di Hamas ai kibbutz del sud. Di questi, 769 sono civili e 307 soldati. Secondo la stessa fonte ci sono i corpi di altri 200 israeliani civili le cui identità non sono ancora state confermate. 21 bambini di 13 famiglie sono rimasti orfani. Ieri è stata fatta la conta anche del patrimonio distrutto: il ministero dell’Edilizia abitativa di Gaza ha dichiarato che almeno il 42% (164.756) di tutte le unità abitative nella Striscia sono state distrutte o danneggiate dall’inizio delle ostilità. Sono 1.400.000 le persone sfollate con 566.000 di questi rifugiati in 148 strutture di emergenza designate dall’Unrwa, l’agenzia dei profughi.
“Triangolo strategico” per il valico
Il valico di Rafah avrebbe riaperto per far passare diciassette camion in entrata nella Striscia. Poi richiuso. Ma le fonti giornalistiche sono state, poi, smentite sia da Israele che dalla Mezzaluna rossa. E’ confermato, invece, che delle autocisterne di carburante si sarebbero spostate da alcuni depositi verso gli ospedali. Sono risorse che servono per rimettere in funzione le 120 incubatrici bloccate per le quali si era spesa l’Unicef paventando il rischio per la vita dei neonati. Sulle modalità di gestione del valico si è aperto un dialogo continuo tra i presidenti Joe Biden, al-Sisi e Netanyahu. Il portavoce dell’Esercito israeliano, Daniel Hagari, l’ha definito “triangolo strategico” che dovrebbe garantire anche la sicurezza degli attraversamenti e delle destinazioni degli aiuti umanitari. Secondo il capo della diplomazia statunitense anche ’’gli impianti di desalinizzazione devono essere riaccesi per garantire che l’acqua potabile a Gaza sia pulita” perché c’è il rischio di “diffusione di malattie nell’enclave causate dai civili che bevono acqua malsana’’. Israele ha riaperto una delle condutture dell’acqua verso Gaza la settimana scorsa, ma ha ci sono un paio di altre condutture che dovrebbero essere ripristinate.
I religiosi combattenti
I Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme esprimono la loro “forte condanna” per “gli attacchi aerei israeliani” alla chiesa di San Porfirio a Gaza e sottolineano che non lasceranno la Striscia. Dicono che “nonostante le pressanti richieste dei militari” ad evacuare resteranno al fianco dei proprio concittadini anche “perché non c’è letteralmente nessun altro posto sicuro al quale questi innocenti possano rivolgersi.” E proprio ieri Israele ha eliminato una ”cellula terroristica di Hamas e della Jihad islamica” che operava “da un ambiente sotterraneo ricavato sotto alla moschea al-Ansar di Jenin.” Cresce anche la richiesta degli ebrei ortodossi (haredim) di arruolarsi nell’esercito: negli ultimi giorni le domande sono aumentate arrivando a 2 mila. Il governo dovrà derogare alla norma che prevede per gli haredim l’esenzione dal servizio di leva.
Colloquio Papa con Biden
Circa 20 minuti è durata la telefonata che ha avuto luogo ieri pomeriggio, tra Papa Francesco e il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. La conversazione, richiesta dal Pontefice, ha avuto come argomento le situazioni di conflitto nel mondo e il bisogno di individuare percorsi di pace.
Israele si rivolge all’Aja
Israele ha annunciato che sta raccogliendo le testimonianza di Zaka, un gruppo di Pronto soccorso religioso, che ha preso parte all’evacuazione dei cadaveri degli israeliani uccisi nei kibbutz dall’attacco dello scorso 7 ottobre per usarle come prove davanti alla Corte Penale nei Tribunali dell’Aja per crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio da parte di Hamas. Infine ieri c’è stata una manifestazione a Berlino a sostegno di Israele aperta dall’intervento del Presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier che ha sottolineato l’importanza della tutela dei diritti della popolazione ebraica residente in Germania. “E’ insopportabile che la popolazione ebraica abbia paura ancora oggi in questo Paese” ha detto il capo dello Stato.